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"la traversata": frammenti di progetto per un'italia migliore?

Creato il 25 ottobre 2013 da Alessandro @AleTrasforini
Al Paese Italia, agli italiani ed al sistema partitico servirebbe compiere una grande traversata per raggiungere, ciascuno, differenti obiettivi: salvezza economico-sociale e progettazione a lungo termine per il primo, stabilità e certezze per i secondi, credibilità e dignità per il terzo. Il sistema partitico rischia, nei fatti, di vedere la propria traversata in tutto e per tutto simile a quella che Gèricault dipinse nella sua opera "la Zattera della Medusa", traendo ispirazione dalla nota tragedia del naufragio dellafregata Mèduse (1816): troppa è la disillusione, troppa l'assenza di credibilità, troppe le "intese" percepite come maturate fra i palazzi e non saldamente strette con la realtà, troppa la percepita incompetenza, [...].  La traversata dei Partiti rischia di essere tanto difficile quanto impossibile, a seconda dei punti di vista possibili: cosa augurare ad una realtà come quella svilita e sempre più depressa in possibilità quali partecipazione e discussione? Rafforzati (giustamente) dall'Art.49 della nostra Costituzione, i Partiti dovrebbero essere il luogo più indicato per l'esercizio del cosiddetto "metodo democratico" con cui influenzare le politiche nazionali e sovranazionali.  Condizionale d'obbligo, giustamente ed obbligatoriamente.  Quanti scommetterebbero oggi sull'utilizzo dei Partiti per far valere un'idea, per portare avanti un progetto e/o per perseguire la concretizzazione di un fine utile alla collettività? Chi è convinto, scagli la prima pietra.  Il sistema dei Partiti langue per possibilità, opportunità e progettualità specifiche con cui misurarsi, fino a prove contrarie (molto difficili da rintracciare).  Esistono margini per individuare buoni propositi e progetti per rilanciare concretamente forme di discussione, mobilitazione e partecipazione nei Partiti? Quali prospettive avrebbero davanti a sè i Partiti qualora non dovesse essere possibile migliorarne l'azione internamente alla società civile, rilanciandone quindi metodi di confronto e dialogo su temi specifici? Quali strade nuove rinnovate servirebbe percorrere per migliorare la percezione del sistema partitico nei confronti dell'opinione pubblica e dell'Italia intera?  A queste e moltissime altre possibili domande cerca di rispondere l'opera "La traversata - una nuova idea di Partito e di Governo", osservando lo status quo dal punto di vista di chi ha una forte identità di sinistra da perorare, difendere ed istituzionalizzare nuovamente.  Per rinforzare e riabilitare il Partito Democratico, nell'immaginario collettivo percepito come una forza partiticateoricamente di (centro)sinistra, l'autore Fabrizio Barca ha compiuto una grande traversata nelle fibre e nei punti deboli del Paese.  Girando ed esplorando circoli e sezioni è riuscito probabilmente a qualificare con mano e competenza quella che è la percezione di molti militanti e/o simpatizzanti: un Partito radicato, forte di oltre 6mila unità territoriali, ma contemporaneamente percepito come lontano od incapace di rappresentare al meglio gli interessi della propria potenziale base.  Le ragioni di queste diffuse opinioni non si sprecano, non sono numerabili e sono invisibili solamente agli occhi di coloro che vogliono ostinarsi a non vedere una china sempre più pericolante ed instabile.  Nelle sue corde di ex-Ministro del Governo "tecnico" presieduto da Mario Monti e nelle sue vesti di uomo politicamente affine ad idee di sinistra, l'autore  ha cercato di imbastire un progetto capace di migliorare  vari aspetti del modo di "fare" politica internamente al Pd e, più o meno radicalmente, anche all'interno dello Stato e delle Istituzioni locali e di area più vasta:
  • incrementare la partecipazione;
  • incentivare il confronto;
  • incoraggiare la contestazione costruttiva;
  • disincentivare forme di qualunquismo e/o di critica distruttiva;
  • migliorare la condivisione di progetti e contenuti.
In un momento in cui lo status quo è drammatico per l'Italia intera sarebbero soprattutto i Partiti a dover imbastire serie riflessioni sul proprio modo di agire e qualificare il proprio operato. Sempre ammesso che siano interessati realmente a perseguire il bene collettivo, si intenda.  Dando per assodata tale eventualità, l'autore cerca di ragionare sulle possibilità che rimangono radicate nel tessuto socio-economico che questi anni stanno "regalando" all'Italia: necessità di incrementare la sorveglianza nei confronti della classe dirigente, al fine di non rendere queste crisi cicliche per distrazione dell'elettorato.  Dietro a questi discorsi, qualora il Pd vorrà migliorarsi per salvarsi e (avere qualche speranza di) salvare conseguentemente anche l'Italia intera, sarà necessario sperimentare ed approfondire nuovi metodi di discussione e condivisione di contenuti e parole chiave da rielaborare.  Richiamandosi alla precedente "Memoria politica dopo diciassette mesi di Governo" l'autore cerca di delineare ilrespiro con il quale imbastire serie riflessioni e riforme dentro al Pd e, più in generale, anche dentro all'intero sistema partitico. Servirà dirimere e sbloccare, sullo sfondo della traversata italiana, alcune tematiche fondamentali con cui riformare ed aggiornare il sistema partitico: 
  • "infrastruttura" cognitiva nella quale strutturare un dibattito e mettere in rete fra loro le differenti esperienze esistenti nei vari livelli territoriali;
  • mobilitazione cognitiva nella quale cercare confronto e scontro per imprimere al Partito direzioni specifiche da portare avanti su tematiche importanti e di rilevanza locale, regionale, nazionale o sovranazionale.
