Magazine Psicologia

La società del mercoledì sera: Donne analiste. Il genere è una variabile nel controtransfert?

Da Simonetta Frongia

Intervento preordinato presentato nel corso della "Giornata sull'etica" svoltasi presso Centro Veneto di Psicoanalisi il 26 marzo 2011. Antonietta Mescalchin
  Vorrei esprimere alcune riflessioni che spero possano essere uno spunto per un confronto su alcuni problemi  tecnici e su argomenti di cui forse si discute troppo poco, col rischio di restare soli di fronte alle responsabilità che ci assumiamo nel prenderci cura della dimensione psichica delle persone che si rivolgono a noi per una richiesta di aiuto.  Soprattutto rischiamo di sentirci soli a gestire i sentimenti intensi che spesso i pazienti suscitano in noi. Da quando Paula Heimann (1950) ha affermato nel suo celebre scritto che "il controtransfert è uno strumento di ricerca nell'inconscio del paziente" e che l'analista non è "un cervello meccanico, che può produrre interpretazioni sulla base di procedure puramente intellettuali", ma dev'essere "capace di sostenere i sentimenti che si agitano in lui, invece di scaricarli come fa il paziente" (p. 74), l'interesse per l'assetto mentale dell'analista ha riempito tanta letteratura psicoanalitica e continua a essere un tema centrale e dibattuto.  L'argomento si connette alla gestione dell'etica che implica la consapevolezza della tecnica e delle teorie che regolano il rapporto analitico, una gestione che comprenda la consapevolezza di sé e del proprio mondo interno, dei propri bisogni psichici, delle possibilità e dei limiti della formazione e che permetta, in caso di difficoltà, di chiedere aiuto a colleghi fidati. L'assunzione di un ruolo professionale che ci mette a contatto con la sofferenza dei pazienti e con obiettivi da raggiungere ci impone norme di comportamento che non possiamo eludere o peggio ancora violare. La relazione analitica ha caratteristiche del tutto particolari su cui non mi dilungo e di cui siamo consapevoli. E' una relazione privata, di grande intimità in cui possono accendersi affetti molto intensi, favoriti dalla regressione che induce il setting e la ripetizione del passato nel presente. E' una relazione in cui c'è tutta la libertà di sentire e di esprimersi a parole, ma in cui viene inibito l'agito e il contatto fisico e proprio per questo richiama simbolicamente la natura della relazione edipica. A volte però possiamo trovarci a lavorare con pazienti che hanno difficoltà a mantenere la relazione a livello simbolico, a funzionare nell'ambito del "come se", soprattutto nei momenti o nei periodi in cui la regressione può essere più marcata. La situazione psicoanalitica si instaura e si mantiene attraverso la capacità di entrambi i partecipanti di creare una realtà diversa da tutte le altre. E' importante poter entrare nel regno della realtà psichica, dell'immaginario, del sogno senza peraltro perdere il contatto con la realtà materiale e la verità storica. Questa creazione illusoria comune è stata indicata da Winnicott (1979) come spazio potenziale e da Ogden (1989) come spazio analitico, ed è generalmente considerata decisiva per il pensiero simbolico. Ci sono però persone che mantengono un accentuato bisogno di contiguità fisica, di una vicinanza concreta, che passi realmente attraverso il contatto corporeo, contatto che difficilmente riescono a sostituire con una vicinanza psichica improntata esclusivamente da scambi verbali e preverbali senza un predominante coinvolgimento del corpo e di conseguenza anche della sessualità. In questi casi il contatto fisico stimola la sensorialità e risposte automatiche di natura eccitata che tendono a escludere le rappresentazioni di parola e aprono la via a una maggiore difficoltà di controllo degli agiti. Particolarmente fragili in questo senso si dimostrano i pazienti che hanno vissuto storie di abuso infantile più o meno prolungato o di atmosfere famigliari molto incestuali e che tendono a ripetere all'interno del setting l'esperienza di una mescolanza tra sessualità e accudimento. Per questi soggetti una relazione emotivamente significativa determina uno stato di eccitamento e molto spesso una spinta verso l'agito sessuale. Il bisogno di vicinanza fisica è