Magazine Lavoro
Sono donne e uomini che lavorano giorno e notte per poter consegnare in tempo all’editore la traduzione del best seller di moda. E poi magari aspettano giorni e giorni per ottenere un magro consenso. Sono i protagonisti di un’inchiesta voluta da Biblit (Idee e Risorse per Traduttori Letterari www.biblit.it) con un testo a cura di Marina Rullo.
Dichiara uno di loro: «Siamo un po’ stufi degli editori che amano la cultura ma non la pagano o ti parlano di etica e ti danno 9 euro a cartella». E un altro: «A conti fatti guadagno dai 17 ai 23 euro netti all’ora che mi permettono di vivere, ma non di pensare a pensione e malattie». Sono moderni precari, insomma, intenti a operare in solitudine, senza un sindacato, senza diritti elementari, nemmeno quello di contrattare le tariffe per i lavori commissionati. Per non parlare di ferie, maternità, malattie, pensioni. L’auspicio dichiarato è quello di far promuovere un’iniziativa simile a quella commissionata in Francia dal Centre National du Livre francese, su sollecitazione dell’Atlf (Association des Traducteurs Litteraires de France).
Hanno risposto al questionario italiano del Biblit 272 individui, di cui il 51,5% traduttori attivi e il 48,5 traduttori professionisti. Il 41% ha indicato una tariffa massima lorda a cartella da 2000 battute oscillante tra gli 11 e i 15 euro e una tariffa minima lorda a cartella da 2000 battute concentrata tra i 6 e i 12 euro.
Racconta un altro degli intervistati: «Una volta che ho chiesto un aggiustamento di 50 centesimi, da 12.50 a 13, (giustificato anche dalla fretta con cui mi richiedevano il lavoro: di solito mi danno un paio di mesi per 250 cartelle, a volte anche meno) la risposta è stata negativa». E un altro aggiunge: «Credo che oggi le possibilità di negoziazione sulle tariffe siano inesistenti. I committenti ci fanno capire che siamo già fortunati ad averne, di lavoro». E ancora: «Io quest’anno (2012) ho lavorato pochissimo perché ho rifiutato compensi forfettari che ritenevo offensivi».
Una delle denunce più ripetute è relativa ai ritardi nei pagamenti. Per il 51% dei traduttori il termine del pagamento è fissato in 60 giorni dalla consegna, ma i tempi di pagamento vengono rispettati solo in un caso su tre.
Commenta uno di loro: «Traduco ormai da più di sei anni. Il vero problema della traduzione, letteraria soprattutto, è che non esiste niente che obblighi editori/teatri/istituzioni o chiunque ordini un lavoro di traduzione a pagare in tempo il lavoro del traduttore, cosa che invece vincola i committenti nei paesi esteri. La mancata puntualità dei pagamenti, tanto frequente da diventare regola, rende praticamente impossibile, per un traduttore, anche soltanto pensare di poter vivere di questa professione».
Non c’è nessun collegamento poi tra i compensi devoluti e il carovita, l’inflazione, come può avvenire per le buste paga dei lavoratori a contratto o per le tariffe di altri professionisti. Spiegano: «Le tariffe non vengono aggiornate da anni (in un caso sono ferme dal 2004); in più nel 2010-2011 ho lavorato meno… Chi costa dai 15 euro in su non lavora più. Lavora tantissimo chi si fa pagare meno».
Capita spesso che molti dei volumi tradotti non riportino nemmeno il nome del traduttore, un minimo di gratificazione per chi ha contribuito in modo decisivo alle fortune dell’opera. Così come capita che quell’opera diventi un best seller e venga usato in modi diversi: cinema, teatro, tv. Ne derivano non pochi introiti per l’editore ma senza alcuna partecipazione dei traduttori.
Un andar delle cose che imporrebbe interventi. C’è chi avanza la proposta di «fare fronte comune per alzare i compensi». Qualcuno però confessa: «Al momento faccio fatica a impegnarmi in qualcosa – un sindacato della nostra categoria – che pur essendo d’importanza fondamentale per il nostro progresso continua a essere disertato dalla maggioranza dei colleghi. Alla fine, la traduttrice e il traduttore sono i primi nemici di se stessi». Sono voci da ascoltare. Per la stessa difesa delle qualità del libro, bisognoso di queste preziose professionalità. E dove il ricorso al minor costo possibile può avere effetti disastrosi.
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