La Social Guerrilla della Cgil

Da Brunougolini
La “Social Guerrilla” promossa dai giovani della Cgil sul web, attraverso prima annunci provocatori e poi proposte serie sul tema angoscioso della precarietà può aver fatto arricciare il naso a molti anche nella Cgil.  Perché è un’iniziativa che fuoriesce dai canoni tradizionali del sindacato fatto di contrattazioni, scioperi, riunioni, convegni, volantini, cortei, manifestazioni.  Le ragazze e i ragazzi cigiellini hanno  cercato di utilizzare il linguaggio stesso di una buona parte delle nuove generazioni, usando termini anglofoni tipo, appunto, “Social Guerrilla” o “Flash Mob”. Allocuzioni  che alludono a proteste, manifestazioni, campagne. Hanno altresì scelto come canale principale le diverse sedi del web: il sito internet, la pagina su Facebooh, Twitter. Perché è da questi snodi che passa ormai gran parte della nostra gioventù.
Una gioventù sfuggente che conserva nei confronti dei sindacati  (così come del resto nei confronti della sinistra politica) una lontananza estrema. E non è facile per i sindacati accostarli, stabilire una relazione, un colloquio.  Prendete il caso dell’Email spedita a questa rubrica che racconta la storia di tre bibliotecari  da cinque anni con contratto a progetto presso la biblioteca dell’Istituto intitolato a Ferruccio Parri,  a Bologna, nel cuore di una società progressista e di sinistra. Sono stati costretti, nel luglio scorso, ad uno sciopero bianco perché mentre era in corso una trattativa atta a regolarizzarli, venivano informati di uno spostamento di un dipendente comunale nella stessa biblioteca. Un atto che non facilitava le loro speranze di stabilizzazione.
Mi scrivono: “Gli operatori culturali sono per lo più precari, pertanto non hanno ad esempio facile accesso ai mutui, non hanno malattia, ferie retribuite, insomma se non sono fisicamente al lavoro non percepiscono stipendio. Spesso poi le retribuzioni sono sulla soglia di povertà – un assegno di disoccupazione è solitamente più elevato -, e non ci sono tredicesime che possano dare respiro. C’è chi deve ipotecarsi la vita per sposarsi e/o avere almeno un figlio”.
Sono situazioni che creano sfiducia. Ecco perché nei commenti al sito dei “giovani non più disposti a tutto” leggiamo poche speranze. Come Manuela che invoca una manifestazione nazionale ma “senza rappresentanze politiche”. Mentre Sara dubbiosa scrive “Adesso vediamo dove volete andare a parare. Un guerrilla e un viral hanno efficacia solo se si trasformano in qualcosa di vivo e concreto. Altrimenti restano solo fuffa”. Mentre Lily osserva:  “Svelate il trucco. Dato che non credo sia un sito per aspiranti schiavi o prostituti… è viral marketing. Per cosa?”. La risposta è venuta con la conferenza stampa di Susanna Camusso è l’impegno di una lotta, accompagnata da proposte, per “liberare” gli invisibili,il popolo dei precari.

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