massimo all'inizio della vita e va gradualmente diminuendo a favore di una sempre maggiore capacità di stabilire e conservare con l'altro una vicinanza psichica. Nell'adulto la vicinanza fisica è riservata a situazioni ben precise e va modulata a seconda delle circostanze e al tipo di rapporto interpersonale. Spesso il desiderio di contatto con l'altro invece di situarsi sul piano psichico e affettivo assume molta più importanza sul piano fisico con desideri di essere toccati, coccolati, abbracciati, o anche attraverso la sessualità che comunque rimane un potente mezzo di comunicazione e di interazione tra le persone. Nell'adulto può persistere una difficoltà a modulare il desiderio del contatto fisico e quindi a trovare la giusta distanza a seconda delle situazioni e del tipo di rapporto interpersonale. Se tutto questo lo inseriamo in un contesto terapeutico che tende a favorire la regressione sia del paziente che dell'analista, ancora più facilmente possiamo assistere a una intensificazione di questi desideri di contatto nel paziente e anche al fatto che questi desideri possono sollecitare reazioni controtransferali altrettanto forti nell'analista. I pazienti che sentono un forte bisogno di contatto fisico, favorito anche dalla regressione terapeutica possono provare una profonda frustrazione e un sentimento di rifiuto dal momento che questo non è consentito. Ricordo una paziente di età matura che vedevo vis a vis una volta alla settimana, assetata di affetto e di tenerezze, che vagheggiava di essere tenuta in braccio nel tentativo illusorio di trovare una madre amorosa in sostituzione della madre poco disponibile, fredda e distaccata che aveva avuto. Mi accusava di essere insensibile, di essere una specie di macchina pensante che non provava alcuna emozione dal momento che non la esprimevo con atti concreti. Si rifiutava di pensare che potessi provare un qualche sentimento positivo verso di lei. Per un lunghissimo periodo rimase convinta che se le avessi fornito il contatto desiderato lei sarebbe stata meglio e ne avrebbe tratto un grande vantaggio. Si tratta di pazienti che tendono a sollecitare nell'analista una risposta del tipo: "Io ti salverò" parafrasando il titolo del celebre film di Alfred Hitchcock. Oppure sollecitano quello che Ferro (2006) definisce il "Livello 4 di controtransfert ...dove il controtransfert non ha potuto essere sciolto e pensato, diventa «cosa», «fatto»." In questo caso non fu difficile mantenere la giusta distanza perché prevaleva l'aspetto accusatorio su quello eccitante. Percepivo, infatti, nel controtransfert che l'aggressività frequentemente e così intensamente espressa le serviva anche da ottima difesa nei confronti dei suoi stessi desideri di vicinanza fisica. Vorrei comunque richiamare l'attenzione sull'influenza della differenza di genere dell'analista e sul differente rischio di agiti sessuali e di risposte controtransferali erotiche o erotizzate che esiste tra terapeuti maschi e femmine. Nella letteratura psicoanalitica recente e passata troviamo descritto e discusso da analisti di tutti gli orientamenti un ampio spettro di sentimenti controtransferali, mentre sembra persistere una difficoltà a esprimere desideri e reazioni erotiche, specie se intense. ( Bonasia 2001) ( E' più facile parlare di sentimenti aggressivi? C'è un legame col tabù dell'incesto?). Nei resoconti di casi clinici sembrano essere più frequenti i casi di transfert erotico o erotizzato in pazienti femmine con analista maschio, mentre è più difficile trovare la situazione contraria in paziente maschio con analista femmina. Lester (1985) si chiede se questo possa dipendere dalla reticenza da parte delle analiste a rilevare e a esporre i casi di transfert erotizzato oppure se fa parte delle caratteristiche del transfert stesso vissuto dai pazienti maschi nei confronti dell'analista femmina. Propende per questa seconda ipotesi con tipi di transfert erotici lievi e relativamente brevi. Compaiono indirettamente nei sogni e solo raramente sembrano essere un motivo affettivamente dominante. La paura della potente madre pre-edipica, sentita come una minaccia della stabilità dell'identità di genere e dell'identità del sé, può inibire l'espressione di intense fantasie