Posto che non è la ricchezza ad essere immorale ma la differenza tra la gente comune e i ricchi, e questo lo accettiamo come principio di base, dobbiamo però assumere o, almeno, considerare come un dato di fatto che la nostra società è così strutturata e non possiamo certo pretendere di cambiarla oggi, né che la cambi questo governo. Potremmo augurarci che la base del cambiamento venga dalla sinistra politica, da quel PD che avrebbe dovuto (uso il condizionale passato per un preciso motivo) inaugurare una grande stagione di cambiamento e che invece giace ancora in un limbo senza una identità definita.
Allora non ha senso accusare di “troppa ricchezza” i nostri ministri. Dobbiamo supporre che siano ricchezze guadagnate onestamente, dobbiamo supporre che gli obblighi verso la società siano stati adempiuti, dobbiamo supporre che, riguardo il loro reddito, i nostri attuali governanti siano senza peccato. Dobbiamo farlo perché non abbiamo prove contrarie.
Se è immorale la differenza di reddito tra le classi sociali è moralismo da quattro spiccioli questo processo mediatico, strumentale e strumentalizzato da chi sa bene come muovere questi meteorismi sociali qualunquisti. Non bisogna caderci. Giudichiamo il governo sul suo operato e non sul reddito dei ministri. Operiamo affinchè il prossimo governo, che ci auguriamo non sia dello stampo di quello avuto fino a ieri, finalmente inizi un processo di rinnovamento sociale che porti a una maggiore equità. Ma per ora cerchiamo di uscire dalla palude dove Re Silvio e i suoi seguaci ci hanno gettato e dove continuano a spingerci con le loro malefiche chiacchiere.
Siamo migliori.
Luca Craia