Elementi come questi favorirebbero un passaggio di consegne particolare, potendo agevolare la transizione daminimalismo partitico sperimentalismo democratico. Tale cambiamento permetterebbe alle realtà partitiche di delineare, meno difficilmente di quanto sia possibile fare attualmente, "argini" di partecipazione rinnovata e potenziata.  Senza addentrarsi nei meandri e nelle proposte real(izzabil)i dell'opera, è comunque possibile intravedere nuove possibili forme di politica nelle quali sia istituzionalizzato e reso coerente il confronto su una moltitudine di tematiche?  Partire da una riflessione come questa non dovrebbe però esimere dall'intraprendere, in primo luogo, un cambiamento culturale non indifferente nelle mentalità e nei caratteri degli italiani.  Se i partiti, con il Pd in prima linea fra i colpevoli, dovranno (giustamente) riacquistare credibilità e peso specifico per favorire partecipazione ed inserimento, altrettanto dovranno fare gli italiani nei confronti delle loro volontà di interessarsi ed osservare (in maniera  attenta) alle possibilità di influenzare correttamente e coerentemente il dibattito dentro rinnovati "argini" di discussione.  La missione è duplice, figlia sicuramente di un concorso di colpe non adeguatamente pesato nel corso di questi decenni. Più che duplice, la missione è anche tremendamente difficile.  Non impossibile, comunque.  Al Paese serve un buon Partito per realizzare un buon Governo che sappia, al tempo stesso, realizzare coerenti proposte programatiche od elaborare un dibattito attorno a quel poco che sia lecito migliorare.  Ad ogni livello: locale, regionale, nazionale e continentale.  Su questo fronte, purtroppo, il Pd è (nello specifico) ad oggi l'embrione di ciò che dovrebbe essere; i contenuti presentati in questo libro servono soprattutto per instillare positive riflessioni attorno a questo argomento:
"[...]Perchè solo dalla discussione e dalla messa in comune dei saperi senza tentazioni personalistiche può scaturire una nuova cultura politica che trasformi il Pd da com'è oggi a come serve  che sia."
Tali cambiamenti saranno possibili (r)innovando e migliorando il discutibile (aggettivo eufemistico) panorama attuale, creando magari nuovi argini di discussione dentro ad una miglior mobilitazione collettiva: 
"Questi giovani, queste donne, questi uomini che incontro ogni giorno vogliono ancora dare battaglia. Il Pd (o chi sia disposto ad affiancarlo nel percorso, ndr) ha davanti una lunga marcia."
Se è possibile una società nuova e maggiormente condivisa, dipende in primo luogo anche da noi stessi. Non solo, certamente. Chi sono i primi "nemici"  di questo miglioramento?  Niente sembra rispondere meglio a questa domanda di un'altra citazione proveniente da un'intervista fatta allo stesso Barca:
"[...] Per sapere se hai fatto un vero cambiamento, devi vedere se qualcuno si arrabbia davvero. Io ho trovato nei gruppi dirigenti un muro di gomma. La capacità di chi non vuole cambiare sta nel non farsi stanare. Scrivo: voi siete convinti che ci sia un deficit di potere, mentre il deficit è di partecipazione, attaccatemi. Niente. Dico che sono dei “capibastone” e loro non si presentano agli incontri. Faccio notare che il Pd non incalza a sufficienza il governo. Silenzio. [...] Il retropensiero è: attacca pure, tanto io ho in mano le leve del potere. C’è una responsabilità significativa anche degli intellettuali, che oggi sono distaccati, cinici, scettici. Molti sono diventati opinionisti. Non si sporcano le mani. [...] Ci siamo dimenticati che se le cose non cambiano è perché a qualcuno vanno bene. Ecco perché serve il conflitto, che oggi può essere esercitato da tre forze: la crisi, che suscita rabbia; l’assedio culturale della base; e le idee nuove, che fanno lavorare anche chi è mosso dall’interesse personale. [...] Ci ricorda l’errore che abbiamo commesso nei confronti del berlusconismo: la sinistra in 20 anni non ha costruito una strategia forte di rinnovamento. La colpa è della sinistra. Punto. [...]"
Per qualsiasi altra possibile opinione, ai lettori le ardue sentenze (e confronti). 


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