Magazine Diario personale

La stirpe del turno

Da Berenice @beneagnese

 

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A67, A68, A69. Un coro di voci accompagna lo scorrere dei numeri sul display dell’Ufficio postale di via Gitteri. Nello stanzone, colorato di giallo e blu, campeggiano tre file di anziani seduti davanti a una successione di sportelli. I seggiolini sono tutti occupati, ma gli operatori al lavoro sono solo quattro. Sarà ancora lunga l’attesa. Oggi è giorno di pagamento di pensioni. Si comincia alle otto e trenta e si va avanti per cinque ore.

Una signora con vistoso cappello di paglia e un ragazzo, maglia blu con la stampa pubblicitaria di Radio Onda Rossa, si divertono ad amplificare l’annuncio della numerazione con un marcato accento napoletano. La signora col cappello di paglia si sventaglia; qualcuno ride incitando gli impiegati.

- ’Nnamo, sbrigatevi!

Ma la reazione è opposta alla sollecitazione, perché all’improvviso gli sportelli aperti da quattro diventano tre: uno ha appena chiuso la finestrina.

- Sso ‘nnati via? Non ci stanno più …Ma che so’ matti? Che numero ci hai?

- Ci ho il 154…e stanno al 69…

- Se che robba, invece d’aprì, li chiudono?

E’ tutto uno sventagliare pseudominaccioso di numeretti, ma il Direttore (che neppure si fa vedere) non prende provvedimenti per migliorare la situazione.

Io accompagno mia zia e ascolto, seduta, osservando incuriosita questa stirpe del turno di cui anch’io faccio parte, che ormai, ovunque, stacca biglietti di prenotazione ma ugualmente attende. Linguette o scontrini di carta disciplinano il nostro aspettare: per l’acquisto di un etto di prosciutto o di una spigola d’allevamento, per l’esibizione di una ricetta medica o prima di sentire la fraganza del pane appena sfornato, nel poliambulatorio o nel chiarissimo archivio catastale dei nostri possedimenti immobiliari, in banca o sul bancone che soddisfa il desiderio di ottenere l’ennesima copia di un certificato che attesti la nostra consistenza pubblica.

Siamo una stirpe di eroi del Fato, vittime e ostaggi di un pratico destino ineluttabile come quello dell’omonimo antico re Turno rivale di Enea.

Legati a frammenti di foglio che mettono ordine, evitano litigi e apparentemente permettono di impiegare il tempo in modo più proficuo. E allora stamattina in questo ufficio, che riassume la quotidianità di una città, la sua anima più familiare, provo a scattare piccole istantanee fissando le immagini su lastre di parole. Alleggerita dal peso di tenere il conto di chi sta prima o dopo di noi grazie al biglietto staccato, annoto frasi di dialoghi, identifico ritratti compresi negli stereotipi che caratterizzano il nostro tempo e il nostro avvicendamento.

- Noi la pensione la prendiamo sempre il 16 e domani dobbiamo partì. Ci abbiamo il foglio che partiamo co’ l’anziani.

Esordiscono le vacanze, anche quelle organizzate dai servizi sociali. Soprattutto per chi è solo.

Gambe nuove arrivano ai seggiolini fissati alla spranga d’acciaio, giungono lentamente come lento è lo scorrere dei numeri. E’ luglio, si suda, nonostante l’aria condizionata. Una ragazzina di colore fa da interprete alla mamma che non parla l’italiano. Va e viene, dallo sportello alla seduta, e blocca il lavoro dell’impiegato cortese, ma si sa che la lingua è il primo ostacolo per chi emigra in un altro Paese.

In gran parte dell’ufficio c’è un lieve e omogeneo turbinìo di abiti neri e blu punteggiati di fiorellini azzurri e beige: sono i vestiti che le case d’abbigliamento confezionano sobriamente e in serie per chi da tempo ha abbandonato la giovinezza. Fa eccezione una signora, fiera della sua età, che osa scarpe, borsa e maglia rosse, pantaloni marrone, in tinta con gli occhiali. Ha un atteggiamento sostenuto quando esclama:

- Ma quando mi tòcca?

