La Spagna vuole tornare al fuso orario di Londra: un cambio di orari e di abitudini
Da Rottasudovest
Chi frequenta la Spagna, lo sa: le giornate sono più lunghe che in Italia. La
differenza di luce con Torino, a parità di ora, è di un'ora abbondante: ad
autunno inoltrato, quando a Torino sono le 18 ed è già buio, a Siviglia inizia
appena a imbrunire; ma alle 8 dell'ottobre torinese è già giorno da un pezzo,
a Siviglia il sole sorge da dietro la plaza de España intorno alle 8.10 e fa un po' impressione. Per noi
italiani la cosa ha indubbi vantaggi ed è una delle ragioni per cui si
invidiano i cugini: alle 20 in calle Sierpes, una delle vie commerciali di
Siviglia, è ancora giorno, è un brulicare di persone e la giornata sembra non
finire mai.
La Spagna ha lo stesso orario dell'Europa Centrale dagli anni 40, da quando il dittatore Francisco Franco decise di
mettere il suo Paese sul fuso orario di Berlino; fu una scelta fatta, per ragioni belliche, anche dal Regno Unito e dal Portogallo, che, però, finita la guerra, tornarono al loro fuso orario (e infatti tra Lisbona e Madrid c'è un'ora di differenza. La stessa che c'è tra Madrid e Berlino). In realtà il fuso orario
corretto sarebbe quello di Londra, cioè un'ora meno che a Berlino, Roma,
Stoccolma e varie altre capitali. Della necessità di tornare a un fuso orario
corretto, anche per avere orari di lavoro e di vita familiare più europei, si
parla da tempo. Adesso è intervenuto il Congreso de los Diputados, con un vero
e proprio documento in cui chiede di tornare all'ora di Greenwich. "Viviamo
un jet lag permanente. Siccome la nostra ora ufficiale non corrisponde a quella
solare, i nostri costumi sono alterati" spiega Nuria Chinchilla, direttrice del
Centro Internacional Trabajo y Familia della scuola IESE e una delle esperte che
hanno partecipato allo studio del Congreso.
Per dimostrare questo jet lag, Chinchilla spiega gli orari spagnoli:
"Secondo l'ora ufficiale, pranziamo alle 14 e ceniamo alle 21, ma secondo
l'ora solare lo facciamo come il resto degli europei, alle 13 e alle 20".
Adesso, dire che uno spagnolo pranza alle 14 è essere ottimisti: sono stata
ospite a pranzo in varie case sivigliane e si è pranzato alle 16, dopo il tg, ed è
un'abitudine piuttosto diffusa pranzare guardando il telediario della Primera,
che va in onda alle 15. Le cene alle 22 sono piuttosto diffuse, tanto che mi è
capitato di partecipare a conversazioni in cui mi si chiedeva come facevo a
cenare così presto o si discuteva della poco sana abitudine spagnola di cenare
tardi e andare a dormire con la cena praticamente ancora nello stomaco. Gli
spagnoli davvero consumano i loro pasti molto più tardi rispetto all'Europa
Centrale, sia il fuso orario che sia, così come, del resto, l'Italia del Sud mangia più tardi rispetto
all'Italia del Nord.
Il cambio di fuso orario, sostiene ancora Chinchilla, dev'essere accompagnato
anche da un cambio di abitudini e di orari. "Pranzando alle 14 e cenando
alle 21, dovremmo iniziare a lavorare alle 10 di mattina. Sarebbe logico. Ma non
lo facciamo, dato che iniziamo prima e allunghiamo troppo la mattina, per cui
bisogna fare una pausa per prendere qualcosa e arrivare fino al pranzo. Così
perdiamo tempo e dobbiamo fare più ore al pomeriggio".
