Per la verità c'è ancora chi indulge a vantare vittorie inesistenti e a mostrare soddisfazione anche davanti a risultati scoraggianti, come il trio del cosiddetto terzo polo composto da Fini, Casini e Rutelli, che nonostante i numeri dimostrino l'inconsistenza del loro seguito e l'incapacità dei loro partiti di influenzare le scelte di governo a livello locale, come già a livello nazionale, si affannano a rilasciare dichiarazioni di soddisfazione, con stampato in faccia un sorriso che pià di circostanza non si può.
Di sicuro, nella consultazione dell'ultimo fine settimana, ha perso la Pdl e ha perso Silvio Berlusconi, che hanno visto non solo diminuire i suffragi a favore, ma soprattutto la dimostrazione di qunto l'appeal del capo carismatico sia stato offuscato dagli scandali sessuali degli ultimi mesi, che hanno fatto molto più dei processi continui per problemi di bilanci societari, presunte tangenti o altri impicci di natura finanziaria (men che meno le ridicole accuse dei "pentiti" di mafia").
Non si può dire però che abbia nemmeno vinto il Pd, nonostante pure il segretario Bersani si presenti ovunque con una grinta e un'euforia degna di un trionfatore. Nel suo animo sa che non può essere soddisfatto di un risultato che premia candidati di altri partiti e pure sul numero di voti ricevuti, in calo, deve fare molta attenzione.
Unica consolazione per i democratici, l'elezione di Piero Fassino a sindaco di Torino, già in mano al Pd, che però è già assediato dalla sinistra estrema e dai grillini, a causa della sua accondiscendenza verso la politica della Fiat e per essere favorevole al progetto della Tav.
Perchè i veri vincitori del turno elettorale sono proprio loro: i partiti della sinistra estrema, riunitisi nel Sel, attorno al vate Nichi Vendola, e dei movimenti dell'antipolitica. Più del movimento di Grillo che delll'Idv di Di Pietro, che però ha fatto man bassa a Napoli, grazie alla candidatura di una star assoluta come l'ex Pm Luigi De Magistris.
Adesso però comincia il difficile, perchè se parlare è facile difficile è il passare ai fatti. Quali fatti poi debba fare il nuovo sindaco di Milano, Giuliano Pisapia è ancora difficile capirlo, perché nel suo programma di parole ce ne sono tante, come dice proprio nella lettera spedita a Pisapia per "chiarire" un suo intervento poco felice Nichi Vendola:
"Caro Giuliano, la nostra amicizia è nata e cresciuta anche nella comune ricerca delle parole, le parole mancanti ai tanti soggetti smarriti, le parole difficili della libertà e delle dignità, le parole in affanno della nostra umanità. Abbiamo lavorato insieme per bonificare la nostra lingua da quei codici comunicativi di derivazione militare che ci intruppano come soldati, che ci armano di sillabe innescate per colpire, per infangare, per annullare piuttosto che per esercitare discernimento ed accoglienza. Per questo ci tengo a dirti che solo l’emozione mi ha indotto ad usare il verbo espugnare per nominare la bella vittoria di Milano"A Vendola le parole non sono mai mancate, solo che sono spesso poco comprensibili (forse volutamente oscure?) e forse pure prive di un significato effettivo. Di sicuro sono poco esplicative di quanto poi viene effettivamente realizzato, cioè poco o niente, a giudicare dalle reazioni dei pugliesi governati dal leader (forse) del Sel.
Chiarirsi a un giorno del trionfo non è un bel cominciare e mostra già in nuce quante divisioni e quante anime convivono nella maggioranza che supporterà Pisapia.
Milano aspetta curiosa.
De Magistris si è affrettato a chiarire che la liberazione deve essere intesa dalla camorra, anche se maliziosamente si potrebbe insinuare che una affermazione così eclatante come la sua non potrebbe essere avvenuta senza l'appoggio della stessa organizzazione criminale, ma questo sarebbe un ragionamento da Idv, appunto.
Ma per De Magistris sono talmente tanti i problemi e i guai che deve affrontare che agli avversari basta solo aspettare che fallisca, come sono fallite tutte le sue famose inchieste giudiziarie e per i napoletani sperare... che loro se la cavino, per dirla con Marcello D'Orta.
Per il Pdl e Silvio Berlusconi invece, si apre ora una fase di riflessione alla quale deve seguire
una rapida riorganizzazione del partito su basi più democratiche e meritocratiche e sulla immediata ripresa dell'azione di governo, bloccata dall'esplodere degli scandali Noemi e Ruby.
La strada delle riforme, sempre promesse e mai realizzate da tutti i tipi di governo, è l'unica che Berlusconi può percorrere se vuole riguadagnare popolarità e carisma.
In primis una riforma istituzionale che dimezzi il numero dei parlamentari e riduca i loro emolumenti.
Un governo che, anche per cause esterne, è costretto a chiedere sacrifici non può non cominciare che a tagliare la spesa dal vertice stesso dello Stato. Noblesse Oblige e i signori parlamentari devono essere obbligati ad abbandonare almeno parte dei loro privilegi.
Questa è una sfida che berlusconi deve lanciare subito: presentare una proposta in parlamento e far vedere a tutti chi la sosterrà e chi vi si opporrà.
Soltanto partendo da questa prima riforma si potrà poi continuare con le altre, perché non si può pensare di poter riformare uno Stato partendo dalla liberalizzazione delle licenze dei tassisti.