- Tòcca al 77, tòcca a te, sbrigati non dormì! – la smonta velocemente una donna pettoruta.

Il ragazzo con la scritta Radio Onda Rossa sta in piedi e vaga da un angolo all’altro, guardando i bigliettini numerati degli altri.

- Guarda quello, è un’ora che gira, chiede che numero ci hai? Che numero porti? E poi quanno tocca a lui vedrai che nemmeno il bollettino ha riempito!

L’attesa favorisce il dialogo:

- Quell’impiegato è nuovo, è un po’ tontino …. senti che aria calda … gli altri due so’ più veloci.

Nel mentre squilla un cellulare. E’ di un giovane appoggiato alla mensola dove sono esposti i prodotti finanziari. Risponde e, dal tono di voce, sembra non avere segreti:

- Pronto, sto pagando le bollette. Trecentoquarantadue euri di bollette, c’è compreso anche internet. Per l’affitto ci sentiamo stasera, perché Denise oggi ha la Laurea

A80. - Zitta, s’avvicina … fra poco ti chiamano.

La telefonata continua:

- Ho preso lo stipendio signora, l’affitto di agosto lo pago… verso il cinque... il sei, me dia tempo. …Allora signò, ci vediamo alle sette di stasera, co’ Denise.

Dalla porta d’ingresso una dietro l’altro, entrano una carrozzina con neonato e un passeggino con una ragazzina di pochi anni. Due novità in quella confidenziale abitudine mensile, in quel raduno di consueti frequentatori. La bimba del passeggino rovescia ritmicamente sul pavimento le patatine fritte da un sacchetto. Le fa cadere una dietro l’altra con le minuscole manine. Poi butta anche la busta.

- Ha fatto un casino qua per terra, il padre se n’è accorto ma non dice niente! – commentano dalla prima fila. –Sti fiji no’ li educa più nessuno…

La creatura getta pure una macchinina. Strillacchia, forse vuole scendere, attirare l’attenzione; batte i piedi e confonde gli sportellisti, facendo rallentare ancora di più il servizio.

- Bòna, bimba, fai la bòna…

- E’ un maschio signora – reagisce il padre finalmente. Toccato nell’orgoglio di genere, si risveglia dall’indifferenza.

- Ma ci ha il ciuffetto co’ la fontanella! E i capelli lunghi!

- Boh, nun ce se capisce più gnènte.

Radio Onda Rossa a forza di girovagare ha saltato il suo turno, aveva il numero 78. Ora cerca di infilarsi senza prendere un nuovo biglietto. Mi passa davanti due volte e io rileggo la stampa della maglia : RadioOndaRossa, la tua radio dal 1977, trasmette in FM 87,9.

Il visualizzatore segna in rosso il numero A81.

- C’è l’ottanduno?

Eccoli gli accenti dei paesi intorno a Roma, di questo rione della capitale popolato soprattutto da anziani che cinquant’anni fa, appena ragazzi, emigrarono dalle regioni vicine, scappando dalle campagne per cercare fortuna e lavoro in città. Saltavano sui greppi come animali indomiti e ora si allungano quasi immobili, prigionieri di una fila ridondante.

Il biglietto ottantuno in sala non c’è e, scorrendo la numerazione, sullo schermo appare improvvisamente la scritta E12.

- Hanno cambiato servizio, non procedono più co’ le pensioni … Accidenti, adesso cominciano con le operazioni!

Raccomandate, operazioni finanziarie di deposito e prelievo interferiscono con la riscossione dei vitalizi. Arriva allo sportello numero due una ragazza innalzata pericolosamente su quindici centimetri di tacco, gambe polpacciute con un reticolo di smagliature e capillari dietro il ginocchio. Deve fare un prelievo. E quel ritmo lentissimo si inceppa ancora.

