L’Islam non rappresenta una minaccia reale – strutturale, potenzialmente vincente, per così dire – per l’Occidente. E’ destinato a soccombere. Voglio forse dire con questo che il fenomeno del radicalismo islamico è sopravvalutato? No, al contrario. E’ proprio la profondità e la vastità del fenomeno a dirci che non si tratta di una febbre passeggera sullo sfondo grandioso della storia, ma il sintomo di una malattia mortale. Malgrado le apparenze non è l’Islam a premere sul mondo, ma è il mondo a premere sull’Islam. E malgrado le apparenze è la civiltà occidentale, figlia dell’universalismo cristiano, che sta ormai facendo suo il mondo. E’ sbagliato dire che non esiste l’Islam moderato. Ma è anche sbagliato pensare che l’Islam moderato sia la soluzione. L’Islam è un fenomeno post-cristiano, e per questo è universalista. Ma mentre l’universalismo cristiano dà al secolo quel che è del secolo, e dà a Dio quel che è di Dio; mentre distingue fra la nazione e il popolo di Dio; e fra la società e la chiesa; e fra popolo ed individuo; e cioè fra una prospettiva terrena ed una ultraterrena; l’universalismo islamico non ha mai conosciuto questa distinzione di piani e con ciò ha sacralizzato il secolo, il popolo, la terra. In una parola, ha rifiutato quella storia che adesso bussa alla sua porta.
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