Resti di una supernova. Crediti: NASA / ESA / JHU / R.Sankrit & W.Blair.
Non appena confermata la scoperta, all’inizio del 2014, gli Indiana Jones dell’astronomia – gli scienziati che lavorano sulla cosiddetta archeologia galattica – hanno immediatamente manifestato il loro entusiasmo: una stella, la più anemica dell’Universo conosciuto, con l’impronunciabile nome di SMSS J031300.36-670839.3 (SMSS J0313-6708 per gli amici) e la più bassa quantità di ferro mai rilevata.
C’è da capirli: le stelle povere di ferro forniscono indizi importanti sui primi momenti di vita dell’Universo durante il quale si è formata la prima generazione di stelle e galassie.
Ora un team di ricerca guidato da Miho N. Ishigaki del Kavli IPMU, Università di Tokio, fa un passo in più e in un articolo spiega come la formazione di questa affascinante stella, un po’ troppo anemica per passare inosservata, possa essere ricollegata alle grandi esplosioni di supernova avvenute durante le prime fasi dell’Universo. Secondo lo studio presentato dai giapponesi ci sono evidenze che le stelle massicce presenti in questo universo primordiale fossero già in grado di produrre quegli elementi pesanti di cui anche noi (proprio per via di quegli elementi chimici fondamentali alla vita, come il ferro che colora il sangue che ci scorre nelle vene) oggi siamo il risultato.
Nessuna stella “mostruosa” alle origini del cosmo, ma le stesse stelle massicce che anche oggi possiamo avvistare nel cielo.
Al principio l’Universo era popolato solo da elementi leggeri come idrogeno ed elio. Le prime stelle formate erano molto più massive del nostro Sole e hanno avuto vita breve ma piuttosto animata e la loro esplosione ha arricchito l’Universo di elementi pesanti fondamentali alla vita, dal carbonio al calcio, al ferro, passando per azoto, ossigeno, ecc. Una stella poverissima di ferro dev’essere dunque ben più vecchia del Sole. Bisogna andare indietro fino al tempo in cui l’Universo conteneva poche tracce di elementi pesanti.
SMSS J0313-6708 è in assoluto la stella più povera di ferro che sia mai stata trovata. Contiene un decimilionesimo della percentuale di ferro presente nel Sole, cento volte meno delle stelle anemiche precedentemente individuate. Tuttavia la stella non è povera di tutto, contiene carbonio, che non è certo un elemento primordiale. Come ha potuto formarsi?
«Potremmo trovarci di fronte a un reperto fossile antichissimo», spiega Ken’ichi Nomoto del Kavli IPMU. «Le esplosioni di supernova hanno contribuito a formare generazioni di stelle e galassie. Le masse di quelle prime stelle non sono mai state misurabili perché la maggior parte di loro si è estinta molto tempo fa. Siamo di fronte a qualcosa di unico».
Resta da capire com’è che stelle di questa taglia facciano registrare una così grande disparità sulle quantità di altri elementi, come il carbonio, rispetto a ferro e calcio. Un precedente studio condotto da Nozomu Tominaga, anche lui del Kavli IPMU, suggerisce che questa peculiarità sia comunque coerente con un modello di supernova in cui gli elementi sintetizzati subiscano un processo di ricaduta. Vale anche per il caso estremo di SMSS J0313-6708?
«Un’abbondanza di materiali analoga a quella riscontrata in SMSS J0313-6708 – dice Patrizia Caraveo direttrice dell’INAF-IASF di Milano – può effettivamente verificarsi quando si genera una supernova in cui la maggior parte della materia espulsa ricade nel residuo centrale. Ferro e calcio che abitano le profondità delle stelle massicce vengono espulsi insieme al getto, ma una buona parte ricade lungo il piano equatoriale della stella. Sorte diversa per il carbonio che, occupando le regioni più esterne, viene espulso del tutto, o quasi, senza ricadute. Una supernova di questo tipo sarebbe diversa da quelle che osserviamo nell’Universo attuale e non avrebbe prodotto le righe del ferro riportate nello studio recentemente apparso su Nature e del quale ho recentemente scritto su Media INAF».
Un modello che spiegherebbe con successo la scarsa abbondanza di calcio, l’assenza di ferro, la grande quantità di carbonio osservata sulla stella più anemica del cielo.
Fonte: Media INAF | Scritto da Davide Coero Borga