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La strana morte di Enrico Berlinguer

Da Straker
La strana morte di Enrico BerlinguerEnrico Berlinguer (Sassari 1922, Padova 1984) è il noto uomo politico italiano. Dopo aver aderito nel 1943 al Partito comunista, diventò segretario della sezione giovanile di Sassari. Deputato dal 1968, in quello stesso anno fu eletto vicesegretario del partito, allora diretto da Longo. Nel 1972 fu scelto come segretario del P.C.I. Nel 1973 lanciò la strategia del cosiddetto “compromesso storico”, ossia un accordo tra comunisti, socialisti e cattolici. Dopo il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro (1978) fu uno dei principali artefici del governo denominato di “solidarietà nazionale” (marzo 1978 - gennaio 1979). L’esecutivo, guidato da Andreotti, sancì l’ingresso del P.C.I. nella maggioranza parlamentare. Durante la sua segreteria, la formazione politica assunse un atteggiamento sempre più critico verso le decisioni assunte dall’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche. Di fronte alla corruzione dilagante, sottolineò l’importanza della questione morale. Il 7 giugno del 1984, durante il suo ultimo comizio, Berlinguer accusò un malore. Ricoverato in ospedale, morì il giorno 11 giugno.
Alcuni studiosi hanno messo in dubbio il motivo ufficiale del decesso, un ictus, ed ipotizzato che il leader politico possa essere stato vittima di una congiura. In particolare il Professor Rocco Turi, autore di un saggio intitolato “Storia segreta del P.C.I.”, ritiene che “attraverso corretti e tempestivi passaggi metodologici, forse Berlinguer avrebbe potuto avere salva la vita anche nel caso di un malessere provocato da cause diverse da quelle ufficiali. Ci fu un complotto?
Il volume del Professor Turi spiega come la morte di Berlinguer potrebbe avere un legame con la fine di Aldo Moro: “Entrambi lavoravano per realizzare in Italia il primo compromesso storico della storia repubblicana e probabilmente i servizi segreti dei Paesi dell’Est, e non soltanto loro, non riuscivano ad accettare che questo potesse accadere”.
A volte certe verità sono nascoste in plain sight, esibite ed occultate al tempo stesso... Non è il caso qui di avventurarsi in speculazioni su chi avrebbe avuto interesse ad eliminare Berlinguer: se penseremo all’internazionale dei servizi, non saremo molto lontani da una ricostruzione probabile. D’altronde lo stesso Moro fu nel mirino di potenti e sinistri apparati paragovernativi, anche se l’omicidio e l’uccisione furono addebitati in toto alle Brigate rosse, in realtà per lo meno infiltrate da strutture di “intelligence”.
Ci sembra, però, opportuno enucleare tre aspetti, oltre a quelli evidenziati dai giornalisti investigativi: questi elementi inducono a collocare la morte di Berlinguer nel novero dei numerosi omicidi politici.
• Nel discorso elettorale tenuto a Padova, Enrico Berlinguer menzionò la P2 di Licio Gelli. Evocare la famigerata loggia denota una conoscenza degli arcana imperii. E’ anche una denuncia del pernicioso ruolo rivestito da frange occulte nell'amministrazione della cosa pubblica.
• Il segretario del P.C.I. cominciò a sentirsi male, dopo aver sorseggiato, come sua abitudine, del whisky allungato con acqua: presumibilmente fu avvelenato e sappiamo chi è abituato ad usare pozioni letali per liberarsi di nemici e rivelatori. I sintomi che si manifestarono non sono quelli di un ictus, piuttosto sono riconducibili ad un avvelenamento.
• Il giorno in cui l’uomo politico italiano spirò è comunque siglato dall’usuale cifra. E’ quasi certamente una coincidenza, ma il numero 11 proietta un’ombra sinistra su questo come su molti altri oscuri accadimenti, anche di questi ultimi anni.
Sia come sia, Enrico Berlinguer, pur con tutte le tare delle ideologie e con i limiti che contraddistinguono l’azione delle élites, apparteneva ad una classe politica che non si occupava soltanto dei propri interessi. Vi sopravvivevano un’istanza etica, un’indipendenza di pensiero, una reale sollecitudine per il bene collettivo, quantunque all’interno di una condotta pragmatica e spesso contraddittoria. Per questa ragione qualcuno decise di neutralizzarlo. Oggi chi potrebbe progettare di sbarazzarsi, ad esempio, di Matteo Renzi, perfetto esemplare del pupazzo utile alla feccia mondialista per perseguire i suoi laidi scopi? Uno come Renzi, tra l’altro, non si può uccidere: quando non serve più, lo si smonta per buttarlo nel cassonetto dell’indifferenziata.

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