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La trasparenza sui finanziatori delle campagne elettorali è possibile. Il caso degli Usa

Da Openblog

Chi finanzia le campagne elettorali? In Italia è impossibile rispondere. La legge è più attenta alla privacy che alla trasparenza. Eppure l’apertura di questo tipo di informazioni è possibile. Per esempio è prassi consolidata negli Stati Uniti

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Che senso ha pubblicare un rendiconto economico della propria campagna elettorale se poi si coprono, oltre ai nomi, anche le cifre e il totale dei finanziamenti ricevuti ? La domanda si potrebbe rivolgere, tanto per fare qualche esempio, ai deputati Raffaello Vignali, Ernesto Carbone, Valeria Valente o Giuseppe Castiglione (ma ce ne sono molti altri che fanno lo stesso). Che senso ha pubblicare il rendiconto, e oltre a coprire gli importi delle entrate, omettere le spese sostenute? In questo caso si potrebbe chiedere, fra gli altri, al deputato Alberto Giorgetti. E perché coprire anche le date di alcuni dei versamenti ricevuti, come fa il senatore Carlo Giovanardi?

Se l’obbligo di legge prevede la pubblicazione di un rendiconto economico delle campagne elettorali dei singoli politici, ognuno poi copre quello che vuole. La pecetta, in Italia, si può mettere a piacimento .Così c’è chi copre alcune delle voci di spesa, chi copre alcuni contributi, chi copre i totali, chi copre un po’ tutto. Finora non si ha notizia di sanzioni, nemmeno per la mancata pubblicazione dei documenti (mancanza che accomuna il 31% dei parlamentari).

Eppure si sta parlando di questioni cruciali per la vita democratica di un paese. Che tipo di relazioni hanno potere economico e potere politico? Per quali vie interagiscono e con quali risultati? Chi finanzia le campagne elettorali – e contribuisce anche solo in parte al successo di un partito o di un candidato – cosa ne riceve poi in cambio?

Questioni che non sono certo semplici da dipanare, da nessuna parte. Tanto più in Italia, dove oltre ai nomi si coprono o si omettono, a volte, anche le cifre. In alcuni paesi però in cui ci sono quanto meno tentativi di rendere la materia avvicinabile, osservabile, accessibile, indagabile. Prendiamo per esempio le elezioni negli Stati Uniti. Qui per le campagne elettorali dei singoli vengono pubblicati, sia per le elezioni federali che per quelle statali, nomi e cognomi dei finanziatori, la città in cui vivono, le cifre devolute, persino il datore di lavoro (mentre l’indirizzo di residenza, che pure deve essere dichiarato, non viene pubblicato). La pubblicazione di queste informazioni è parte integrante delle leggi che regolano le campagne elettorali dei candidati. Le modalità, i tempi e i dettagli della pubblicazione variano tra gli stati, ma sono poi raccolti, informatizzati e pubblicati da diversi organismi. Quello ufficiale è la commissione elettorale federale (Fec nell’acronimo originale, che sta per Federal Election Commission). Anche altri organismi indipendenti mettono a disposizione i dati per analizzarli a piacimento (un esempio è followthemoney.org). A questo link una selezione delle inchieste realizzate con gli open data per diverse tornare elettorali negli ultimi anni, e qui un’inchiesta del New York Times sui finanziatori nelle primissime fasi delle campagne per le presidenziali. 

Il tentativo è quello di tracciare tutte le vie in cui, attraverso i soldi o i servizi forniti, i gruppi di interesse, le lobby e in generale il potere economico incrociano la politica. Un sistema che ha senza dubbio i suoi punti deboli (per esempio le donazioni ai partiti possono essere anonime e non hanno limiti), ma in cui il principio cardine è comunque che la trasparenza è sempre un aiuto. Al contrasto della corruzione, alla chiarezza degli intenti politici e dell’operato istituzionale, al rispetto delle leggi sui limiti di spesa nelle campagne elettorali eccetera.

In Italia, alle ultime elezioni politiche il 72% dei contributi a favore delle campagne elettorali dei candidati proveniva da terzi, cioè soggetti diversi sia dai partiti sia dai candidati stessi. Ma nulla è dato sapere su questi terzi: non l’identità, non la collocazione geografica, non la natura (cioè se si tratta di aziende, privati o associazioni). La quasi totalità dei politici nazionali copre i finanziatori della propria campagna elettorale. Sono solo 4, lo 0,4% del totale, i politici che non oscurano i soggetti da cui hanno preso soldi : Laura Garavini (Pd), Andrea Vallascas (M5S) , Mariastella Gelmini (Fi-Pdl) e Gian Luca Galletti (Ap).

Al primo posto, da noi, viene sempre la privacy, evidentemente sacrificata invece nell’ordinamento statunitense – non a caso questo è uno degli aspetti più criticati: dichiarare a chi si destinano i propri soldi può compromettere la libertà e la segretezza del voto. Argomento che perde forza in una democrazia matura, e che comunque non compromette una valutazione di priorità: tra le due, è auspicabile scegliere di sacrificare la privacy a favore della trasparenza.

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Per approfondire: 


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