erotiche verso la madre edipica. L'elaborazione dei conflitti pregenitali si gioca sulle lotte tra chi domina e chi si sottomette, chi impone e chi subisce o in questioni sado-masochistiche. A questo si aggiungano anche atteggiamenti socio-culturali. Per es. l'atteggiamento passivo recettivo originato dalla regressione, nel paziente di sesso maschile è distonico rispetto al suo ruolo sessuale maschile attivo, e in concomitanza l'atteggiamento di sollecitudine materna attiva è in contrasto con la seduttività della madre edipica. Semmai possono essere più frequenti transfert erotizzati tra analista femmina e paziente dello stesso sesso visto il perdurare del primitivo attaccamento della bambina alla madre che già Freud ( 1931) sottolineava in "Sessualità femminile". In sostanza con le analiste il desiderio erotico si manifesta con maggiore frequenza come un erotismo di tipo materno più che fare riferimento a una sessualità edipica. Questo stimola un controtransfert con caratteristiche analoghe se pensiamo alle forti pressioni che inducono nel terapeuta le identificazioni proiettive. Le pazienti donne tendono a esprimere in maniera più frequente desideri fusionali mentre gli uomini tendono a resistere a questo tipo di desideri. Semmai esprimono una maggiore aggressività o manifestano un distacco emotivo come difesa alla possibile regressione. In "Osservazioni sull'amore di traslazione" Freud (1915) prende in considerazione solo il caso della paziente donna che si innamora del proprio medico che la cura e sottolinea come l'amore di transfert ha caratteristiche di realtà ed è a tutti gli effetti amore. Occorre trattarlo come tale, lasciarlo persistere come una forza propulsiva al lavoro, ma soprattutto Freud conferma la regola dell'astinenza per la quale l'analista non dovrebbe né soddisfare né respingere i desideri pulsionali della paziente, ma semplicemente interpretarli. In questo saggio implicitamente afferma una differenza tra il possibile coinvolgimento amoroso tra i sessi, dal momento che prende in esame solo il caso di un analista di sesso maschile e di una paziente di sesso femminile. In pratica una sola diade tra le quattro possibili. Fa cenno anche alla evenienza di un transfert erotizzato quando sottolinea che: "Vi è una categoria di donne con le quali questo tentativo di utilizzare per il lavoro analitico la traslazione amorosa, senza tuttavia soddisfarla, comunque non riesce. Si tratta di donne dalla passionalità elementare che non ammette surrogati: figlie della natura, che non accettano una realtà psichica in cambio di quella materiale. Non resta allora che ritirarsi senza aver ottenuto nulla..." (p.369) Quindi l'unica soluzione che ipotizza è il fallimento della cura.  Negli scritti posteriori, in particolare in "Sessualità femminile", Freud (1931) riconosce alle donne analiste una maggiore capacità di penetrare in quel territorio del primitivo attaccamento alla madre e quindi nella fase preedipica che gli "sembrò difficilissimo da afferrare analiticamente, grigio, remoto, umbratile, arduo da riportare in vita, come se fosse precipitato in una rimozione particolarmente inesorabile." (p. 64) Indirettamente sottolinea come possa prevalere con l'analista donna l'emergere di contenuti preedipici e un tipo di relazione in cui si accentua la funzione materna e la seduttività primitiva. Tra i primi seguaci di Freud i casi di trasgressione sessuale dei confini erano piuttosto frequenti, in un contesto peraltro in cui si mescolavano parentele, conoscenze, amicizie e analisi, in una mancanza di definizione dei limiti tra relazioni sociali e relazioni analitiche. Anche se bisogna tener presente che il setting, così come lo conosciamo noi e lo pratichiamo oggi, è il frutto di una lunga elaborazione per prove ed errori e di una lunga serie di aggiustamenti successivi a mano a mano che si capiva l'importanza e la natura dei sentimenti transferali e controtransferali. Comunque pure all'epoca di Freud le violazioni sessuali del setting erano perlopiù agite da analisti uomini: Jung, Ferenczi, Ernest Jones, August Aichorn, Wilhelm Steker, Otto Gross ecc. Non mancano due donne: Frieda Fromm-Reichmann che sposò un paziente di cui si era innamorata e forse Karen Horney ebbe una