Dell'adeguamento degli orari spagnoli a quelli europei si parla da anni. Il
Governo di José Luis Rodriguez Zapatero aveva provato a studiare la questione
nell'ambito della conciliazione tra vita professionale e vita familiare. Ma non
si sono ottenuti grandi risultati. Soprattutto nella Germania, che ha demonizzato i popoli
meridionali in crisi, tacciandoli di scansafatiche e approfittatori, gli
spagnoli hanno fama di lavorare poco e di amare molto la siesta. Niente di più
falso. Se siesta esiste, soprattutto alle latitudini andaluse, è cosa dei
pensionati, non dei lavoratori. I negozi hanno orari demenziali: dalle 10 alle
14 e dalle 17 alle 21, con una pausa di 3 ore, che, evidentemente, non può essere utilizzata
dai commessi per risolvere le loro questioni personali o per approfittare della
vita familiare e che, però, spezza completamente la giornata. La giornata
lavorativa dei commercianti finisce tardissimo (è bello uscire alle 20, vedere
le vie sivigliane ancora piene di gente e pensare a via Garibaldi, che, a
Torino, è già vuota, ma per i commercianti, obiettivamente non è una gran
vita); finisce molto tardi anche negli uffici, dove intorno alle 20 c'è ancora
gente che sbriga le ultime faccende. I rapporti spagnoli dimostrano come si
lavori più ore che nella stessa Germania, anche se la produttività è poi alla
fine più bassa, per molteplici ragioni (compresi i salari molto più bassi).
Il cambio di fuso orario può cambiare queste abitudini, così radicate nella
cittadinanza? Ovviamente no. Per questo il Congreso sta studiando una serie di
misure che dovrebbero accompagnare il cambio di fuso orario: incentivi fiscali
alle imprese che rispettano gli orari europei e, di passo, la conciliazione tra
lavoro e famiglia, nuovi orari scolastici, maggiore punteggio, nei concorsi pubblici, alle aziende che
promuovono gli orari flessibili e i piani di conciliazione. Certo, l'esempio
dovrebbe iniziare dal pubblico: nel 2005 il Governo Zapatero, nella lotta per
conciliare lavoro e famiglia e arrivare a orari europei (gli spagnoli li
chiamano orari europei, ma verrebbe da definirli orari razionali), impose ai
Ministeri di chiudere gli uffici alle 18. Quasi nessuno rispetta l'indicazione.
Tra le poche imprese che hanno adottato gli orari europei, c'è Iberdrola, società basca dell'energia elettrica. All'ABC, che oggi pubblica un articolo in favore del ritorno al fuso orario di Londra, fonti dell'impresa hanno fatto sapere come i risultati degli orari europei siano positivi: la produttività è aumentata di 500mila ore all'anno, l'assenteismo è sceso del 10% (del 60% negli ultimi 5 anni), sono aumentati i risparmi sulle bollette di acqua, luce e mense; l'indice di soddisfazione dei dipendenti sfiora l'87% e Iberdrola è considerata una delle migliori quattro società spagnole in cui lavorare. Il quotidiano madrileno riporta anche le esperienze di altre aziende che utilizzano gli orari europei (in Iberdrola si entra alle 7.15 e si esce alle 15.30, con 39 minuti di tolleranza in entrambi i casi) e che permettono così di conciliare lavoro e famiglia.
Paradossalmente, il cambio di fuso orario, dunque il distacco da Berlino, Roma,
Stoccolma & C, dovrebbe aiutare a disegnare una Spagna più europea e più
razionale nelle sue abitudini. Un cambio radicale a cui tutti sembrano
disponibili a parole, ma che dev'essere poi tradotto in fatti e in battaglie
contro abitudini radicate nella popolazione.
In tutto questo mare di proposte e di idee, rimane fisso un fatto: si manterrebbe la differenza di un'ora tra la Spagna Peninsulare e le isole Canarie, che adesso seguono l'ora di Londra e di Lisbona. L'arcipelago si trova in realtà su un fuso orario più occidentale. Non perderemo il famoso una hora
menos en Canarias, che accompagna, in tutte le radio, ogni volta che viene
annunciata l'ora esatta.
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