Ringrazio la collega Marta Ottaviani, che sul suo blog offre spesso deliziosi e agghiaccianti spunti per la mia rubrica sui pregiudizi che gli italiani hanno sulla Turchia:
Nei giorni scorsi mi sono trovata per lavoro dalle parti della Bagdat Caddesi. Non voglio più sentire dire nulla sulla commercializzazione di zone come Taksim o Beyoglu, mi scoccia veramente constatare che lì di turco non è rimasto veramente niente. Nemmeno la gente, mi sa, ho sentito parlare più persone in inglese e russo, due lingue che conosco molto bene e chissà quante altre ce n’erano. Mi sono onestamente chiesta quanta miseria ci sia dietro quei negozi sfavillanti e quei ristoranti sul mare.
Che poi, è liberissima di scrivere tutte le sciocchezze che vuole (che la Turchia non vuole più entrare nell’Unione europea, che la Turchia è alleata dell’Iran, etc. etc.): il problema è che – per colpa di queste sciocchezze – poi chi la legge si fa delle strane idee. Io ci vivo, su Bağdat Caddesi; ed è vero: dalle mie parti ci sono negozi e ristoranti eleganti, parchi e palestre, caffé alla moda e rivenditori di auto di lusso. Ma che vuol dire che tutto ciò non è ‘turco’? Ma la collega forse non sa che Istanbul è sempre stata una città cosmopolita? Cazzo, ci sono persino due chiese vicinissimo a casa mia: ma bruciamole o buttiamole giù, no? Tanto mica sono turche, una l’hanno costruita i greco-ortodossi e l’altra gli assunzionisti francesi: mica erano turchi! Anzi, proporrei di tagliare la lingua a tutti quelli che parlano russo o inglese (o anche italiano): mica ci si comporta così! Comunque, no: qui gli stranieri sono davvero pochi, l’area è abitata quasi integralmente da turchi della media e alta borghesia; ma forse per Marta Ottaviani i turchi non possono vivere nella raffinatezza e nella modernità (che, certo, comporta anche complessi residenziali orribili e negozi/ristoranti che antepongono la presentazione alla qualità)?
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