Con queste parole Gian Maria Volontè presentava al pubblico il cortometraggio di Elio Petri "Tre ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli" (1970). Il settimo lungometraggio della Guzzanti, che a lui si ispira, è un ulteriore passo avanti rispetto all' inchiesta giornalistica di "Draquila" in struttura e messa in scena. Infatti, un gruppo di attori teatrali, capitanati dalla stessa regista nelle veci di Volontè, ha il pregio di rendere il racconto in divenire, aperto a interpretazioni, costruzioni, senza mai svoltare in un vicolo cieco. Il binomio tra finzione e documentario è imprescindibile perché l'una arriva dove l'altro non può arrivare e viceversa: commovente la ricostruzione di ciò che l'agenda rossa di Borsellino poteva contenere, magistrali le figure caricaturali di Massimo Ciancimino e del giudice Caselli. Accompagnata dalle splendide musiche di Nicola Piovani e in particolar modo dalla folgorante fotografia di Daniele Ciprì, sempre più simonimo di perfezione, Sabina è partita dalle clamorose rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza, dal 2008 collaboratore di giustizia, primo a parlare di trattativa tra stato-mafia. Reinterpretare il 'reale' interesse alla teologia di Spatuzza, con tanto di iscrizione universitaria in carcere, è l'espediente narrativo da cui partire per intavolare questa riuscita docu-fiction, con ricostruzioni 'teatrali' legate a documenti ufficiali in mano ai magistrati. Perchè la mafia ad un certo punto ha abbandonato la strategia di bombe e stragi? Noi la finiamo con le bombe, ma voi cosa ci date in cambio? Dall'intervista a Di Matteo ricordiamo (se la nostra memoria vacilla) che fu il 1994 l'anno di svolta. Causa bunga bunga, gaffes e quant'altro, tra l'ex Premier e l'ex braccio destro Dell'Utri cominciano poi gli attriti e sarebbe proprio quest'ultimo a 'vergognarsi' della presenza altrui. E non viceversa. E giù a ridere. Quattro anni per poter realizzare il film, compito civico è ora la divulgazione. E ottimismo nel cercare di cambiare le cose. Un conto è dire che lo Stato e la Mafia sono la stessa cosa, un'altra informarsi sulla realtà dei fatti. L’idea generica è nemica di un’idea precisa: quali fasce di istituzioni, tuttora al comando, hanno preso queste decisioni? Da dove viene l’Italia che abbiamo sotto gli occhi? Questo film dà tutte le spiegazioni che servono. Didattico, ma necessario.
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Con queste parole Gian Maria Volontè presentava al pubblico il cortometraggio di Elio Petri "Tre ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli" (1970). Il settimo lungometraggio della Guzzanti, che a lui si ispira, è un ulteriore passo avanti rispetto all' inchiesta giornalistica di "Draquila" in struttura e messa in scena. Infatti, un gruppo di attori teatrali, capitanati dalla stessa regista nelle veci di Volontè, ha il pregio di rendere il racconto in divenire, aperto a interpretazioni, costruzioni, senza mai svoltare in un vicolo cieco. Il binomio tra finzione e documentario è imprescindibile perché l'una arriva dove l'altro non può arrivare e viceversa: commovente la ricostruzione di ciò che l'agenda rossa di Borsellino poteva contenere, magistrali le figure caricaturali di Massimo Ciancimino e del giudice Caselli. Accompagnata dalle splendide musiche di Nicola Piovani e in particolar modo dalla folgorante fotografia di Daniele Ciprì, sempre più simonimo di perfezione, Sabina è partita dalle clamorose rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza, dal 2008 collaboratore di giustizia, primo a parlare di trattativa tra stato-mafia. Reinterpretare il 'reale' interesse alla teologia di Spatuzza, con tanto di iscrizione universitaria in carcere, è l'espediente narrativo da cui partire per intavolare questa riuscita docu-fiction, con ricostruzioni 'teatrali' legate a documenti ufficiali in mano ai magistrati. Perchè la mafia ad un certo punto ha abbandonato la strategia di bombe e stragi? Noi la finiamo con le bombe, ma voi cosa ci date in cambio? Dall'intervista a Di Matteo ricordiamo (se la nostra memoria vacilla) che fu il 1994 l'anno di svolta. Causa bunga bunga, gaffes e quant'altro, tra l'ex Premier e l'ex braccio destro Dell'Utri cominciano poi gli attriti e sarebbe proprio quest'ultimo a 'vergognarsi' della presenza altrui. E non viceversa. E giù a ridere. Quattro anni per poter realizzare il film, compito civico è ora la divulgazione. E ottimismo nel cercare di cambiare le cose. Un conto è dire che lo Stato e la Mafia sono la stessa cosa, un'altra informarsi sulla realtà dei fatti. L’idea generica è nemica di un’idea precisa: quali fasce di istituzioni, tuttora al comando, hanno preso queste decisioni? Da dove viene l’Italia che abbiamo sotto gli occhi? Questo film dà tutte le spiegazioni che servono. Didattico, ma necessario.
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