relazione con un suo paziente. Imbrigliare il potere delle pulsioni sembra sempre piuttosto difficile in tutte le epoche e in tutti i contesti sociali. (Gabbard 1995) Gary Schoener e collaboratori hanno indagato su 2000 casi di rapporti sessuali tra terapeuta e paziente e hanno osservato che solo il 20% era ascrivibile a terapeute donne mentre un altro 20% era costituito da persone dello stesso sesso. (citato da Gabbard (1995) p. 104) Ethel Person (1983) dichiara che non sono a sua conoscenza casi di agiti sessuali di analiste donne con pazienti maschi. Non tanto a causa di speciali virtù da parte delle donne analiste ma, secondo il suo parere, perché il tipo di fantasie sessuali predominanti nella donna mal si accordano con lo stato di relativa subordinazione del paziente e la posizione di autorità dell'analista.  E' semmai con la paziente omosessuale che può verificarsi un transfert erotico particolarmente intenso e sollecitare analoghe reazioni controtransferali che possono condurre all'agito o all'impossibilità di proseguire l'analisi. Comunque annota che in generale le terapeute donne hanno maggiori difficoltà a riconoscere e a manifestare apertamente le proprie fantasie di questo tipo. In un lavoro successivo Person (1985) si domanda se i fattori culturali da soli possono generare questi diversi coinvolgimenti erotici tra uomo e donna.  Ci sono esperienze nello sviluppo precoce che sembrano sostenere gli elementi culturali. Anzitutto per l'uomo provare forti desideri erotici verso l'analista di sesso femminile significa sentire un eccessivo bisogno, che rischia di minare il suo senso di indipendenza e di autonomia. E' quindi possibile che si incontrino tenaci resistenze a riconoscere il transfert. E' più facile che il paziente agisca e cerchi il soddisfacimento delle sue pulsioni, delle sue fantasie e dei suoi desideri fuori dalla relazione analitica. Anche la mascolinità è minacciata dalla dipendenza. C'è pure un parallelismo con l'esperienza familiare per cui l'incesto padre-figlia è più frequente e suscita minore repulsione e biasimo dell'incesto madre-figlio. Sottolinea il fatto che il desiderio erotico nella donna sembra essere una compensazione contro il timore di perdere l'amore. Per cui ricevere l'amore diventa per essa una garanzia di cui ha necessità in modo permanente, mentre sussistono fattori di sviluppo che predispongono il ragazzo a separare l'oggetto dell'accudimento dall'oggetto erotico. Come mette in risalto Freud l'abbandono dell'oggetto edipico per il maschio non avviene soltanto per il timore della ritorsione del padre ma anche per l' umiliazione narcisistica di essere inadeguato a sostituire il padre. Timore che può protrarsi anche nell'età adulta nonostante possa essere smentita da adeguate prestazioni sessuali. La prestazione sessuale è per l'uomo una problematica centrale più che la paura della perdita dell'amore. Il controllo dell'oggetto sessuale funge da dispositivo compensatorio alla sua inadeguatezza e al suo senso di inferiorità nei confronti di ambedue i genitori. Anche tutta la ricerca di esperienze sessuali con donne diverse da parte dell'adolescente maschio ha lo scopo di rassicuralo nelle sue capacità. Tende a ottenere una conferma della propria potenza e a diluire le sue ansie di prestazione. Le donne sostengono la femminilità e l'integrità del sé attraverso la creazione e il mantenimento di relazioni, gli uomini invece rinforzano la propria mascolinità e la propria separatezza attraverso l'utilizzo di modalità di azione e di potere. Queste differenze si esprimono all'interno della relazione analitica nella diade analista femmina e paziente maschio per cui spesso si verifica una resistenza per l'esperienza del transfert stesso e non solo per il transfert erotico. E' possibile che l'analista donna si senta più a suo agio nel trattare pazienti maschi come una buona madre preedipica piuttosto che riconoscersi come oggetto di desiderio edipico. Esiste nella donna analista il timore di essere percepita come seduttiva. Spesso tale timore è stimolato da fantasie da parte dei pazienti maschi che frequentemente vivono come potenzialmente pericolosa la sessualità verso la terapeuta di sesso femminile. (Guttman 1984) In aggiunta Gornick (1986) rinforza il concetto che il controtransfert delle terapiste nei confronti dei loro pazienti maschi fornisce un ulteriore motivo di riscontro dell'esperienza delle difficoltà che le donne incontrano nell'assumere posizioni di autorità sugli uomini in una cultura, generalmente diffusa, che rende problematica la coesistenza di sessualità e potere della donna.   