La vera protagonista di questo romanzo è la morte. In tutte le sue forme.
È la morte che prende per mano la sua prossima vittima e la conduce al riposo eterno. È la morte che falcia chiunque e sotterra i corpi senz’anima degli uomini, dei vecchi, delle donne e delle bambine. È la morte che è sempre presente: costante, omessa, ma sempre partecipe.
Tale premessa lugubre potrebbe far pensare ad un libro triste e intriso di dolore. Ma non è così. La valle delle donne lupo è un testo che, in più punti, si tinge d’ironia graffiante e insolita, che spinge il lettore a proseguire una lettura che, seppur brillante, spesso sembra essere frenata dalla mancanza di un’unica e solida ossatura narrativa.
Ad ogni modo, Laura Pariani ha dimostrato di essere un’eccellente narratrice. Ha ribadito, con questo nuovo volume, di saperci fare con la penna. In questo libro, non ha dato vita ad una sola storia, ma ha scritto tanti piccoli e bellissimi ricordi; ha riportato su carta vecchie e struggenti tradizioni popolari, detti, credenze e leggende, collegandole tutte attorno al bizzarro personaggio di Fenísia.
L’ambientazione è l’alto Piemonte. Lì, nella valle di Paese Piccolo, vive Fenísia, custode del cimitero, di cui la sua famiglia si prende cura da sempre. È una donna sola, e un giorno racconta le sue frastagliate memorie ad un’altra donna di nome Laura, che le raccoglie con il suo registratore.
Fenísia è nata nel 1928 ed ha avuto una vita segnata da soprusi e violenze; è vissuta all’ombra della povertà e dell’ignoranza ed è stata vittima di un mondo dove nascere donna rappresenta una vera sfortuna, dove l’uomo è al centro di tutto e la donna è considerata quasi inferiore: «Agli uomini il sudore e alle donne il dolore».
Circondata da altre strane e affascinanti figure femminili, Fenísia vive tra le lapidi e i catafalchi; fa la becchina e vede la zia cucire cuscini viola o bianchi, a seconda del caso. Grisa, la cuginetta, viene spedita in manicomio; la nonna, Malvina, le insegna i segreti delle erbe; lei per una stagione lavora come mondina e per quattro anni viene internata in collegio: tutte le donne di casa subiscono le violenze di Biâs, il padre. Queste, e tante altre piccole storie di vita quotidiana, danno vita ad un lavoro ben fatto. Gli aneddoti sono raccontati con grazia e stile, in un misto di italiano e dialetto che conferisce al libro quel qualcosa in più che lo rende speciale: l’intervistatrice è la “sciura milanese”; il lavoro della famiglia di Fenísia è quello dei “sotterramorti”; la sua “stranezza” la fa diventare una “balenga”; e così via.
La valle delle donne lupo trasmette anche due messaggi forti.
Il primo è quello della vendetta. Le “donne lupo”, le streghe, le donne solitarie, e ancor di più quelle diverse che non si adeguano alla cultura tradizionale e si spingono controcorrente, possono sfuggire a certe situazioni diventando lupo. Trasformandosi. Vendicandosi, appunto.
Il secondo riguarda, invece, la morte. Leggendo il testo della Pariani si comprende come il noto detto «non bisogna aver paura dei morti, ma dei vivi» sia la pura verità. Fenísia, infatti, vive tra lapidi e pietre sepolcrali ed impara ad accettare la morte come un evento legato a filo doppio alla vita. Ma impara anche a riconoscere il male che, nella sua storia, s’incarna nelle violenze e nei maltrattamenti degli altri; un male che, tuttavia, lei accetta e sopporta.
Al di là della trama e dei messaggi contenuti nella storia, il libro, edito da Einaudi nel 2011, è ben scritto. Lo stile utilizzato da Laura Pariani è piacevole e la lettura scorre in maniera fluida. Non è un libro che si rifà ai canoni moderni della scrittura creativa; non c’è suspense, ma è pur sempre un gioiellino da leggere con piacere. Strappa un sorriso in più di un’occasione ed è capace di rievocare un mondo isolato e lontano, quasi dimenticato.
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