Stamani, su Repubblica, ho cominciato a leggere con piacere un editoriale di Umberto Eco. Egli racconta come, dal Dopoguerra fino al Sessantotto, Milano sia stata la città faro d'Italia, per il suo rigore morale e civile, per il suo fermento intellettuale, per il suo sviluppo sociale e - beninteso - economico (una volta, con il plusvalore, i capitalisti più illuminati finanziavano addirittura i classici della letteratura italiana della Ricciardi).
Poi vennero gli anni bui del terrorismo, della Milano-da-bere craxiana, di Tangentoli e Mani Pulite, di Berlusconi, della Lega Nord e, per finire, delle collusioni dirette con il malaffare mafioso, sullo stile delle tanto bistrattate città del sud.
Dopo un excursus storico divertente e attendibile del declino della capitale morale d'Italia, Eco s'interroga sul come poter uscire da tale vergognosa situazione,
"come purificare una città in cui il potere criminale, quasi indistinguibile da certe frange del potere politico, è imprendibile, non facilmente identificabile e nessun commissario Nardone è in grado di spezzare una orrenda catena di complicità? Siamo entrati nella fase sudamericana della Lombardia di Berchet, Cattaneo, Manzoni? E ci rendiamo conto che tutto questo produrrà disaffezione per la politica, astensionismo e quindi dittatura di coloro che l'hanno provocato?".
Innanzitutto - e giustamente - Eco libera subito il campo dall'equivoco di credere che sia possibile costituire una " Lega degli onesti" (riferendosi al romanzo "ingiustamente dimenticato" di Giovanni Mosca, " dove alla fine i presunti onesti [...] diventano peggio dei disonesti ": un sottile riferimento a Beppe Grillo?).
Bene, a questo punto, ingenuamente, ho creduto che Eco tirasse fuori dal cilindro del suo formidabile bagaglio culturale una ricetta, una proposta che potesse infondere speranza e stimolo, coraggio e convinzione a tutti quei cittadini che rispettano le leggi e il patto sociale ad esse sotteso nei dettami della nostra Costituzione.
E invece, ecco cosa pensa Umberto Eco:
"Sto pensando - come ultima spiaggia [!] - a una serie di reazioni individuali, al richiamo certamente moralistico a una vita proba e riservata. Non sappiamo ormai chi siano gli onesti, che vediamo persino andare a messa, ma ciascuno può sapere con certezza se paga le tasse, non ha mai dato o ricevuto bustarelle, e fa il suo mestiere come si deve. E allora bisogna essere astuti come colombe [!], vivere una vita più ritirata e isolare in qualche modo coloro di cui sospettiamo. Ci invitano a una cena che si annuncia fastosa? Ci propongono una vacanza in barca? Non ci si va. Notiamo facce nuove nel circolo che frequentavamo? Si danno le dimissioni. Ci invitano all'inaugurazione di un ente benefico? Se proprio non siamo sicuri di che si tratti, ci si defila. [...] Riduciamo le nostre frequentazioni, stabiliamo - se tutti parteciperanno a questo richiamo ascetico - una sorta di mobbing nei confronti di tutti coloro che ci paiono spendere con troppa disinvoltura o cambiano macchina con troppa frequenza, anche se il nostro sospetto può essere ingiusto".
A chi sta parlando Eco se non a una ristretta cerchia di intellettuali "importanti" e paludati, rispettati e - giustamente - ben pagati per i loro meriti accademici ed editoriali?
Infatti, ciò che egli propone, il mobbing degli onesti, è da anni praticato da milioni e milioni di cittadini, che - giocoforza - sono costretti a esercitarlo nei confronti di ciò che li circonda, un po' perché ci vuole poco a provare ribrezzo per certi comportamenti di merda dell'establishment, e un po' perché è l'unico modo per difendersi dall'assenza di un progetto politico che non sia servo del potere economico (e il potere economico, in Italia e nel mondo, è nelle mani del capitale e della criminalità). Cazzo gliene frega ai predatori della Terra (capitalisti, criminali, congregazioni religiose) se un manipolo di persone avvedute, educate e di sani principi liberali inizia a praticare il suddetto mobbing? Qui occorre trovare una soluzione per liberare l'uomo, mica le nostre fisime di sopportazione dello schifo che ci circonda.
È preoccupante che, nel momento storico dato, un grande intellettuale come Umberto Eco non dica niente riguardo alla crisi epocale del capitalismo, al suo denudamento come sistema di sfruttamento totale e sistemico del pianeta, umanità compresa. Qui si tratta di liberare l'uomo, strappando di mano alla classe dominante quei principi sui quali si fondano le moderne democrazie, per avverarli in un sistema di potere nuovo, dove l'economia diventa uno strumento al servizio dell'uomo e non l'uomo uno strumento nelle mani dell'economia - povero robbottino strullo a cui si fa credere di essere sovrano perché ogni tanto ha il potere di eleggere i propri rappresentanti.
Insomma, la proposta di Eco è desolante e queste sue parole, in chiusura d'articolo, lo testimoniano in modo peculiare:
"Fare mobbing si può ridurre a dire "io con te non ci parlo", e lo si può dire anche stando zitti. Si potrebbe arrivare, a lungo andare, alla manifestazione evidente del comportamento di una parte della popolazione che non accetta più certe frequenze, che si sottrae con noncuranza all'interessamento spesso affettuoso di chi ci vorrebbe a copertura della propria vita pubblica e privata. Fare il deserto intorno ad alcuni".
E qualora fosse anche realizzato questo " deserto intorno ad alcuni", cosa si aspetta Eco, che il potere ritorni a essere quello civile e ben educato di un tempo? Che sia, dunque, tutta una questione di bon ton, di savoir faire, di ripulitura della feccia di parvenu che ammorba il beau monde del capitalismo? Più che non parlare con taluni, qui si tratta di parlare ad altri, alla maggioranza e non - ripeto - a una ristretta cerchia di cantori inconsapevoli delle magnifiche sorti del riformismo liberale. Eco doveva parlare a tutti noi intontiti in attesa che il potere non ci faccia altro male e non ci tolga altri diritti in nome del patto di stabilità. Eco doveva farlo, perché poteva (avendone capacità e mezzi). Un piccolo tradimento, abbastanza imperdonabile.