Attraverso questa intensa e luminosa testimonianza di Roberto D’Angelo e Francesca Fedeli
http://www.ted.com/talks/roberto_d_angelo_francesca_fedeli_in_our_baby_s_illness_a_life_lesson.html
ci possiamo confrontare con il mistero della sofferenza e quindi anche della compassion, della nostra motivazione ad agire per andare incontro alla sofferenza altrui.
Desideriamo fortemente evitare noi e per i nostri cari la sofferenza, ma dobbiamo confrontarci con il fatto che la sofferenza che non possiamo evitare è a volta la strada in cui diventiamo migliori e scopriamo un senso più profondo della nostra esistenza. Una delle domande che Frankl suggeriva per scoprire maggiormente il senso di alcuni eventi nella nostra vita era: “Cosa apprendo da questa esperienza? In cosa questa esperienza mi renderà migliore?” ed in parallelo “Come attraverso questa esperienza potrò essere maggiormente utile ad altri?”.
“What you have is a gift, what you miss is an opportunity”, stimolante espressione nella testimonianza.
Siamo grati per ciò che abbiamo, ma il paradosso è che proprio ciò che a volte viene a mancare ci dà il senso più profondo delle cose e della realtà. Ci aiuta a pesare i valori, ciò che realmente vale nella vita.
E così il mistero è che attraverso una sofferenza ci ritroviamo a guardare la realtà con occhi nuovi, con una vista più profonda e più ampia, uno sguardo più autentico.
What you miss is an opportunity, forse l’opportunità di diventare migliori per affrontare la relativa sfida, l’opportunità di amare più profondamente le persone che vivono o condivido con noi la sofferenza, l’opportunità di vivere con maggiore autenticità.
Il citato campo di studi della POS, recentemente rinominato in Postive Organizations http://www.centerforpos.org/, ha riscoperto fra le altre cose l’importanza della Compassion nelle organizzazioni.
Una dei maggiori ricercatori in questo è la prof.ssa Jane Dutton. Mi ha colpito che i suoi studi partono proprio dalla sofferenza e dal tentativo incredibile (ed errato) che effettivamente viene fatto nelle organizzazioni per rimuoverne la consapevolezza dell’esistenza. La sofferenza esiste nelle organizzazioni come ogni parte della vita umana. La ricerca della eccellenza e della perfezione nel mondo del business rischia di farci ricercare un mondo dove la sofferenza non esiste o non deve esistere. Il rischio in questo modo è che quando invece interviene la nascondiamo, la evitiamo, ce ne allontaniamo, lasciando in solitudine chi la vive. E non è ingiusto solo per chi è abbandonato ma anche per chi abbandona. Perché come abbiamo detto la Compassion è occasione di miglioramento, di significato e quindi di gioia (paradosso!) per chi la esercita.
Ricordo quando lavoravo in consulenza e c’era la prassi di informare via mail l’intera organizzazione quando un collega veniva a mancare. Ricordo la strana sensazione come se queste comunicazioni ci portassero rapidamente, drammaticamente, a riprendere contatto con la realtà delle cose. Come una calamita che dalle preoccupazioni effimere e superficiali (Sarò promosso? Avrò un bonus? Che macchina aziendale avrò?) ci riportava velocemente alla vita più concreta e reale, con le gioie e sofferenze più vere.
Gli studi della prof.ssa Dutton parlano della Compassion come virtù potenzialmente vissuta dall’intera organizzazione: la compassion capability. Sul come svilupparla magari ci torneremo o lo vedrete voi stessi attraverso il sito web del Compassion Lab http://www.compassionlab.com/
Nel frattempo se vedete intorno a voi, anche in ufficio, una sofferenza… non cambiate strada… andatele incontro ed offrite una spalla. Alla fine forse ringrazierete voi chi vi ha permesso di rendervi utili e diventare migliori…
Buona Compassion,
Francesco
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