Quel fenomeno fisico per il quale durante gli anni compresi dal 1978 al 1992 circa sono trascorsi in realtà almeno un paio di secoli concentrati e poi, per una sorta di reazione che non vi sto a spiegare, il periodo immediatamente successivo fino ad oggi abbia subito una immeritata accelerazione a causa della quale sono bastati pochi minuti e siamo qui, verrà un giorno spiegato dagli studiosi come una forma di contrazione dell’universo, come quando trattieni il fiato e vai in apnea e dopo esplodi buttando dentro e fuori aria perché non ce la facevi più. E lasciate perdere che la finestra temporale a cui mi riferivo prima va dai miei undici ai venticinque anni, con in mezzo almeno una manciata di lustri concentrati per superare esami che sulla carta sono durati nemmeno un’ora, o settimane intere corrispondenti in realtà alle due ore di attesa di una telefonata di quelle importanti, quelle con i palpiti, ci siamo capiti. E gli anni delle medie? Sono stati o no almeno una quarantina? Quindi mi confermate che la cosa è successa anche voi? Il problema di questa teoria che in confronto la relatività di Einstein non gli tiene dietro nemmeno le ciabatte, come si dice qui a Milano, il problema di questa teoria è che non mi è ben chiaro se la si debba applicare anche di riflesso. O meglio, io non la applicherei, io lascerei che un minuto durasse un minuto, un giorno 24 ore e così via, nel rispetto delle esistenze altrui e soprattutto per consentire alla nostra progenie quello che gli spetta secondo la natura o, per lo meno, l’ordine normale delle cose. Quella specie di Big Bang di cui siamo rimasti vittime i miei coetanei e il sottoscritto lo si può annoverare tra i cataclismi che avranno le più gravi conseguenze nell’ambito della quantistica, e già se è vero quel che si dice sugli anni luce c’è qualcuno dall’altra parte del creato che si sta godendo la scena di una generazione a cui è stata sottratta la possibilità di farsi bastare la scorta emotiva in questa vorticosa accelerazione finale che probabilmente, vista da laggiù – ne approfitto per fare ciao con la manina agli spettatori di quel remoto sistema solare che ci stanno osservando mentre ci arrampichiamo sugli specchi – dicevo che vista da laggiù fa un effetto che noi oggi nella nostra cultura cine-televisiva riconduciamo a grandi linee alla tecnica del time lapse.
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