La trota che non ho preso è quella di cui non vorrei parlare e probabilmente sarà quella di cui parlerò di più.
La trota che non ho preso è quella a cui non vorrei pensare ed è quella che mi sta ossessionando.
La trota che non ho preso è quella che ho perso ieri. L’ho persa all’ultimo round, dopo furiose tirate al centro del fiume era arrivata davanti ai miei piedi, nella corrente, a valle, si è fatta vedere: fario, 60 centimetri circa, massiccia, alta almeno una spanna, scura, nera sul dorso e giallastra-rossiccia sul ventre. Forse ho esitato un istante: recuperarla in corrente, aprire la frizione o abbattere la canna a sinistra e toglierla dalla corrente per provare a spiaggiarla? Lei ha sentito l’esitazione o più semplicemente ha reagito alla corrente sul muso e di colpo è saltata in alto verso il cielo e verso di me. Immediata l’orrenda sensazione di vuoto sul polso, il cessare della trazione a cui fa seguito il tonfo in acqua e lo stringersi del mio stomaco. Potrei sprecarmi in parole su come sia comunque bello così… su quanto sia comunque felice del fatto che questa volta ha vinto lei… sarebbero palle! Sono incazzato nero perché in quel momento ho sbagliato qualcosa e sono depresso da morire per non averla potuta misurare, fotografare, guardare da vicino e infine rilasciarla. Era di gran lunga il mio record di fario e non so quando mi ricapiterà un’abboccata simile, escludendo ovviamente le costose riserve e le trote pollo!
Già perché la trota che non ho preso è una regina dell’alto Sesia, non una meretrice d’acqua a pagamento, con tutto il rispetto per qualsiasi simpatica trotona del mondo.
La trota che ho perso l’ho “quasi presa”… e sappiamo tutti che quel quasi non vuole dire proprio nulla, anzi, è solo una beffa più grande. Una partita persa al 90° è una partita persa, non è una partita quasi vinta… tutto il contrario!
Chi non è malato di pesca non capisce quanto siano importanti questi eventi: la grande cattura presa e quella scappata. Ci vedono stranamente euforici e soddisfatti della vita, sornioni e superbi, oppure ci vedono spenti, con gli occhi piantati nel vuoto, a volte persino con sonni agitati… fino alla prossima sveglia in cui saltare dal letto e cercare conferme o vendette. Se spiegate loro che vi sentite così per via di un pesce preso o perso… vi prenderanno per pazzi.
Oggi non ho voglia di raccontarvi tutta la giornata di ieri nei dettagli, diciamo che è stata una giornata tranquilla, iniziata con il primo lancio solo alle 10.30 del mattino.
La mattina in basso Sesia ha avuto come unico brivido un barbone infilzato… no, non mi sono dato al teppismo criminale, intendo che ho infilzato con un rapala due centimetri dietro la pinna dorsale un grosso barbo!
Nel pomeriggio tra pioggia leggera e schiarite ho preso una decina di trote, tutte fario tutte sotto i 30 centimetri. Ne ho fotografate velocemente un paio, per cronaca.
Alle 18.00 circa stavo pettinando da diversi lanci un tratto piano, un fondo lama veloce, con recuperi lenti di ondulante oro da 22gr, c’era un pescatore a ninfa poco a monte e si era appena allontanato. Cominciavo a non crederci più tanto quando è iniziato deciso il canto della frizione; tarata sullo 0,27 è stata una bella botta sul polso e un bel recupero adrenalinico, per la forza dell’abboccata e per la fermezza del recupero mi sentivo molto sicuro, mi sembrava di “avercela”… sicuro della buona attrezzatura, del filo nuovo, dell’ancoretta cambiata… E’ saltata e questo ricordo diventa sempre più grande, sempre più ingombrante. Un pescatore ha detto: “non vado a pescare per i pesci che ho preso, ma per quelli che ho perso”. Credo abbia ragione, una grande cattura persa ci coinvolge molto di più, ci soggioga, ci spinge a fare meglio, a capire qual’è stato l’errore, ci motiva a migliorarci. Non solo. E’ un evento molto intimo, non lo puoi condividere. Puoi sfogarti sulla tastiera e scrivere in internet, puoi sprecarti in racconti da bar con gli amici, ma in fondo solo tu sai com’era bella quella trota, quanto fosse forte e combattiva, solo tu sai quanto diavolo era grande e forse, con il passare del tempo, nemmeno tu lo saprai più tanto bene… perché il pesce che è scappato continua a crescere, in acqua e nei nostri ricordi.
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