Grande assente, il sindaco dell'amministrazione interessata (Cassano allo Ionio) che ricopre contestualmente il ruolo di primo cittadino e di consigliere regionale Udc. La Sibaritide è in fermento per la decisione unilaterale della società Rfi (già Ferrovie dello Stato) di chiudere la stazione di Sibari (Cosenza) presa da dicembre 2011 e solo da qualche giorno balzata agli onori della cronaca attraverso blog e social media che hanno rotto il silenzio della politica locale.
A servirsi di essa, non solo i turisti ma numerosi pendolari, studenti e insegnanti che popolano i treni regionali da settembre a giugno per recarsi nei posti di lavoro spesso fuori provincia e fuori regione.
Un servizio a disposizione dei cittadini dai tempi della costituzione dell'Unità d'Italia. Era il 18 agosto 1869. In un manifesto pubblico le Ferrovie Calabro-Sicule diedero notizia che in tale data sarebbe avvenuta l’apertura del tronco ferroviario da S. Basilio di Pisticci, Basilicata, a Trebisacce, Calabria, prima parte della linea ferroviaria Taranto-Cariati, anno in cui aprì i propri battenti proprio la stazione di Sibari che prese il nome di “Buffaloria”, perché così all’epoca si chiamava la zona dove era ubicata la stessa.
In seguito, le allora Ferrovie Calabro-Sicule, nell’intento di costituire una tratta ferroviaria storica della “Magna Grecia” decisero di affiancare alle già esistenti Taranto, Nova Siri e Crotone, anche Metaponto e Sibari ricostituendo così le ubicazioni dove sorgevano queste grandi colonie della “Magna Grecia”.
Per queste ragioni nel 1874 la stazione cambiò il nome da Buffaloria a Sibari. Ma la storia non insegna e il "taglio" previsto dal piano industriale trenitalia, che ha assicurato che "il servizio continuerà ad essere assicurato con sistemi automatizzati" andrebbe ora a sommarsi ad altre soppressioni già decisi dal gruppo FS che rischiano di creare un vero e proprio isolamento per l'intera regione con ricadute economiche e sociali negative su tutte le realtà, imprenditoriali e territoriali, interessate da uno scenario sempre più desolante.
"Tale chiusura provocherebbe enormi difficoltà per i cittadini e per alcune famiglie che ricavano il loro reddito proprio dall’occupazione all’interno della struttura, quindi ulteriore perdita economica anche per il commercio locale, già colpito gravemente dalla crisi che attanaglia in particolare l’intero mezzogiorno".
Un Sud dimenticato dalla manovra finaziaria che dai forconi al declassamento delle principali agenzie di rating internazionali sta lasciando affondare l'Italia come fosse la la Concordia.
E non mancano gli aspetti grotteschi. Le Ferrovie hanno speso infatti , negli ultimi anni, molte risorse per la realizzazione di sottopassi, parcheggi (ancora in via di ultimazione) e altre infrastrutture che avrebbero avuto un senso solo con una stazione funzionante e operativa.
Una risposta in merito alla questione è ora attesa dal governo. In agenda, un incontro delle parti sociali intervenute con Corrado Passera, ministro per lo Sviluppo Economico e delle Infrastrutture, previsto a Roma per giovedì 2 febbraio.