Pirlo in posizione plastica sta per battere la ciofeca
-Ecco una guida completa ai calci da (in)fermo rossoneri, potrete usufruire di quanto riportato in questo scritto per farvi la vostra bella figura di merda con gli amici durante le partite, oppure potrete usarlo come monito, e metterlo direttamente tra le cose da NON FARE MAI NELLA VITA.-
Le punizioni e i calci d’angolo del Milan degli ultimi dieci anni, hanno subìto svariate trasformazioni. Spesso e volentieri però, senza sortire alcun cambiamento nell’esito finale. Nove volte su dieci, una cagata.
Tutto cominciò con l’arrivo di Andrea Pirlo prima e di Clarence Seedorf poi, padri fondatori di questa disciplina, basata sul rendere vani, inutili, deleteri qualsiasi calcio di punzione o calcio d’angolo. All’italiano venne affidato il compito di smetterla di far segnare il Milan su punzione, all’olandese quello di smetterla di battere un calcio d’angolo come si deve. Non sia mai che si finisca col segnare. Ma dei calci d’angolo ne parliamo più tardi, analizziamo prima le “punizie”.
Pirlo cominciò male la sua missione, segnando purtroppo alcune volte su punizione, anche dei gol di pregevole fattura bisogna ammetterlo. Si cominciò a parlare allora di “specialista della punizione”, si disse che lui prediligeva colpire la valvola, e un luminare di scienza come Fabio Caressa coniò anche il termine “la maledetta”, per indicare il tipo di punizione di Pirlo con quell’improvviso cambio di direzione che coglieva il portiere impreparato.
Ma per fortuna l’Andrea nazionale, si rimise subito in carreggiata e decise di adempiere alla sua missione. Niente più valvole, niente più maledette, cominciò a tirare le punzioni talmente male che venne coniato un nuovo termine “la ciofeca”.
LA CIOFECA – è il tipico calcio di punizione di Andrea Pirlo e si mette in atto in questo modo: tre o quattro giocatori, a volte anche sei o sette, parlottano tra loro attorno alla palla per cinque minuti circa, come se si stesse decidendo chi debba tirare la punizione. Tanto lo sanno tutti che alla fine tocca a Pirlo… Quindi che cazzo vi mettete li a bisbigliare?! E ci, ci, ci… E pi, pi, pi… “Ma levati dalle palle che devo tirare!” sbotta Pirlo ad un certo punto. Si dispone quindi la palla in modo che il portiere avversario la veda partire per bene, non sia mai che si rischi di coglierlo di sorpresa. Si mette un uomo del Milan in barriera che in teoria avrebbe il compito di disturbare. In teoria. La rincorsa è breve, due passetti, giusto per mettersi in posa plastica per i fotografi al momento del tiro. La palla va colpita con la punta, di interno piede, possibilmente il destro anche se si è mancini. Ma attenzione perché scriverlo non è come farlo! Difatti lo scopo di tutto ciò è centrare la barriera! Ed a questo serve il giocatore del Milan piazzato con gli avversari, ad intercettare il pallone in caso dovesse accadere che stia per scavalcarla e rischi di finire in porta!
LA GRANDE CIOFECA – questa è una variante della prima e si differenzia dalla destinazione finale. Difatti mentre per la prima il bersaglio predestinato è la barriera. Sempre, incessantemente, continuativamente, assiduamente, la barriera, per quanto riguarda la grande ciofeca la destinazione della palla è la curva sud o la curva nord a seconda di dove ci si trovi a battere. Per agevolare il compito, Andrea Pirlo ha disposto un cugino obeso alla sud e uno zio di 180 kg alla nord, entrambi indossano una maglietta giallo florescente con la scritta “colpire qui” e reggono uno striscione di due metri con una grossa freccia rossa, che li indica, anch’essa florescente. Per tirare una grande ciofeca, si parte come per la prima, un capannello di giocatori attorno al pallone si scambiano i convenevoli: “Ciao come va?” “Tutto bene grazie” “Finita la partita si va a troie?” “No stasera devo portare a cena mia moglie per l’anniversario, facciamo domani.” “Eh cazzo, domani non posso io, devo uscire coi bambini è il compleanno del più piccolo… Due coglioni guarda…” “Facciamo così dai, ti chiamo mentre festeggi e ti dico di venire a casa mia che non sto bene, in realtà è una scusa, ci troviamo in un albergo… Chiamo due belle fighe come dico io…” “Si ma non come l’altra volta che poi si è scoperto che erano due uomini, cazzo.” “Raga, raga, vengo anche io con voi dai, a me vanno bene anche quelli!” Finché non arriva Pirlo che dice: “Oh dai. La batto io va…” e la batte lui. Inaspettatamente vero? Il modo di battere la grande ciofeca è molto semplice, bisogna prendere il pallone con veemenza sempre di punta ma sotto, molto sotto. Più sotto si va e meglio è, se nel colpirlo si solleva anche un paio di etti di zolla, meglio ancora. Tutto pur di colpire il parente di turno che si sbraccia. E’ importante, a punizione battuta, gridare: “Mètaaa!” ti carica. E’ un po’ come gridare dopo il lancio del martello.
