Di Giuseppe Timpone il 14 ottobre | ore 09 : 40 AM
La socializzazione delle perdite è forse oggi l’argomento più controverso e dibattuto a livello planetario e a differenza di quello che ci si immagina, stavolta riguarda in particolare le grandi economie del capitalismo, mentre questa espressione fino a pochi anni fa afferiva all’economia italiana, caratterizzata da una grande commistione tra capitali privati e aiuti pubblici.
Quando si parla di socializzazione delle perdite, si intende in senso dispregiativo la pratica per cui lo stato copre con soldi pubblici i buchi di bilancio delle grandi aziende o banche private. Ciò, ad esempio, è stato considerato un male storico dell’Italia, dove le grandi imprese private erano solite ricevere aiuti di stato, al fine di superare una congiuntura avversa, salvo chiaramente appropriarsi degli utili, nelle fasi positive.
Negli USA, per la prima volta dal Secondo Dopoguerra è con la bancarotta di Lehman Brothers, che il governo federale, suo malgrado, è costretto ad accettare l’idea di salvare le banche, per finalità sistemiche. A differenza di un’azienda, infatti, la banca con la sua attività creditizia funge da sostegno all’intera economia, finanziando gli investimenti e i bisogni ordinari di liquidità per famiglie e imprese. Un loro crac, quindi, avrebbe effetti sistemici devastanti e soprattutto a catena, dato che il crollo di un istituto innescherebbe una spirale perversa di corsa agli sportelli.
Così, nella capitalista America, nel solo 2008 sono stati stanziati ben 700 miliardi di dollari pubblici (5% del pil), per salvare le banche e altri ingenti prestiti sono seguiti.
La stessa cosa è accaduta in molti stati europei, alle prese con il collasso dei grandi istituti bancari. Una bestemmia, per quanti si dicono favorevoli al libero mercato e non solo per un fatto ideologico, quanto perchè si ritiene che questo tipo di sostegno incentivi ciò che gli economisti chiamano “azzardo morale”, ossia un atteggiamento dei beneficiari di noncuranza verso una buona pratica di gestione dell’azienda o banca, consapevoli che prima o poi si verrà aiutati, se ve ne fosse ancora bisogno.
Il dilemma intorno al coinvolgimento dei privati nel salvataggio della Grecia, su spinta soprattutto della Germania, altro non è che il tentativo di limitare tale azzardo, ammonendo chi ha sbagliato che sarà esso stesso a rimetterci, almeno in parte.