“Mi hai insegnato il tuo linguaggio, e il profitto che ne ho tratto è che adesso so come maledirti. Ti stermini la peste rossa per avermi insegnata la tua lingua!”
(Shakespeare, La Tempesta)
Gli Stati Uniti stanno per essere colpiti da una tempesta di gigantesche proporzioni. Questa tempesta è il fallimento completo dell’operazione mediatica con cui, a partire da sabato scorso, avevano proclamato la “liberazione” di Tripoli e la vittoria del gruppo di masnadieri che sulla stampa vengono chiamati “ribelli” o “insorti”, ma che sarebbe più esatto definire macellai e sadici assassini, in gran parte mercenari dei paesi NATO o membri di Al Qaeda reclutati qua e là nei paesi arabi. A una settimana dai proclami di vittoria, le forze lealiste di Gheddafi resistono, controllano ancora gran parte della capitale, nonché almeno 20 città libiche che la stampa internazionale, mentendo spudoratamente, aveva dato per “conquistate dai ribelli”.
L’operazione mediatica era stata progettata con cura, in stretta cooperazione con le reti televisive e le agenzie di stampa internazionali a cui si abbeverano anche i lacché del giornalismo nostrano. Per tutta la scorsa settimana si era continuato a parlare, con toni sempre più trionfalistici, di fantomatiche conquiste compiute dai “ribelli” (le città di Zliten, Zawiyah, perfino Misurata), conquiste che erano inspiegabili, stante la totale deriva politica e militare in cui il movimento degli insorti, già di per sé inconsistente, era venuto a trovarsi dopo l’uccisione del loro capo, il colonnello Abdel Fatah Younis. La grancassa mediatica ha strepitato per tutta la settimana gli stessi avvertimenti assordanti: I ribelli si avvicinano a Tripoli! I ribelli hanno circondato la capitale! I ribelli stanno arrivando!
Finalmente, sabato 20 agosto, tutto l’apparato dei media dell’impero ha iniziato a trasmettere la notizia tanto attesa dell’”arrivo degli insorti a Tripoli”. Era tutto falso. Gli insorti non erano “arrivati” da nessuna parte, ma si trattava di “cellule dormienti” già presenti nella capitale libica, poco più di un centinaio di persone a cui era stato dato l’avviso che l’operazione mediatico/militare era iniziata. Parte di questi individui hanno iniziato a impazzare per le strade cittadine, saccheggiando e uccidendo, esattamente come hanno fatto nel resto della Libia negli ultimi sei mesi, allo scopo di terrorizzare la popolazione e distrarre le forze militari. Un’altra parte si è appostata, in qualità di cecchini, in punti chiave della città, in particolare presso l’Hotel Rixos, che ospitava i giornalisti stranieri indipendenti. L’ordine era di impedire ai reporter di uscire dall’Hotel, affinchè non vedessero cosa realmente stava accadendo. Per assicurarsi al 100% che venisse eseguito, i giornalisti sono stati esplicitamente minacciati di morte da alcuni “colleghi” della CNN, che erano in realtà agenti della CIA e dell’MI6 sotto copertura. Una minaccia mostruosa, che gli stessi giornalisti non riescono nemmeno a spiegare agli organi di stampa di cui sono corrispondenti e ai loro lettori/spettatori, visto che per la stampa e le persone comuni i servizi segreti e i loro misfatti sono “un’invenzione dei complottisti”.
La banda di grassatori è stata prontamente neutralizzata e il giorno dopo Tripoli sembrava di nuovo tranquilla. I giornalisti indipendenti riferivano che la città era calma. Uno di loro, Franklin Lamb, nel corso della mattina compiva un lungo giro in bicicletta per le strade cittadine, senza notare nulla di strano. Ma al suo ritorno in albergo veniva colpito alla gamba dal proiettile di un cecchino. Un altro giornalista, Mahdi Darius Nazemroaya, veniva sfiorato da due proiettili mentre cercava di appendere il cartello “stampa” ad una delle porte dell’hotel. Era un avvertimento preciso: rimanete nelle vostre stanze, non uscite all’esterno.
La sera di domenica iniziava l’invasione vera e propria. Non certo dalle inesistenti “città conquistate”, ma dal mare. Un gruppo di un migliaio di tagliagole, trasportato da mezzi NATO e sotto copertura di elicotteri Apache, veniva fatto sbarcare sulle coste di Tripoli, non più difese militarmente dopo la distruzione della flotta libica ad opera dei missili della coalizione. Iniziava così una delle campagne di disinformazione più allucinanti e disgustose che mai si siano viste nella storia del giornalismo. In assenza di fonti indipendenti che potessero verificare ciò che realmente stava accadendo, i media “embedded” e i giornalisti sguatteri dei paesi colonizzati (tra cui ovviamente l’Italia) hanno potuto sbizzarrirsi nel dare in pasto all’opinione pubblica le più incredibili e plateali menzogne. Si è detto che gli insorti avevano “liberato” Tripoli senza incontrare resistenza, che il popolo era sceso in piazza per festeggiare (menzogna consueta di tutte le guerre USA), che Gheddafi era fuggito in Venezuela, che tre dei suoi figli (compreso Seif Al Islam) erano stati catturati dai ribelli, che un quarto figlio, Khamis, era stato ucciso (morte già annunciata dai media per tre o quattro volte negli scorsi mesi e sempre rivelatasi una menzogna). Di tutto e di più. Le TV trasmettevano immagini in diretta dell’avanzata dei tagliagole miste ad immagini preregistrate e perfino a filmati girati in India (!), per far credere che Tripoli fosse totalmente nelle mani dei “ribelli” e che l’esercito lealista di Gheddafi si fosse sciolto come neve al sole. Contemporaneamente gli aerei della NATO iniziavano un bombardamento indiscriminato e violentissimo, colpendo quartieri civili, ospedali, scuole. Una strage degli innocenti, che sarebbe proseguita senza interruzione nei giorni successivi.