La stirpe dei Maroniti/2

Creato il 29 giugno 2015 da Tafanus

Pubblichiamo la seconda parte dell'inchiesta de l'Espresso sul "maronismo"

LA GRANDE NEMESI SUDISTA - Bobo, il capo dei barbari sognanti contro la «meridionalizzazione della Lega» ha compiuto la sua nemesi: ora c'è uno stuolo di sudisti al suo fianco. Non solo la campana Votino: al centro dei giochi spicca l'avvocato di origini calabresi Domenico Aiello, nel duplice ruolo di difensore di Maroni per il pasticcio delle nomine delle fedelissime e di membro del cda di Expo. Dove l'ha imposto proprio il governatore, passando come una ruspa sopra a ogni questione di opportunità: Expo infatti è formalmente la vittima delle presunte pressioni esercitate dal numero uno del Pirellone. La stessa disinvoltura con cui ha insediato Gibelli, anche lui indagato nell'affaire delle due favorite, alla presidenza delle Ferrovie Nord, rimpiazzando Norberto Achille, travolto da uno scandalo di rimborsi folli.

Piccoli intrecci: Achille aveva assegnato una consulenza proprio a Aiello. L'esordio del legale calabrese avviene con l'indagine Mythos. Siamo nel 2010 e Bobo si trova sotto accusa per una consulenza "a voce" da 60 mila euro. La Votino presenta Aiello a Bobo. E dopo l'archiviazione, per l'avvocato è un crescendo di incarichi regionali: parte civile nel processo per Maugeri, poi la difesa della Pedemontana Lombarda. Non è l'unico professionista della casa a fare strada. Carmine Pallino, commercialista e amico di Bobo, venne chiamato nel 2012 per tagliare le spese di gestione del Carroccio, ramazzando via i dipendenti della storica sede di via Bellerio. Prima è stato consulente per il dicastero del Welfare, Inail e Croce Rossa con l'imprimatur dell'allora ministro. Poi una raffica di nomine regionali: revisore dell'agenzia per il marketing territoriale Promos e nel consiglio di vigilanza di Aler, l'azienda per l'edilizia popolare con un buco da 80 milioni. Infine la holding delle infrastrutture Asam e un mese fa sindaco della Fiera di Milano.
Con il Sacro Monte nel cuore - Nel dossier-vendetta dell'ex tesoriere Francesco Belsito, Bobo veniva accusato di favorire i suoi amici, «piazzati dal moralizzatore della nuova Lega in Asl e ministeri senza averne alcun titolo». E in effetti le promozioni non sono mancate. L'ultimo arrivato è Giuseppe Bonomi: segretario generale di Palazzo Lombardia, con poteri assoluti sulla macchina regionale. Bonomi da Varese è arrivato prima in Parlamento e poi ha scalato consigli e cariche da Sea, la società di gestione degli aeroporti di Milano, ad Alitalia.
Della stessa città  natia anche il presidente della Commissione Sanità Fabio Rizzi e l'assessore alla famiglia Maria Cristina Cantù, amica personale di Bobo.
E poi Rosella Petrali, braccio destro della Cantù e membro del consiglio di gestione di Infrastrutture Lombarde. L'unico milanese è il Richelieu del presidente, l'onnipresente Massimo Garavaglia, assessore all'economia ed ex senatore leghista: di fatto, il dominus del miliardario bilancio regionale. Il localismo al potere è rappresentato ancora da Carlo Passera ex dirigente del comune di Varese approdato nel cda dell'agenzia regionale per l'ambiente. In Finlombarda, la finanziaria del Pirellone, c'è il commercialista Ignazio Parrinello, studio nel centro del capoluogo prealpino. Nella società regionale di e-government Lombardia Informatica la poltrona più alta è toccata a Davide Rovera, ex direttore di una società di antifurti.
Il cerchio magico è anche una band: Giovanni Daverio in arte Johnny e Giuseppe Rossi detto Gegè. Sono due dei tredici musicisti del «Distretto 51», dove Bobo suona l'organo dagli anni Ottanta. Daverio è stato direttore generale della Asl locale e da due anni è a capo dell'assessorato alla famiglia. Rossi è invece alla testa del polo ospedaliero di Lodi, dopo aver guidato Lecco. Un altro della band è Ivan Caico, sax tenore e baritono, primario di cardiologia a Gallarate. Infine la vocalist Simona Paudice, coadiutore amministrativo all'ospedale di Treviglio. Ma tutte le strade portano a Varese. Maroni ha detto di volerne altri duecento chilometri. E per vigilare sulle opere, ecco indicato alla presidenza di Infrastrutture Lombarde Paolo Besozzi, ingegnere varesotto. Leghista da sempre e storico amico del governatore, adesso è diventato la pedina fondamentale dello scacchiere federale, perché controlla un portafoglio di oltre 10 miliardi, dagli ospedali alle autostrade.
