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La trilogia Millennium, di Stieg Larsson

Creato il 08 ottobre 2013 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

“Non hai niente da scrivere?” gli ho chiesto. “No, ma stavo pensando a quel testo che ho scritto nel 1997, quello del vecchio che ogni Natale riceve un fiore, te lo ricordi?” “Certamente!” “Vorrei sapere cosa gli è successo”

Eva Gabrielsson: Stieg e io. La storia d’amore da cui è nata la Millennium Trilogy (Marsilio Editori, 2012)

Il vecchio in questione è il potente industriale svedese Henrik Vagner e l’innocente scambio di battute appena citato documenta la genesi di un fenomeno editoriale unico nel suo genere. La bozza di testo a cui si fa riferimento diverrà infatti lo straordinario, folgorante prologo di “Uomini che odiano le donne”, primo capitolo della trilogia “Millennium”. Metto le mani avanti e confesso, a scanso di equivoci: amo profondamente questo trittico di romanzi e considero l’opera di Stieg Larsson un bell’esempio di quel che si potrebbe definire “artigianato di genio”. Sarebbe dunque preferibile abbandonare l’impresa, guardarsi bene dal recensire. Raccontare un amore e provare ad analizzarne le ragioni espone l’incauto commentatore al rischio del giudizio iperbolico, dell’eccessiva partigianeria. Con tutto ciò ho deciso di tentare ugualmente, abbarbicandomi alla speranza che un impeto emozionale sincero possa assurgere, anche solo per un momento, al rango di analisi. Non sono sola, in quest’avventura nel profondo nord: seguo la nobile impronta di Mario Vargas Llosa, Premio Nobel per la letteratura nel 2010, il quale dichiara di aver letto la trilogia larssoniana “con la stessa febbrile eccitazione con la quale da bambino e adolescente lessi Dumas, Dickens e Victor Hugo”. Il paragone non ha nulla di blasfemo ove si consideri che, con buona pace dei detrattori e sotto molteplici punti di vista, la saga in commento è già un classico e occupa un posto di sicuro rilievo nel panorama letterario mondiale. La trilogia Millennium, di Stieg LarssonProviamo a vedere perché. Il primo elemento degno di nota è sicuramente la scrittura. Stieg Larsson coniuga gli ingredienti tipici del thriller poliziesco con l’inchiesta giornalistica; lo stile è asciutto, improntato alla sobrietà, e tuttavia di amplissimo respiro, dal sapore quasi epico. Gli enunciati brevi, i dialoghi vivaci e incalzanti esercitano un fascino irresistibile anche sul lettore più smaliziato e innescano sin dalle prime righe – e per più di milletrecento pagine – il formidabile, prepotente, meccanismo del “devo” (solo un capitolo e spengo la luce ma devo, DEVO sapere cosa accadrà… ). In secondo luogo i protagonisti. Larsson ha dato vita a due personaggi indimenticabili: Mikael Blomkvist, giornalista investigatore al cui sfrontato, animalesco appeal è difficile restare indifferenti, ma soprattutto Lisbeth Salander, la tostissima hacker- guerriera che odia gli uomini che odiano le donne. Le loro solitudini, che al principio della storia sembrano correre su binari distanti, finiranno con l’intrecciarsi indissolubilmente. Mikael è un reporter di talento che sconta sulla sua pelle la scelta di non allinearsi, di non permettere che il giornalismo venga asservito ai cosiddetto poteri forti; attraverso le vicissitudini della redazione di Millennium, la rivista mensile che Mikael ha contribuito a fondare, Larsson ci accompagna nella giungla dei mezzi di informazione mettendone in luce la progressiva deresponsabilizzazione e la potenziale pericolosità. Lisbeth Salander, prodigio dell’informatica e implacabile angelo vendicatore racchiuso in un corpo da eterna adolescente, è “l’incarnazione ideale della morale che impone di agire secondo le nostre convinzioni” (“Stieg e io. La storia d’amore da cui è nata la Millennium Trilogy”, Marsilio Editori, 2012). In nome della morale, secondo Lisbeth (e secondo Larsson), è lecito e persino doveroso trasgredire la legge. Ultima, ma non ultima, l’ambientazione. La Svezia è a tutti gli effetti un personaggio della saga in commento, forse l’autentica protagonista. Larsson dipinge paesaggi spettacolari (istantanee di una Stoccolma livida e seducente, atmosfere bergmaniane – basti pensare all’algida cittadina che fa da sfondo alle vicende narrate nel primo tomo) e al contempo, da vero esperto di problematiche sociali, offre al lettore un’analisi impietosa della società scandinava e, più in generale, della società contemporanea. La trilogia Millennium, di Stieg Larsson“Uomini che odiano le donne” (titolo originale “Män som hatar kvinnor”, Marsilio, 2007), il primo episodio della trilogia, è un romanzo che non esito a definire perfetto e che contiene in sé tutte le ragioni del successo della saga. “Perfetto” non in quanto immune da difetti, ben inteso (ammesso che esista un’opera dell’ingegno fornita di tali caratteristiche!), ma in quanto prodotto di un’incredibile felicità di narrazione, frutto raro e prezioso che testimonia il genio creativo di un autore in stato di grazia. Il menu, del resto, è fra i più succulenti: un mistero – la scomparsa di una donna – che ha radici profonde nel passato (il poeticissimo “caso dei fiori essiccati”); un’indagine mozzafiato che non scontenterà i puristi del giallo tradizionale e chiarirà una volta per tutte che le brutte cose accadono anche nelle migliori famiglie; una storia di ordinaria violenza, struggente e dolorosa, raccontata con delicata maestria. “La ragazza che giocava con il fuoco” (“Flickan som lekte med elden”, Marsilio, 2008) è incentrato sul traffico di prostituzione tra Svezia e i paesi dell’Est e ci fa compiere un salto terribile (e ciò nondimeno affascinante) nel passato di Lisbeth, mentre il terzo capitolo della trilogia, “La regina del castelli di carta” (“Luftslottet som sprängdes”, Marsilio, 2009) indaga l’universo fosco e tentacolare dei servizi segreti. Il finale è apertissimo e, ahinoi, resterà tale. L’improvvisa scomparsa di Stieg Larsson ha scritto assai prematuramente la parola FINE in calce alla storia di Lisbeth e Mikael, lasciando importanti interrogativi in sospeso. Il che non guasta minimamente il piacere della lettura e ci fa amare ancora di più, se possibile, le imperfezioni di questo racconto interrotto.

Simona Tassara - da Fralerighe Crime n. 6



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