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La tragedia del 1996 sull’Everest in un film (girato in Alto Adige)

Creato il 28 febbraio 2014 da Bloggirl
La tragedia del 1996 sull’Everest in un film (girato in Alto Adige)

In questi giorni sto leggendo un libro meraviglioso sull’Everest e scopro che a breve (ehm..tra un anno) uscirà anche un film. Il libro tra le mie mani è “Aria Sottile”, di Jon Krakauer, (autore di Into The Wild, tanto per intenderci). Alpinista e giornalista, racconta la sua esperienza alla drammatica spedizione del 1996 sull’Everest a cui partecipò anche lui. La conquista della vetta più alta del mondo (8848 m. slm) in quella primavera richiese un pedaggio drammatico di molte vite umane, e ne è nata una folta bibliografia sul tema.

l 10 maggio 1996 infatti una tempesta colse di sorpresa quattro spedizioni alpinistiche che si trovavano sulla cima dell’Everest. Morirono 9 alpinisti, incluse due delle migliori guide, Rob Hall.

everest

L’Everest, la montagna più alta del mondo, misura 8848 metri e dai locali è chiamata Chomolangma (madre dell’universo)

Le riprese del film “Everest” (titolo provvisorio) che parlano di questo dramma sono appena terminate in Alto Adige e nel ghiacciaio della Val Senales. Il regista e’ l’islandese Baltasar Korma’kur, conosciuto grazie al recente successo ottenuto con ”2 Guns” e prima ancora per aver diretto ”Contraband”, che sulle Alpi ha girato gran parte delle riprese, oltre che in Nepal e negli studi anche di Cinecittà a Roma.

Nel cast del film, che non vedo l’ora arrivi nelle sale, ci sono Jake Gyllenhaal (”Brokeback Mountain”), Josh Brolin (”Men in Black 3”) e Jason Clarke (”Il grande Gatsby”).

Ma non solo: dietro di loro, a fare da “controfigure” nelle scene più difficili, ci sono due grandi nomi dell’alpinismo italiano: i fratelli Florian e Martin Riegler, altoatesini, che gireranno le scene più estreme e pericolose.

fratelli riegler

Florian e Martin Riegler (foto tratta da rieglerbrothers.com)

I due sulle Alpi hanno aperto diverse vie nuove alle cime delle montagne più impervie, e si sono difesi bene anche sull’Himalaya, dove hanno coinquistato la cima del Kako Peak, a 4950 metri di altezza.

Spero che il film sull’Everest, come il libro di Krakauer, che consiglio di leggere (trovate i link ad Amazon qui sotto), affronti anche una tematica parallela alla tragedia: la “industrializzazione” delle scalate alpinistiche. In quegli anni si assisteva all’inizio di una serie di spedizioni organizzate che permettevano anche a team senza la dovuta preparazione (ma con molti soldi) di salire con guide verso la cima.

Il tema è più che mai attuale, visto che di recente il governo nepalese ha abbassato ancora le tariffe per gli alpinisti che vogliono raggiungere la vetta. Spero che questo possa favorire i veri alpinisti e non rendere la conquista della cima sempre più commerciale e “trafficata”.

La montagna però non perdona, non è un passatempo, soprattutto ad alta quota, da affrontare con leggerezza.
L’alpinismo in un certo senso è una parabola della vita: più sali in cima, più rischi di cadere nell’abisso. E le tue azioni hanno sempre una conseguenza, nell’immediato.

 


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