Radio Onda Rossa non ha ancora finito, ora sosta davanti allo sportello telegrammi.

Arriva l’annuncio dell’ A82, si riprende con le pensioni. Tra i presenti c’è un sussulto liberatorio.

- Hai voglia a te! - ironizza scettico qualcuno.

Sui seggiolini si siede un signore, pantaloni blu, camicia a righe bianche e rosa. Ha il 110. A110. Ventotto numeri di coda.

Ne arriva un altro, invalido, claudicante col bastone.

- Non posso camminà -si lamenta. Purtroppo si vede. Ha un apparecchio per l’udito, una bustina colma di farmaci e un’altra con prodotti di profumeria.

A84.

- Io ho cambiato la società della luce, pagavo troppo di corrente elettrica.

L’86 si tiene in piedi malamente, incede con la schiena curva, dice di avere novant’anni e va da solo. Si prepara alla chiamata.

Intanto una straniera, intenta a riempire un modulo risponde al telefono:

- J’arrive: amore dormi, sogna e sonno… (sono le 11 e 20 di mattina). - Tua voce è capricciosa – strilla - quando telefona dì che te la vedi con mamma!

Riattacca piuttosto contrariata.

Nonostante la fila immensa, dietro agli sportelli gli impiegati sono sempre e solo tre, due uomini e una donna. Penuria di personale; tempo di crisi per tutti.

- A ma’, ma che fai tutto quel sugo a casa, che nessuno se lo magna … - rimprovera una stagionata signora all’arzilla genitrice seduta davanti alla vetrata. Osservo lo sguardo deluso, di chi non risponde e non si sente più utile per nessuno.

Intanto la cameriera del bar, che è entrata da dieci minuti, aspetta col vassoio in mano di servire agli impiegati due tazzine di caffè e il cappuccino coperto col cellophane.

- Si scrive ti giungano o ti giungono? - chiede il ragazzo Onda Rossa che deve spedire un messaggio di condoglianze - è la prima volta che faccio un telegramma!

La sportellista è in imbarazzo più di lui e non risponde.

Sui seggiolini una delle signore con abitino standard nero a fiori azzurri mi si avvicina, soddisfatta di aver ritrovato il suo posto lasciato qualche momento prima. Dice di aver preso me come punto di riferimento. Sono alta e grossa, riconoscibile.

- Se no avevo paura che mi perdevo - mi sussurra con una tenerezza disarmante, e poi mi confida:

- Sa, ho fatto i pomodori arrosto e li ho lasciati nel forno acceso. Sono corsa a controllare … tutto a posto.

Ha il numero 109. A pranzo troverà i pomodori freddi al punto giusto.

A 92. Mia zia allo sportello. Abbiamo finito. A 93, è il turno di quelle del sugo. Quasi mi dispiace di uscire da questo mondo un po’ surreale, dove si attende per ore quando tutto intorno il mondo marcia a un’altra velocità.

Macché. Piccolo inghippo. Al richiamo dell’A 91 non aveva risposto nessuno, invece ora è arrivata di corsa una signora con la spesa appena fatta e il bigliettino in mano.

- Fermi tutti, tocca a me. La fila è fila!

P.S. Ieri ha telefonato mia zia. All’ufficio postale di via Pitteri la scorsa settimana, per la quinta volta in due anni, sono arrivati i rapinatori. Come le altre volte hanno svuotato la cassa del Postamat appena depositata.

La direzione ha cambiato tutti gli impiegati e ora anche le operazioni scorrono velocemente: ogni giorno sono aperti dieci sportelli e l’attesa non è superiore a trenta minuti. Funzionale.

Poi penso ai vestiti a fiorellini, ai signori in camicia. Dove trascorreranno adesso la loro giornata di pensione?


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