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E che tempi, oserei dire: Francis Scott Fitzgerald scrisse questo libro nel 1925, vale a dire in pieno boom economico e in un clima di autentica euforia nazionale: erano gli anni del lusso, del benessere, dell'affarismo, della borsa, della speculazione, ma anche del proibizionismo e del puritanesimo, del divieto di vendita degli alcolici, dei locali clandestini dove si organizzavano party privati cui partecipavano migliaia di persone spinte dal benessere e dal gusto per la trasgressione. Erano gli anni del Sogno Americano, e nulla lasciava presagire che di lì a qualche anno tutto sarebbe crollato sotto la Grande Depressione, la prima violenta crisi economica del nuovo secolo.
Eppure il romanzo di Fitzgerald, a modo suo, lasciava presagire proprio questo: l'epopea di Jay Gatsby, discusso tycoon cresciuto in miseria e diventato ricco sfondato con metodi poco cristallini, fu davvero il primo campanello d'allarme per una società (e un modo di vivere) che, inesorabilmente, si stava sgretolando sotto le scintillanti scarpe da ballo dei protagonisti dell'epoca. Il Grande Gatsby è infatti, prima di tutto, la storia di una grande illusione, narrando la sconfitta di un uomo che scopre, a sue spese, di non poter comprare tutto quello che desidera (in particolar modo i sentimenti) con 'soltanto' il denaro e la fama. Jay Gatsby è il simbolo del fallimento del Sogno: l'impossibilità di riconquistare la persona amata e perduta tanto tempo prima è la parodia di una nazione che si scopre improvvisamente vulnerabile e illusa. Troppo tardi.
Jay Gatsby è forse l'ultimo eroe romantico della letteratura americana: un personaggio discusso e discutibile, eppure di una statura immensa, che lo eleva di gran lunga sopra tutti i gretti protagonisti di un'epoca effimera e destinata a esaurirsi. Gatsby è un uomo che vive solo per il suo Sogno, nella fattispecie quello di un amore impossibile e tragico, ed è disposto a tutto pur di ottenerlo, fino alla morte, dissipando senza rimpianti il suo enorme patrimonio per organizzare continuamente feste imponenti e sfarzose (alle quali non partecipa) con la segreta speranza di ritrovare tra gli avventori la donna cui aveva dovuto rinunciare in gioventù. Il caso vuole che la ritroverà davvero, ma ovviamente sarà impossibile capovolgere il destino...
Il Grande Gatsby è un libro universale, fuori dal tempo, che può essere letto a qualsiasi latitudine e a qualsiasi età, e che tra un secolo o due manterrà ancora inalterata la potenza evocativa e struggente della storia che racconta. In Italia arrivò solo nel 1936, col titolo di Gatsby il Magnifico e con la traduzione di Fernanda Pivano: da allora è un successo editoriale continuo e costante. Ancora oggi in libreria fa bella presenza sugli scaffali e vende molte più copie di tanti illustri presunti bestsellers dalle copertine patinate... e anche il cinema, ovviamente, non poteva restare indifferente al suo fascino: tra poche ore uscirà nelle sale italiane (oltre alla presenza al Festival di Cannes) la quarta versione cinematografica, firmata da quel genio visionario e un po' megalomane che risponde al nome di Baz Luhrmann. Uno che, ne siamo certi, sarebbe piaciuto parecchio a Jay Gatsby. A tra poco, vecchio mio...
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