Monti inizia a parlare di riforme delle sue stesse riforme, Berlusconi non si candida premier e non candida Cosentino, che pure fa scoppiare il caos in Campania, la cruciale Lombardia è affidata dal Pd a Ambrosoli che ieri Raffaele Cattaneo a Telenova ha definito un buon candidato di centrodestra. Ambrosoli ha orgogliosamente preso le distanze dal Pd in nome della sua lista civica e non è riuscito nemmeno a contrastare efficacemente la propaganda del centrodestra più scassato d’Europa, quello creato da Formigoni. Anche Ambrosoli ha attaccato i lacci e i lacciuoli della burocrazia, dopo anni di illegalità trionfante in Regione. E Bersani invoca Monti per sostenere il candidato che sta compiendo il miracolo di perdere contro Maroni.
I segnali di una tripla desistenza, motivata da più fattori, si moltiplicano, mentre i sondaggi chiariscono che la legge elettorale probabilmente non darà la maggioranza a Bersani al Senato.
Vendola, diventato il pericolo pubblico, la cattiva compagnia del centrosinistra di governo, è spiazzato. Bruno Vespa accoglie nel suo salotto Antonio Ingroia, che come spiega Paolo Mieli sarà un ottimo capro espiatorio per l’eventuale mancato governo Bersani.
Tripla desistenza, voglia veltroniana di annientamento e demonizzazione della sinistra, che sia di governo o no. Ingroia viene presentato come insperato aiuto al cosmo liberale, un voto di testimonianza, anche se è di alternativa.
Oggi però un voto utile non c’è. Le ricette liberali hanno peggiorato la crisi, non hanno curato l’economia sconvolta dall’assenza di indirizzi di governo chiari e durevoli. Le liberalizzazioni in tempo di recessione e con diritti incerti sono persino pericolose. Gli speculatori non aspettano altro.
C’è solo la necessità urgente di una scelta coraggiosa, fuori dal vicolo cieco di Berlusconi e Monti e contro quel Fiscal compact che minaccia di strangolarci dopo anni di crisi umana, non solo economica e politica.
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