Ci sono cose che sarebbe meglio non fare, se si tiene alla propria serenità. Per me una di queste è leggere qualsivoglia scritto di Massimo Fini. Tuttavia a volte mi ritrovo a farlo, con un atteggiamento che è un misto di masochismo, rassegnazione e curiosità morbosa. Non potevo quindi esimermi dal leggere l’articolo pubblicato sulla testata on line da lui diretta e dal nome immaginoso: La Voce del Ribelle. Parla delle recenti proposte di riesame della legge che regola l’interruzione volontaria di gravidanza in Turchia. Massimo Fini è islamofobico come pochi, oltre che noto nemico di ogni causa che puzzi di rivendicazione dei più basilari diritti delle donne. Mi stavo chiedendo, come avrà affrontato questo argomento senza pestarsi i piedi da solo? L’articolo parte ironizzando su una non meglio definita “destra mulino bianco”, colpevole di non osteggiare un’apertura europea per la Turchia. “Vedi le proposte antiabortiste in esame al parlamento turco, che se fossero presentate in Italia li farebbero prorompere in isteriche indignate reazioni”. Dunque i mulini bianchi possono pure iniziare a prorompere perché la prossima settimana, il 20 giugno, la Corte Costituzionale si dovrà esprimere sulla compatibilità della 194 con la Costituzione italiana. Certo, non si tratta della proposta di abolizione o modifica di una legge, in ogni caso la 194, approvata in Italia da 34 anni, è sotto tiro praticamente dallo stesso tempo. Inutile far finta che questo capiti solo in casa d’altri.
Ovunque la sovranità delle donne sulla maternità è l’argomento sempre attuale per i movimenti e partiti conservatori. Perché questo è l’Akp; un partito conservatore di ispirazione religiosa, alla guida di un governo laico di un paese a maggioranza musulmana. Complicato, eh? Erdogan non è un laico né un “islamista radicale” così come vaneggiato alcune righe dopo. Pur non nutrendo particolari simpatie per le scelte del primo ministro turco, credo che il pensiero di Massimo Fini sia un’arma troppo spuntata per affrontare con criterio argomentazioni così complesse. Ho cercato in rete informazioni più attendibili sulle motivazioni di questo provvedimento e ho trovato indizi su tutto e sul contrario di tutto: sul quotidiano Akşam il professor Aribogan, docente di relazioni internazionali all’Università di Istanbul avrebbe, inquadrato la proposta come tentativo di bilanciare la natalità turca, in calo, con la crescita della popolazione dell’est del paese, a maggioranza curda. Quindi una ragione di natura politica, più che di natura religiosa o morale. Il sito Arabpress è del parere diametralmente opposto: “Il fatto che Erdogan abbia usato, come termine di paragone per l’aborto, l’eccidio di Uludere, potrebbe non essere casuale. Allo stesso tempo, infatti, il Primo Ministro riconosce che quell’episodio è stato un atto da condannare apertamente – pur se commesso dallo Stato – e si appella indirettamente ai cittadini del Kurdistan. In tal modo, Erdogan cercherebbe una riconciliazione con la comunità curda e spererebbe in un appoggio da parte di quest’ultima nella battaglia contro l’aborto, confidando nel fatto che tradizionalmente si tratta di una popolazione rurale e conservatrice”.
Personalmente la trovo una lettura fantasiosa ma almeno rivela una volontà di analisi meno grossolana e parziale di quella di Fini, per la quale pare tutto bianco/nero, buono/cattivo, laico/islamico. Purtroppo queste sono le uniche interpretazioni che passano, di una realtà sociale e politica complessa come quella turca. Peccato, perché a saperne di più potremmo trovare stimoli di riflessione utili, anche per capire meglio cosa accade da noi. Ho scoperto che la gran parte dei cittadini turchi (un sondaggio dice il 54,5%) non gradisce la proposta di modifica della legge. Intanto, a casa nostra, dove siamo laici e nessuno è musulmano, il prossimo 20 giugno la Corte Costituzionale discuterà di “diritti dell’embrione”. La sua decisione potrebbe avere conseguenze sull’impianto della legge 194 e, se si riaprirà la battaglia in Parlamento, pare che Udc e Pdl abbiano già presentato sei diverse proposte di modifica (Ci sarà qualche islamista radicale anche tra le loro fila? O nemmeno noi possiamo fregiarci del titolo di Europei? ). In Turchia i movimenti delle donne si sono mobilitati e ci sono state manifestazioni a Istanbul e in altre città. Da noi, anche da parte delle frange più consapevoli, ci stiamo muovendo sul fronte degli appelli a firma di intellettuali e con gli hashtag su Twitter. Conoscere meglio gli altri, a volte, servirebbe. Capire quello che sta accadendo da noi, pure.