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La Thailandia appartiene ad Enzo Miccio

Creato il 12 aprile 2014 da Marika L

“Ma come ti vesti?” è la domanda che sembrano porsi i thailandesi quando ti vedono arrivare ai Templi.
Premetto che se c’è una cosa sulla quale mi prendono sempre (sempre!) in giro le mie amiche o comunque le persone che mi sono più vicine è il fatto che io non sia capace di abbinare i colori.
Ok, sono proprio negata.
Quindi quando ho pubblicato le mie foto durante il viaggio in Thailandia, nessuno si è fatto due domande nel vedermi vestita così.

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Quella mattina a Bangkok c’erano circa diecimila gradi ma io -vecchia volpe!- che mi ero informata sull’abbigliamento adatto ai luoghi sacri, mi sono armata di leggings, canotta ed un foulard che poi avrei messo sulle spalle una volta arrivata lì per evitare di prendere in prestito i vestiti messi a disposizione che “chissà chi l’ha indossato prima di me”.

Si, come no.
I leggings non sono ammessi perché sono troppo attillati, quindi mi hanno coperto le gambe con il foulard  e le spalle con una camicia rosa tirata fuori da un qualsiasi film degli anni ’80.
Non fatevi ingannare dall’espressione serena che ho nella foto, stavo morendo. MO-REN-DO!
Diego, che pensava di farla franca, ha dovuto indossare un pantalone sporco e unto perché il suo jeans aveva degli strappi.
“No ripped jeans, please”, ovviamente.

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Così ci siamo incamminati in quell’immensa meraviglia che è il Grande Palazzo Reale e trascinando i nostri calzini -le scarpe vanno tolte- abbiamo esplorato uno dei simboli di Bangkok con la guida in una mano e qualsiasi bevanda contente zuccheri nell’altra. Ricordava una di quelle scene da film in cui il protagonista è nel deserto e guarda l’orizzonte ma non riesce a distinguerne i bordi perché il caldo sembra volerli sfocare.

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Al Wat Pho hanno dato il via libera ai miei leggings ma proprio quando credevo di avercela fatta, ecco spuntare una felpa con la zip verde fluo. Stanno al passo con i tempi!
Quella felpa era talmente fluo che quando ho deciso di farmi la foto accanto al Buddha Sdraiato pensavo di morire accecata.
Fortunatamente non è successo.

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In ogni caso, caldo o no, ne sarebbe valsa la pena anche se mi avessero chiesto di indossare un passamontagna. Anzi, secondo me fanno anche bene a mantenere un rigore in luoghi così importanti ed è giusto che anche i turisti rispettino questa usanza.
Avevamo trascorso una giornata meravigliosa ma davvero non riesco a descrivere a parole la sensazione, a tratti, di svenire per via delle temperature e di sentirsi la testa scottare.
Distrutti dal caldo e dalle camminate, non vedevamo l’ora di tornare in hotel per gustarci al fresco l’aperitivo omaggio che ci spettava.
Finalmente ecco comparire davanti ai nostri occhi le porte dell’ascensore che ci avrebbe portato al 53° piano del Lebua at State Tower dove, finalmente, ci saremmo seduti su una poltrona e per una volta non avremmo maledetto l’aria condizionata troppo forte tipica dei luoghi afosi.

Le porte finalmente si aprono e ad accoglierci troviamo una bella ragazza vestita in modo elegantissimo che ci guarda, ci sorride e gentilmente ci dice: “No ripped jeans, please”.

Mi stai prendendo in giro, vero?

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Le immagini di Enzo Miccio provengono dal web. 


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