In questi giorni sto leggendo un libro meraviglioso sull’Everest e scopro che a breve (ehm..tra un anno) uscirà anche un film. Il libro tra le mie mani è “Aria Sottile”, di Jon Krakauer, (autore di Into The Wild, tanto per intenderci). Alpinista e giornalista, racconta la sua esperienza alla drammatica spedizione del 1996 sull’Everest a cui partecipò anche lui. La conquista della vetta più alta del mondo (8848 m. slm) in quella primavera richiese un pedaggio drammatico di molte vite umane, e ne è nata una folta bibliografia sul tema.
l 10 maggio 1996 infatti una tempesta colse di sorpresa quattro spedizioni alpinistiche che si trovavano sulla cima dell’Everest. Morirono 9 alpinisti, incluse due delle migliori guide, Rob Hall.
L’Everest, la montagna più alta del mondo, misura 8848 metri e dai locali è chiamata Chomolangma (madre dell’universo)
Le riprese del film “Everest” (titolo provvisorio) che parlano di questo dramma sono appena terminate in Alto Adige e nel ghiacciaio della Val Senales. Il regista e’ l’islandese Baltasar Korma’kur, conosciuto grazie al recente successo ottenuto con ”2 Guns” e prima ancora per aver diretto ”Contraband”, che sulle Alpi ha girato gran parte delle riprese, oltre che in Nepal e negli studi anche di Cinecittà a Roma.
Nel cast del film, che non vedo l’ora arrivi nelle sale, ci sono Jake Gyllenhaal (”Brokeback Mountain”), Josh Brolin (”Men in Black 3”) e Jason Clarke (”Il grande Gatsby”).
Ma non solo: dietro di loro, a fare da “controfigure” nelle scene più difficili, ci sono due grandi nomi dell’alpinismo italiano: i fratelli Florian e Martin Riegler, altoatesini, che gireranno le scene più estreme e pericolose.
Florian e Martin Riegler (foto tratta da rieglerbrothers.com)
I due sulle Alpi hanno aperto diverse vie nuove alle cime delle montagne più impervie, e si sono difesi bene anche sull’Himalaya, dove hanno coinquistato la cima del Kako Peak, a 4950 metri di altezza.
Spero che il film sull’Everest, come il libro di Krakauer, che consiglio di leggere (trovate i link ad Amazon qui sotto), affronti anche una tematica parallela alla tragedia: la “industrializzazione” delle scalate alpinistiche. In quegli anni si assisteva all’inizio di una serie di spedizioni organizzate che permettevano anche a team senza la dovuta preparazione (ma con molti soldi) di salire con guide verso la cima.
Il tema è più che mai attuale, visto che di recente il governo nepalese ha abbassato ancora le tariffe per gli alpinisti che vogliono raggiungere la vetta. Spero che questo possa favorire i veri alpinisti e non rendere la conquista della cima sempre più commerciale e “trafficata”.
La montagna però non perdona, non è un passatempo, soprattutto ad alta quota, da affrontare con leggerezza.
L’alpinismo in un certo senso è una parabola della vita: più sali in cima, più rischi di cadere nell’abisso. E le tue azioni hanno sempre una conseguenza, nell’immediato.