
In una stanza ci sono un torturatore e tre torturati.
Il torturatore è avvolto da una coltre di buio, i torturati non possono distinguerne i lineamenti.
Il torturatore è veloce e potente.
I torturati, benché liberi da catene, sono invece immobili.
La tortura è costante, talvolta più dolorosa, talvolta meno invadente, ma costante.
Due dei tre torturati discutono animatamente sulle ragioni e la natura del supplizio.
Il terzo subisce senza fiatare, come se non provasse dolore.
I due non riescono a trovare un accordo: il primo sostiene che il torturatore va combattuto ed espulso dalla stanza, il secondo sostiene che si debbano stabilire regole di convivenza tali da impedire al torturatore di eccedere nel sadismo. Entrambi compatiscono il terzo che non fiata.
Frattanto il torturatore si accanisce sui tre con sempre maggiore veemenza tanto che ad ogni nuovo atto sadico, quelli precedenti paiono fanciullaggini.
I torturati discutono ancora, a tratti con foga, fino ad azzuffarsi tra loro.
Nessuno dei tre pare accorgersi della porta.
