Esce oggi nelle sale cinematografiche italiane il film documentario La Trattativa di Sabina Guzzanti, genio della satira politica e ispiratissima ideatrice di un prodotto unico.
Il film é, in pochissime parole, un riassunto della storia d’amore che nasceva tra lo stato italiano e cosa nostra nella prima metà degli anni ’90 e che, al netto dell’esperienza, sembra procedere sul mare placido della stima e della fiducia reciproca.
Fuori concorso alla mostra del cinema di Venezia 2014, il progetto é stato acclamato da pubblico, critica e stampa internazionale.
La Guzzanti spiega con una chiarezza disarmante l’habitat storico e politico che ha reso necessaria una trattativa tra le due potenze, una chiarezza che ad una prima lettura può apparire come semplicistica e che alcuni hanno definito manichea, dove i personaggi sono divisi in due grossi gruppi, dove buoni e cattivi sono evidentemente buoni o cattivi. In realtà é nelle sfumature, in alcuni dettagli, nei sospiri e negli sguardi, che la regista ha nascosto gli indizi di un pensiero complesso e di un’analisi profonda del fenomeno mafioso interno agli organismi dello stato.
Moltissimi gli avvenimenti che sono stati compressi in quasi due ore di un lungometraggio che vive a metà tra il documentario e il film satirico, tra l’indagine e la fiction. Le riprese e le immagini di repertorio delle stragi di mafia si intrecciano con interpretazioni attoriali che, non eccessivamente intense, sono più che altro tese all’intrattenimento di un pubblico che durante la proiezione si é commosso ma ha anche sorriso. Interviste e documenti reali sono qui mescolati con la fiction e nella rottura della quarta parete il risultato é toccante e confidenziale.
Il ritratto del Paese che viene fuori é sconsolante e patetico.
Viene spiegata senza troppe delicatezze l’ascesa dei personaggi che sono stati simbolo dell’ultimo ventennio e la nascita del partito politico più italiano di tutti e di come sia stato creato ad hoc per il solo raggiungimento di un definitivo inserimento ed una capillare diffusione degli alfieri di cosa nostra nella scacchiera del governo.
L’omertà e la corruzione sono qui il credo di una classe politica che non é riuscita a restare libera dai pressanti e violenti giochi di mafia e che ha smesso di combattere sia con che per gli italiani. Le evoluzioni hanno dato dunque vita ad un nuovo organismo che é sia Stato che mafia, un organismo ancora senza nome ma che da più di venti anni impera sull’Italia riducendo la democrazia ad un’illusione e l’antimafia ad un divertissement per gli outsider. Servizi segreti, poliziotti, politici, magistrati e giudici. Non una testa viene risparmiata in questo film che resta comunque godibilissimo su diversi livelli.
Certamente non si può prescindere dall’idea stessa di una piccola, intima, rivoluzione cinematografica.