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La solitudine delle grandi menti

Da Johakim @Johakim
La solitudine delle grandi menti
Sentirsi soli, cosa significa?
Forse avere paura del buio? Forse sapere di non avere un futuro, o forse aspettarsi che qualcuno ci risollevi e ci riporti verso qualcosa, una cosa qualsiasi ma che rappresenti l'amore?
Amore,
una parola bistrattata, usata spesso come stendardo, quasi si fosse noi soli dalla parte dei giusti e tutti gli altri fossero il nemico. Non siamo amati, nessuno ci vuole, reietti di una società senza principi.
E' questo l'amore?
Avere qualcuno che si occupi di noi? Che ci accompagni silenziosamente e che ad un nostro cenno ci riempia le nostre voragini?
Lontana dall'essere maestra in fatto di amore, sento la pesantezza di chi sventola il proprio vessillo luttuoso, il proprio bisogno .
Volere amore, volere comprensione, volere a tutti i costi... ed essere sordi e ciechi ad ogni piccolo approccio, tanta è la nostra superiorità, tanta è il nostro egocentrismo.
Dolore. Certo, si prova dolore e disperazione.
Come non condividere la sofferenza di qualcuno che tanto ha passato nella vita? Che tanto ha sofferto e che ancora sente lacerarsi la carne al pensiero di un futuro, di un non-futuro, di un baratro di solitudine?
E' il lamento che strazia. Il continuo lamento, come se l'intero universo dovesse ascoltare la nostra litania, il nostro guaito.
Incompresi.
Noi che abbiamo solo chiesto un briciolo di amore, di approvazione, di partecipazione.
Abbiamo chiesto. Ed è questo che per anni abbiamo fatto... solo chiesto. La mano ormai atrofizzata nel cenno di una soddisfacente carità nei nostri confronti. Immobili sotto una coltre di ghiaccio che ci attanaglia e ci rende invisibili all'altro.
Recriminare.
Un continuo recriminare la nostra povertà, il nostro destino, il nostro passato crudele, il nostro corpo esausto ed ormai insensibile a tutto.
La costante ricerca del grande pensiero, il nostro prodigarci in gesti di compassione, della parola usata come biglietto da visita, la parola che ci fa godere di noi stessi e delle nostre capacità. Tutto... in cambio di un gesto d'amore.
Chiedere.
Perchè non chiedere, quando si sa di non avere nulla, o peggio ancora quando si ha la certezza di aver perso tutto?
Perchè ci si aspetta che qualcuno sia li, pronto a stringerci in un abbraccio, quando ne abbiamo bisogno. Senza mai chiederci se, in quel preciso momento, l'altro ne abbia altrettanta necessità.
Non sarebbe meglio dare?
Dare,
una parte del nostro pensiero e del nostro cuore, nel momento in cui anche chi è di fronte a noi ne abbia il desiderio... perchè non tutti sono uguali a noi, perchè non tutti hanno lo stesso modo di intendere i gesti d'amore.
Come imporre d'essere amati a qualcuno?
Tanto più la nostra mente resterà libera da circoli viziosi nei quali la prosopopea del proprio ego regna sovrana, tanto più saremo liberi di ricevere. Così, senza chiedere.
Non per merito nè per pietà. Solo per esser stati li, nello stesso istante, nello stesso infinito istante d'amore.
Chiedere è lecito, urlare la nostra necessità è inutile.
Tutti hanno delle necessità ma in amore dare per ricevere è sbagliato. Si rende il nostro cuore a fondo perduto. Il cuore non è un oggetto da barattare.
L'amore non deve essere un bisogno. L'amore è quello che "dobbiamo" prima di tutto a noi stessi, umilmente, senza fardelli ad appesantire il nostro cammino, senza giudizio nei confronti di chi ci ha ferito perchè si deve sempre una possibilità al perdono, si ha sempre la facoltà di ricominciare e se saremo pronti a questo, avremo amore d'avanzo per chi ne ha bisogno.
Dare, silenziosamente ed abbandonarsi, senza vincoli, senza acredine verso il passato e senza nessun'altra necessità se non il vedere un sorriso sulle labbra di un'altro.
Le stesse labbra che se vorranno, ti baceranno senza che tu l'abbia mai chiesto.

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