L'inesorabile avanzata delle poltrone maronite ha un costo politico. Perché sta allargando il solco con il partito, e soprattutto con il milanese Matteo Salvini. Tra i due leader non corre buon sangue e ogni contatto rischia di sfumare in scontro. Soprattutto nelle spartizioni. Qualche esempio? A settembre il segretario segnala una lista di docenti universitari da inserire nel pool che dovrà gestire Expo. Senza risultato. Non va meglio con le ricche consulenze degli assessorati: gli uomini in quota Salvini sono appena due.
E l'ultima grana scoppia al ristorante (di Telesio Malaspina)
A dicembre 2014 lo chef palermitano Filippo La Mantia si è messo in testa di rilanciare uno dei ristoranti più lussuosi di Milano, il Gold di via Poerio, sfruttando la scia di business creata dall'Expo. L'impresa era ardua. Il gigantesco ristorante (circa 500 coperti) realizzato dagli stilisti Dolce&Gabbana veniva da un tale flop che l'attività è stata ceduta per pochi soldi: per la precisione 3.604,59 euro, oltre a circa 500 mila euro di affitto annuo pagati alla proprietà, che è sempre di Domenico Dolce e Stefano Gabbana, i due fondatori della maison di moda.
Nemmeno sei mesi dopo l'arrivo di La Mantia e un mese dopo l'inizio dell'esposizione universale, la scommessa è vinta. Il locale è diventato una meta della Milano che conta,  e bisogna prenotare con largo anticipo per trovare un tavolo libero. È merito della bravura dello chef che imparò a cucinare all'Ucciardone durante sette mesi di detenzione ingiusta subita nel corso delle indagini sull'omicidio del vicequestore Ninni Cassarà e dell'agente Roberto Antiochia, una delle più feroci stragi di Cosa Nostra. È merito anche delle entrature del socio forte di La Mantia, rimasto nell'ombra durante la fase di lancio del nuovo locale. Secondo quanto può rivelare "l'Espresso", il partner di La Mantia è Gioacchino Gabbuti, manager pubblico romano con un lungo elenco di incarichi, dalla direzione dell'Ice (Istituto per il Commercio Estero), alla guida dell'Acquedotto pugliese, fino all'amministrazione dell'Atac, l'azienda dei trasporti della capitale, prima su chiamata di Walter Veltroni e poi su conferma di Gianni Alemanno. È la prima avventura imprenditoriale a Milano di Gabbuti che a Roma è indagato per consulenze dell'Atac e che figura nella lista degli italiani con conti bancari a San Marino sulla quale, oltre alla procura romana, sta lavorando anche la magistratura del Titano.
Molto più introdotta nell'ambiente milanese è la moglie di Gabbuti, Mara Carluccio. Ex dipendente dell'ufficio del personale Alitalia e sindacalista Fit-Cisl, Carluccio è una stretta collaboratrice di Roberto Maroni. Secondo la magistratura di Milano che ha appena concluso le indagini sul governatore lombardo, Maroni avrebbe fatto pressioni per procurare a Carluccio un contratto di consulenza da 29.500 euro annui con Eupolis, l'istituto superiore per la ricerca, la statistica e la formazione della Regione. Questo incarico "avente a oggetto il supporto tecnico-scientifico per l'individuazione delle condizioni di sicurezza adeguate inerenti Expo 2015" sarebbe stato tarato sulle esigenze fiscali della consulente. Carluccio ha ottenuto altri incarichi quando l'attuale governatore lombardo era ministro del Lavoro (2001-2005) e poi dell'Interno (2008-2011), anche grazie alla stima dell'allora capo della polizia, lo scomparso Antonio Manganelli, che nel 2012 l'aveva indicata come esperta nel tavolo di lavoro congiunto con il garante per l'infanzia e l'adolescenza.
L'ultimo incarico è arrivato nell'aprile 2013, pochi giorni prima che Angelino Alfano diventasse ministro dell'Interno, ed è una collaborazione tecnica a titolo gratuito presso la direzione centrale della Criminalpol (osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori). A favorire il contatto fra Dolce&Gabbana e La Mantia sarebbe stato un altro protagonista del cerchio magico del governatore, cioè Domenico Aiello, avvocato di Maroni e habitué del ristorante. Lo chef palermitano frequenta già da qualche tempo
i fedelissimi di Bobo. Le cronache mondane di qualche anno fa lo danno fra i presenti al compleanno di Isabella Votino, portavoce di Maroni ministro dell'Interno, insieme a Gabbuti e a Paolo Berlusconi. Al tempo il festeggiamento si era tenuto da "Giannino", il ristorante del generone berlusconiano. Vedremo se nel prossimo ottobre, mese di nascita di Votino, si completerà il passaggio di consegne
con il Gold.

(2 - Continua)

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