I bronzi di Riace
Per il duecentesimo post, traguardo non trascurabile ho deciso di parlare dell'Italia e dell'importanza della storia dell'arte (e degli storici dell'arte) come mezzo per valorizzarne il patrimonio. Quando qualcuno decise di chiamare i nostri monumenti “beni culturali”, a metà degli anni Settanta, si avviò un percorso che trasformò le nostre bellezze in un patrimonio. Ma da allora l’attenzione verso tale ambito è decisamente calata, così come la considerazione per gli storici dell’arte.In altre parole ci siamo dimenticati del nostro patrimonio, di valorizzarlo.Vediamo qualche esempio pratico: come mai così poche persone vanno a Reggio Calabria per vedere i bronzi di Riace, ma se gli stessi vengono messi in mostra al Quirinale, attirano migliaia di visitatori? Perchè un opera è meno interessante se sta in un museo, ma se entra in un circuito mediatico diventa più popolare?Prendiamo un altro caso, quello dell'Ara Pacis. Chi se lo ricorda più che si chiama così perchè dentro a quell'area ci sta un' Ara, nascosta tra i vestiti di Valentino o i brevetti del made in Italy. Mostre tutte organizzate per valorizzare un monumento che comunque è già unico al mondo!L'arte non si misura con il profitto, ma con lo spirito, che poi diventa made in Italy. Si parte dal Rinascimento, dal Neorealismo, da Verdi o da Modugno e si arriva alla moda, al design, all'export che cresce, in un binomio tra arte e lavoro che è la nostra specificità e dovrebbe essere la nostra carta vincente per uscire dalla crisi.E cosa dire del paeaggio italiano, una benedizione caduta dal cielo ed assegnata ad un popolo fortunato che forse non se lo meritava. Un popolo che ha una penisola per territorio, per giunta a forma di stivale: un arco di montagne al nord, una catena che l'attraversa al centro e mare ovunque.
L'Ara Pacis a Roma
E cosa fa quel popolo fortunato? sparge cemento sulle coste, cotruisce a Roma una metropolitana che passa vicino alla casa dell'imperatore Augusto. Abbandona l'Aquila ed il suo magnifico centro storico (uno dei più estesi in Italia) al suo triste destino, per costruire delle new town.Se fosse una strategia sarebbe possibile combatterla, ma sembra più una totale mancanza di buon senso. Proprio gli storici dell'arte hanno scelto L’Aquila, forse il luogo simbolo dell’incertezza programmatica, per una manifestazione silenziosa – organizzata da Tommaso Montanari, docente di Storia dell’Arte moderna presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Napoli Federico II – in cui hanno espresso civilmente il loro dissenso verso politiche culturali che sembrano aver dimenticato quanto cultura e insegnamento possano servire nel recupero di una memoria condivisa.Giovan Battista Cavalcaselle
Senza scomodare Vasari o Giovanni Bellori, i padri della storiografia d'arte in Italia, basta guardare al novecento per capire la nobiltà della materia e la sua importanza: se all'indomani dell'unità d'Italia e dell'abolizione dei privilegi ecclesiastici, non ci fosse stato Giovan Battista Cavalcaselle, oggi la nazione non potrebbe contare sul patrimonio artistico più importante e prezioso del mondo. Lo studioso di Legnago nel 1861, a dorso di mulo, percorse in lungo ed in largo l'Italia, documentando tele, affreschi e sculture, sparse tra chiese pievi ed abbazie, senza trascurare i palazzi gentilizi.Fatta l'Italia, ma non gli italiani, fu per merito di Giovanni Morelli, ministro e storico dell'arte, se il concetto di tutela e conservazione venne per buona parte adottato, impedendo al nostro patrimonio di finire disperso in musei e collezioni straniere. Un percorso che portò ad un catalogo del nostro repertorio artistico, non ancora ultimato. Pietro Toesca e Lionello Venturi, contribuirono in maniera decisiva all'affermazione della storia dell'arte. Roberto Longhi determinò il rilancio e la valorizzazione di Piero della Francesca e la riscoperta critica di Michelangelo da Caravaggio, pressochè ignorato fino agli inizi del novecento.Nella storia ci sono stati tanti tipi di terremoto e tante volte agli uomini è toccato ricostruire sulle macerie e ricominciare, anche con la prospettiva di tempi lunghi. Quelli che nel passato sono serviti per lasciare ai posteri la basilica di S. Pietro, il Duomo di Firenze o quello di Milano. Credo che si debba tornare a costruire per quelli che verranno, con lo sguardo rivolto alle generazioni future. Potrebbe essere questo il senso della missione di una civiltà coraggiosa e di uomini indomabili.