Ma quando Pirlo non è, anzi non era in campo all’epoca, a tirare le punizioni ci pensava Rui Costa. E Rui Costa che è famosissimo a Milanello e dintorni soprattutto per gli innumerevoli assist elargiti in rossonero, aveva un solo tipo di punizione.
LA “TUA!” – questo calcio di punizione è beffardo, intelligente, furbo, ma soprattutto inutile, almeno, inutile per fare gol. Per non fare gol invece, la mission principale da dieci anni a questa parte, è utilissimo! la punizione alla “tua” ha una peculiarità importantissima. Non deve essere battuta. La partenza è sempre la stessa, accerchiamento della palla da parte di una decina di giocatori, portiere compreso, chiacchierata generale: “La batti tu?” “No guarda oggi c’ho un mal di pancia che non ti dico.” “Vabbé dai allora la batti tu?” “Ma che scherzi? Ho appena messo lo smalto alle unghie dei piedi.” “Oh, Rui, tocca a te.” “Eu jà sabia…” poi finalmente si batte, o meglio NON si batte, la punizione. Praticamente tutto quello che bisogna fare è innazitutto prendere la rincorsa, fatelo a piacere, può essere lunga o breve, non importa, tanto è il risultato finale che conta. Una volta arrivati nei pressi del pallone ci si ferma, e la si da al compagno vicino gridando “Tua!” questo spiazza tutti! Anche i compagni di squadra stessi! E’ geniale! Ovviamente, ai fini del risultato finale che è quello di non segnare, il compagno deve avere la prontezza di riflessi di tirare una minna di seicento km orari contro i cartelloni pubblicitari, facendo volare per aria due fotografi. Se è un compagno abituato a tirare, se invece si tratta di Seedorf il “non gol” è matematicamente in cassaforte. Difatti dopo averlo sorpreso cedendogli la palla, Capitan Fancazzo sicuramente cercherà di stopparla alla sua vacca maniera, regalandola di sicuro ad un avversario in barriera che partirà in contropiede andando a segnare.
Adesso invece che Rui Costa non c’è e che Pirlo è più in rianimazione che in campo, le punizioni le tira Zlatan Ibrahimovic. E Zlatan nostro conosce un solo tipo di punizione, perché lui è un ragazzo semplice, a modo. Uno che non sta li a pensare “E come la prendo… E come la tocco… E la faccio a giro… E la piazzo sulla testa di quello la… E come facco a sorprendere il portiere…” No, no. Lui non sta li a, come si dice? A pensare, ecco. Lui piazza la palla e tira. Ma anche la sua, unica e sola punizione ha un nome.
LA SPACCA MERDA – Ibrahimovic da piccolo faceva un giochino divertente con gli amici. Si divertivano a lanciarsi addosso la cacca dei cani cercando di schivarla, ma Ibra, che non brillava certo per intelligenza, invece che schivarla, la stoppava di petto e la tirava addosso agli altri di collo pieno. Quando invece ne trovava una per terra, invece che raccoglierla e tirarla come gli amici, lui prendeva la rincorsa e ci dava un calcio talmente violento che la cacca si spetasciava in mille pezzi, andando ad imbrattare tutto ciò che la circondava. Lui compreso. Ecco spiegata anche l’orgine del suo caratteraccio. Di merda appunto. la punizione spacca merda si tira in questa maniera. Ovunque ci si trovi a batterla, vicino o lontano dalla porta, defilati o centrali, quello che si deve fare è prendere una rincorsa di circa 5 passi, e tirare una saccagna di una violenza inaudita cercando di colpire tutto ciò che si frappone tra la palla e la porta, che respiri o meno. Possibilmente anche i testicoli avversari. Così facendo sicuramente non si segna, ma sai le risate!
Ma le punizioni, in quest’ ultimo decennio, non solo non le sappiamo tirare, ma ci divertiamo come matti a subirle! E qui entra in gioco lui! Carlo portacialondra Ancelotti! Il capostipite di codesto schema, lui che ha inventato l’unico modo al mondo di prendere gol su palla inattiva per almeno otto anni di fila! Otto! Guinnes dei primati! E lo schema in questione, ampiamente studiato anche passando intere notti insonni, sommerso da carte, matite, righelli, squadre e porchette di Ariccia, aveva un nome che era tutto un programma.