A questo proposito ho presente il breve sogno di un paziente: "Sono con una donna in una situazione di intimità sessuale e mi accorgo che ha un pene, sono molto angosciato e mi domando come mai non me ne ero accorto prima". Al di là dei possibili molteplici significati del sogno, legati al soggetto e al momento dell'analisi, c'è una rappresentazione evidente dei timori di un maschio nei confronti della donna e in particolare di una donna che da un lato è oggetto del suo desiderio, ma da cui si trova a dipendere.  Anche Kernberg (1994) parla di controtransfert erotico più intenso in tre diverse situazioni: (1) in analisti maschi che trattano pazienti femmine con tratti fortemente masochistici; (2) in analisti di entrambi i sessi con forti caratteristiche narcisistiche non risolte e (3) infine in alcune analiste femmine con tendenze masochistiche che hanno in trattamento pazienti maschi molto seduttivi e dominanti. Sembra anche lui propendere, per ciò che riguarda la maggiore frequenza, per la prima situazione. In controtendenza Gabbard (1994b) esprime la convinzione che il transfert erotico in pazienti di sesso maschile non è un fenomeno raro, semmai la scarsità di resoconti nella letteratura può essere l'espressione del disagio che sollecitano questi sentimenti. Deliberatamente sceglie di illustrare un caso di un suo paziente che aveva sviluppato un intenso transfert erotico. (Si tratta però della diade analista e paziente maschio) Concludendo è opportuno sottolineare che tutti i sentimenti  transferali e controtransferali, compresi quelli amorosi, che passano all'interno della coppia analitica in maniera più o meno conscia costituiscono la ricchezza del rapporto terapeutico, a patto che l'analista  sia preparato a contenerli senza cedere a un qualche grado di collusione che rischierebbe di vanificare il lavoro intrapreso e danneggiare ambedue i componenti della coppia. Il danno che può derivare da una violazione dei confini del setting può essere enorme. E' necessario tener presenti le componenti distruttive che si nascondono dietro la seduttività e la passione erotica, l'immensa aggressività che si sprigiona e che tende a svalutare e a vanificare qualsiasi possibilità di aiuto terapeutico proveniente dall'analista. Può trattarsi di un attacco al pensiero dell'analista che si trova, come risposta controtransferale, a non essere più in grado di aiutare il paziente a costruire una dimensione simbolica nella quale fantasia e azione sono distinte. Qualsiasi trauma il paziente abbia subito nella sua storia personale non può essere riparato con un agito trasgressivo rispetto al proprio codice etico e ai limiti del setting. Il trauma va contenuto ed elaborato attraverso il lavoro analitico con la consapevolezza dei propri limiti personali e del tipo di cura che non ha caratteristiche di onnipotenza. Grande rilievo assumono i "fattori di garanzia" della coppia analitica (Bolognini 1994) che assieme alla consapevolezza della natura illusoria del transfert aiutano l'analista nel suo ruolo terapeutico. Per gestire gli intensi sentimenti di transfert l'analista, oltre a poter contare su una appropriata tecnica e su un buon livello di etica professionale, deve possedere un solido Super-io psicoanalitico, una vita privata che gli fornisca un sufficiente rifornimento narcisistico, una genuina passione per la teoria e il metodo psicoanalitico. Infine sarebbe auspicabile l'aver raggiunto lo stadio di "generatività psicologica",  una forma di funzione parentale caratterizzata da una sorta di naturale piacere nel dare e nel guidare le generazioni successive. L'insieme di tali caratteristiche corrisponde inevitabilmente a una fase avanzata di sviluppo e di maturazione personale.     BIBLIOGRAFIA   Bolognini, S. (1994). Transference: Erotised, Erotic, Loving, Affectionate. 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