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La televisione dei social media

Creato il 24 ottobre 2011 da Biagio1972 @l_immateriale

La televisione dei social media
Metto in fila trefatti. Il 7 ottobreStefano Bonilli annuncia il suo addio a Facebook, denunciando (non il primo) l’invasivitàdel social media. Il 15 gennaio2009 la Burger King chiude la sua iniziativa Whopper Sacrifice, che regalava unWhopper a ogni utente Facebook che cancellava 10 suoi amici, a seguito di unsuccesso imprevisto che aveva provocato quasi 234mila cancellazioni di “amici”.Finora (le 23.20di domenica 23 ottobre 2011) 1457 persone su Facebook hanno messo un Like alvideo che su Repubblica.it mostra le ultime torture a Gheddafi prima del colpofinale.Facebook è unluogo virtuale dove creare e coltivare relazioni con le persone, si dice. Ma relazionidi che tipo? Si tratta di relazioni lasche, che quasi sempre possono essere cancellatesenza rimpianti, di scambi fortuiti e distratti di qualche riga di chat, di profiliche si sfiorano e si allontanano subito dopo, di Like distribuiti senzapensarci, un gesto virtuale ambiguo che può significare approvazione, attenzione,sostegno, ringraziamento, e tanto altro senza soffermarsi molto su cosa e sulcome di quel contenuto.   Potrebbe sembrareun problema legato a certe particolari modalità di fruizione ma quando un socialmedia è fruito da oltre 500 milioni di persone nel mondo, la sua pervasività finisceper imporre o almeno per insediare le sue modalità di comunicazione e i processimentali  suoi propri nelle abitudini dichi ne fruisce. O almeno tra i fruitori più sguarniti.Chi ha contenuti almenoparzialmente originali coltiva il suo blog o il suo twitter ( o anchemeta-social media come Storify). Chi invece non ha altro che il suo privato daesporre e sul quale tentare di attrarre l’attenzione altrui finirà per utilizzareFacebook. Dunque, Facebook sta sempre più diventando la televisione dei socialmedia: il suo enorme seguito ha banalizzato contenuti e relazioni che vi sipossono trovare. E se in televisione il film erotico o soft-core ha sempre lasua audience la pornografia del proprio privato che tanti esibiscono sufacebook non è da meno.L’ho già evidenziato altrove: come in televisione puoi fare ottimi programmi ma sempreconsapevoli delle caratteristiche del mezzo e del pubblico, così anche Facebookpuò consentire lo sviluppo di percorsi di comunicazione meno banalizzati. Manon è questo il punto. Bisogna semmairiflettere se la stragrande maggioranza degli utenti dei social media siavvierà a considerare normali dei livelli di relazione ridotti a pocheconvenzioni e poche frasi distratte, se l’abbassamento costante della capacitàdi attenzione porterà tanti ad accontentarsi di coriandoli di contenuto e disignificato, se il flusso di informazioni e notifiche non implicherà una generaleanestesia emozionale. Così, di fronte a un dolore privato o a uno straziocollettivo le reazioni si ridurranno a qualche emoticon triste o a unincomprensibile Like.

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