Una suora sudamericana di 32 anni, che vive in un convento a Rieti, viene portata in ospedale d’urgenza in ambulanza, dopo la chiamata al 118 delle sue consorelle più anziane, ha dei forti dolori addominali.
La suora è incinta e dopo qualche ora partorirà un bambino di tre chili e mezzo.
La notizia, giustamente, fa scalpore e innesca un chiacchiericcio frutto anche della storia che sembra tratta da un film leggero degli anni 70.
Dietro ogni notizia c’è una storia e dietro ogni storia c’è una persona, in questo caso le persone sono almeno due, una donna e un neonato e, perché no, anche le consorelle anziane che, ci dicono le cronache, sono sconvolte.
Quando si commentano storie come questa è facile farsi prendere dalla concitazione, dalla voglia di fare per primi la battuta spiritosa o esprimere il giudizio poi, andando a fondo, provando ad interessarsi veramente alle persone e non solo alla pruderie del gossip, ci si fa un’idea un tantino più a fuoco.
Certo, la presunta frase della protagonista della vicenda, che avrebbe affermato con un certo candore che non sapeva di essere incinta, aggiunge un altro carico di ilarità ad uso e consumo dei commentatori più frizzanti.
La realtà è che ancora una volta (non sarete così ingenui da pensare che il caso sia stato il primo?) è venuto fuori un lato particolare di un uomo o donna di chiesa: la fragilità umana. Eh sì, “anche loro sono esseri umani” con le proprie debolezze, le cadute, le sbandate e le uscite fuoristrada.
Il problema però deve essere messo a fuoco bene, è comprensibile che facciano fatica a farlo coloro che non sono vicini alla Chiesa e si limitano a leggere la divertente “notizia stramba”, ma i cattolici, quelli che vivono ogni giorno a contatto con la vita delle comunità cristiane, dovrebbero fare un piccolo sforzo in più.
Non si tratta del problema del “peccato” per di più a sfondo sessuale, di una giovane donna smarrita, che magari ha preso delle decisioni affrettate e sbagliate, che magari viene da un mondo e da una cultura molto diversa dalla nostra. Non sappiamo nulla, nemmeno se ha alle spalle una storia personale problematica. Non sappiamo nulla!
Sappiamo solo che ha promesso fedeltà a Dio nella castità e questa promessa è stata disattesa.
Il problema, e penso in fondo sia anche l’aspetto che ha sconvolto le consorelle, è l’aver tradito la promessa fatta a Dio, aver tradito la propria vocazione.
Dopo di che, diventare mamme è una cosa meravigliosa, mettere al mondo un bimbo è un dono di Dio, un miracolo regalato agli uomini e alle donne, la possibilità di procreare. Una cosa bellissima che va tutelata, aiutata, accompagnata con tutto l’amore possibile.
Chi dice che queste cose capitano perché i preti e le suore non si possono sposare dice una sciocchezza, perché qui il punto non sono le pulsioni sessuali incontrollate, peraltro ben diffuse e radicate tra le persone sposate, ma la mancanza di fedeltà e la sbagliata interpretazione della vocazione personale.
Tanti auguri quindi alla neo mamma e alla sua piccola creatura, che siano insieme una mamma e un bimbo felici, ma esser suora è un’altra cosa, né migliore né peggiore, ma un’altra cosa, un’altra vocazione, da rispettare e se è il caso anche da mettere in discussione, possibilmente non così a sorpresa in sala parto.
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