E STI CAZZI? - lo schema “e sti cazzi?” è molto complesso, tutti i giocatori devono muoversi in sincrono, non si accettano errori altrimenti non si prende gol. E sarebbe un peccato. Tutti hanno un ruolo ben preciso, lo schema è collaudatissimo, tutti hanno provato e riprovato per mesi interi i movimenti, ed ora li sanno talmente bene che li mettono in pratica ancora adesso che Ancelotti non c’è più. Anche se Allegri bisogna dirlo, ce la sta mettendo tutta per cambiare l’andazzo. Si comincia così: innanzitutto si incarica un compagno di andare a rompere le palle all’avversario di turno che sta per battere la punzione. Solitamente questo compito spetta a Gattuso, tutto quello che deve fare è andare sul pallone e dire: “E se non chiami la distanza… E se non chiami la distanza… E se non chiami la distanza…” “Distanza!!” “Che minchia gridi? Che minchia gridi oh? Scemo! Oh scemo che minchia gridi?” a quel punto interviene l’arbitro che li divide e ammonisce Gattuso: “Che minchia ti gialleggi? Che minchia ti gialleggi oh? Oh scemodeficiente che minchia ti gialleggi?” dice andandosi a disporre in barriera. La barriera a proposito, viene disposta in modo chirurgico dal portiere, solitamente Dida, ma ora non c’è più e la diffirenza si vede. In ogni caso quando c’era lui, la barriera doveva comprendere tutti i giocatori presenti in campo, due massaggiatori, il guardalinee, tre fotografi, Ancelotti, cinque panchinari e possibilmente anche qualche spettatore. Tutto pur di non vedere più un cazzo davanti a sé. al momento del tiro la barriera deve muoversi in modo perfetto. Saltando? Direte voi… No! Sparpagliandosi per il campo! Come se invece che un pallone arrivase contro un meteorite infuocato. Via tutti! Così il portiere rimane li come un pirla e prende il gol. Solitamente Gattuso va incontro al pallone e si accascia al suolo come se scivolasse su una melanzana, Seedorf si volta e se ne va verso piazzale Lotto, gli altri fanno un po’ free style, quel che viene viene. Una volta subìto il gol, ci si rivolge al portiere con insulti di ogni genere addossando a lui tutte le colpe, poi ci si guarda tra compagni e ci si dice: “E sti cazzi?”
A proposito di Seedorf, parliamo ora dei calci d’angolo. Da noi si segna su calcio d’angolo una volta ogni quattro anni di media, come i mondiali. I calci d’angolo sono una specialità appunto di sua fancazzosità. Sono diventati ormai un segno distintivo di questo ex-ex-ex-ex-giocatore, come l’autodribbling del quale abbiamo già discusso in passato. Il classico calcio d’angolo alla Seedorf ha due varianti, e anche lui possiede un nome.
IL SEEDORF – questo tipo di calcio d’angolo ormai è diventato talmente popolare e talmente caratteristico, che ha preso il suo nome. Si batte in questa maniera: prima di tutto ci si accerta che non ci sia nessuno in zona che possa avere l’ardire di volerlo battere al posto nostro, in caso ci fosse, bisogna farlo fuori. Una volta ottenuta la certezza di poter battere l’angolo senza intoppi, si aspetta dai 10 ai 15 minuti che tutta la squadra salga, difensori centrali compresi. Quando tutti i propri compagni sono in area in attesa di questo spiovente magico che state per battere, chiamate a voi il compagno più vicino, sempre se non si tratta di quello fatto fuori prima, e passategli il pallone rasoterra. Questi poi deve essere lesto a scodellare la palla in area mentre tutti i compagni stanno già uscendo per tornare indietro, così si ha la matematica certezza che il pallone arrivi ad un avversario oppure, e sarebbe meglio, al portiere.
IL SEEDORF CON VARIANTE – ma dicevamo che “il Seedorf” ha una variante. La variante in questione si applica solo se in area non c’è nessun compagno di squadra che superi il metro e settanta di altezza, più bassi sono e più si ha la certezza che non la prendano di testa. A quel punto, fatto certo che non si possa correre questo pericolo per esempio dicendo ai centrali difensivi (solitamente alti e gran colpitori di testa) di starsene fuori dalle balle, si chiama a sé un compagno di squadra ma invece che passargli il pallone rasoterra come nel primo caso, lo si scodella in area inaspettatamente! Possibilmente cercando di servire il portiere avversario che, essendo alto dal metro e ottanta in su, non avrà problemi ad incertettare il pallone.
Se invece Seedorf dovesse essere impossibilitato a tirare un corner, non c’è nessun problema. Il “Seedorf” lo sanno battere tutti, basta che il capitano del Suriname indottrini il battitore per bene, per esempio minacciandolo di non farlo giocare mai più se non dovesse battere l’angolo come si deve.
Ok ragazzi, abbiamo finito questa preziosa disquisizione tattica sui calci da (in)fermo rossoneri. Mi raccomando, se ci tenete alla vostra carriera di calciatori non professionisti, non cagate minimamente queste indicazioni. Se invece la vostra massima aspirazione è giocare nel Milan, seguite tutto alla lettera, quando avrete 38 anni sarete pronti per la primavera rossonera e da li alla prima squadra… E’ un attimo!