“Imbecilli”, diceva Flaubert, l’idiota di casa, “sono quelli che non la pensano come voi”. O Clitandro delle “Donne saccenti”: “Avete capito male, malissimo, e io vi sono garante\ che lo stupido saccente è stupido più d’uno ignorante”. Ma la materia attrae, e del resto Pascal voleva stupido Montaigne, perché si dipingeva pieno di saggezza – come Pascal. La stupidità fa nelle conclusioni “polimorfa e onnipresente”. Anche“naturale”, con Kundera. In realtà sfuggente: l’unica immagine che se ne prospetta è “la «sfera» di Pascal – e prima di lui di Hermes Trismegisto: la sfera «il cui centro è ovunque e la circonferenza in nessun luogo»”. Il fatto è che “una miriade di essere unici pretende a ogni istante di decidere della stupidità di altri soggetti altrettanto unici”.Uno sveltissimo libello. Con l’imprevista resurrezione di Mauriac (François, lo scrittore “cattolico”) e Montherlant. E un effetto beffardo. Che non è quello che si pensa, della serie il malvagio è buono, il buono è malvagio, l’inutile è utile, l’utile è inutile, il gioco del rovescio. Il tema si presta, quant’è stupida l’intelligenza, o quant’è intelligente la stupidità, ma il filosofo ce lo evita. Jerphagnon parte da Raymond Aron, che avrebbe “riconosciuto la stupidità come il fattore dominate della storia”. Ma l’antologia non è umoristica. Né uno stupidario, un repertorio di stupidità – magari sulla stupidità. Cioè lo è, ma dei riflessi negativi sugli autori antologizzati. Che presi uno per uno ne sono esenti, naturalmente. Ma messi in fila, 140 o 150, e divisi per categorie sembrano ottusi.La stupidità è contagiosa, non si può sanzionarla – solo riderne. È come dice da ultimo Amélie Nothomb nella “Metafisica dei tubi”: “Non si è trovato niente di meglio che la stupidità per credersi intelligenti”.di Giuseppe Leuzzi. “Immensa è la folla degli imbecilli”: Agostino, un santo che pure non presumeva molto di sé, lo sostenne “Contro gli Accademici”. Jerphagnon, studioso di sant’Agostino (e di Roma antica, il cristianesimo, la banalità – dopo Arendt – e Pascal), è tornato sul tema negli ultimi suoi giorni, consegnando nel 2010, un anno prima della morte, questo “florilegio”. Conscio di dover esercitare la prudenza, ma a lungo tentato, dice, da una “fenomenologia della stupidità”. Dopo esservisi esercitato un paio di volte, in un saggio sugli imbecilli nei “Dialoghi” di Platone, e sul“numero incredibile di allusioni alla stupidità” nell’opera di sant’Agostino. Infine, per l’età e il residuo pudore, limitandosi a un assetto tematico dei reperti.
Lucien Jerphagnon, La sottise? (vingt-huit siècles qu’on en parle), Livre de poche, pp. 139 5,60
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