Se l'arancione è il nuovo nero, gli scienziati sono le nuove rock star.
La nuova ondata del cinema made in Hollywood sembra infatti quella non solo di raccontarci vite vissute in biopic sempre più ricercati, ma anche di fare di matematici, fisici e chimici nuovi idoli da amare: dall'intenso Alan Turing di Benedict passando anche per la Disney che con il suo Big Hero 6 rende esperimenti, laboratori e il mondo solitamente nerd dei secchioni, affascinante e allettante.
Merito forse del piccolo schermo, in cui ormai 7 anni fa esordirono dei certi Walter e Jesse rendendo la chimica improvvisamente attraente?
Forse.
Sta di fatto che questa è la nuova tendenza, e basta anche solo dare uno sguardo alle nominations degli Oscar per rendercene conto.
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L'uomo da battere sarà lui, il giovane Eddie Redmayne, che ha annullato il suo fisico, dimagrendo, imbruttendosi, storpiandosi per rendere nel migliore dei modi Stephen Hawkings.
E c'è riuscito, portando la sua interpretazione a livelli naturali, in cui il confine tra realtà e finzione si fa sottile.
Ma tralasciando la prova attoriale, com'è La Teoria del Tutto in questo nuovo filone del cinema mainstream impegnato?
E' una storia d'amore, purtroppo.
Né più né meno che il racconto della nascita, dell'evolversi e della fine di un amore e di un matrimonio difficile, che passa per una malattia degenerativa, per amanti e per successi scientifici. Il vero peccato è che questi successi non li vediamo, se non di striscio, senza seguire quell'evoluzione che è invece riservata all'unione tra Stephen e Jane.
Mente brillante, geniale, quella di lui, che a soli 17 anni all'Università di Cambridge inizia a fare del tempo la sua materia di studi, teorizzando, investendo il suo di tempo nel capirlo.
Caparbia e innamorata lei, che dovrà essere forte per entrambi, chiusa in un matrimonio dove i figli continuano a nascere e il tempo per se stessa non lo trova.
Nel mezzo, la malattia, che prosegue il suo corso lenta e inesorabile, mettendo a tacere la diagnosi di soli due anni di vita, prendendosi poco a poco nuovi pezzi di Stephen, voce compresa.
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Se Eddie è incredibile, incredibile è anche la sua spalla Felicity Jones, che trova finalmente il ruolo per far breccia al grande pubblico dopo i ruoli splendidi ma indie in Like Crazy e Breath In.
I due attori reggono da soli una sceneggiatura che lascia fuori troppo, che spiega solo raramente cosa Stephen faccia in ambito scientifico, mostrandoci qua e là i premi da accettare, le onorificenze, i progressi dei suoi studi.
Ed è un peccato, lo ripeto, perchè per una volta forse è più interessante quanto prodotto che l'uomo che lo ha prodotto, e perchè La teoria del tutto resta Una teoria sull'amore, che può finire.
Il lieto fine c'è e non c'è, l'amicizia è rimasta, ma dall'esaltazione e l'innalzamento iniziale, il matrimonio che ci viene raccontato non è certo quello perfetto che rende i romantici felici.
Fortuna allora che ci pensa la musica a far sobbalzare il cuore, composta da Jóhann Jóhannsson, elegante, delicata e meravigliosa, già vincitrice di un Golden Globe e se il doppiamente nominato Alexandre Desplat lascerà il posto, c'è speranza anche per un Oscar.
Meno bene va a livello tecnico, con una regia un po' troppo pretenziosa, un po' troppo rimarcata in certi punti.
A differenza di quanto fatto con Turing -paragone che nasce spontaneo- qui si è puntato troppo sull'uomo Stephen, mostrandoci sì tutta la sua forza, la sua intelligenza e la sua ironia, ma lasciando da parte il suo cervello, preferendogli un cuore che non tocca quello dello spettatore, o almeno non il mio.
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PS: Hawkings me lo ha invece rubato con la sua citazione doctorwhoviana "Exterminate!".
Grazie!
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