Il termine che tutti oggi conosciamo deriva dal latino vindemia, ossia vinum e demo che insieme indicano la raccolta dell’uva. La vendemmia è un rito che solitamente si compie tra luglio ed ottobre. È una pratica molto antica effettuata già dai greci. Secondo una leggenda un giovane satiro, di grande bellezza, chiamato Ampelo morì ancora nel pieno della giovinezza, nei dintorni del fiume Patolo, ucciso da un toro inferocito inviato da Ate, figlia maggiore di Zeus e di Eris, dea della discordia. La magica creatura era però amata da Dionisio che, straziato dal dolore, decise di seppellirlo versando nelle sue ferite l’ambrosia, il nettare degli Dei. Zeus, mosso a compassione dall’amore della divinità trasformò Ampelo in un vitigno da cui pendevano succosi grappoli. Dionisio, attirato da cotanta bellezza, li raccolse e spremendoli con le dita ottenne una nuova bevanda: il vino. Da questo momento tutti i greci, durante ogni ottobre, si dedicavano a ripercorrere le orme di Dionisio al suono dell’oboe che stimolava lo spirito. I grappoli venivano pestati a lungo con i piedi in un grosso catino di legno, dal fondo leggermente inclinato affinché il liquido colasse attraverso il beccuccio in un vaso sottostante. La fermentazione in tini non era praticata, quindi la conservazione del vino era molto difficile e di conseguenza si preferiva consumarlo quanto prima. Le viti venivano poi potate in gennaio e sarchiate il mese successivo.
vendemmi nell’antica Grecia
La pratica della vendemmia e del consumo del vino fu portata in Italia dai greci, con la colonizzazione della parte meridionale della penisola (fine VIII secolo a.C. circa). Fu in questo momento che gli italici appresero l’arte del vino, con la lavorazione delle viti che crescevano selvatiche nel fertile territorio del Sud. Questa tecnica fu appresa anche dai romani, infatti, questi ultimi organizzavano delle grandi celebrazioni in onore di Bacco, il corrispettivo di Dionisio. E fu proprio durante una di queste feste autunnali che secondo Orazio nacquero la commedia greca e latina.
vendemmi nell’antico Egitto
Il vino però non fu scoperto dai greci, ma fu un prodotto particolarmente apprezzato anche dagli egizi secondo i quali berlo significava nutrirsi delle divinità. Non di rado si sono scoperte all’interno delle loro tombe otri che servivano a conservare questa bevanda al defunto. Le pitture murali presenti nelle piramidi hanno anche rivelato il processo attraverso il quale gli egizi riuscivano a ottenere il vino. Irrigavano le viti e quando l’acino raggiungeva un certa maturazione, raccoglievano i grappoli per pigiarli. Infine filtravano il mosto facendolo passare attraverso alcune tele dalle quali travasava in altri recipienti. Sono stati scoperti anche i metodi che utilizzavano che farlo fermentare, maturare e conservare. Questo raffinato processo di elaborazione era seguito dagli scriba che si occupavano anche di sigillare i recipienti di argilla che poi dovevano contenere il vino. In base a questi sigilli si stabiliva la qualità del vino. Generalmente gli egizi insaporivano la bevanda con spezie o miele. Grazie alle pitture si è scoperto che producevano principalmente vino rosso, ma facevano fermentare anche il succo di palma utilizzando i datteri o altri frutti. I centri vitivinicoli più importanti si trovavano vicino ad Alessandria, ma anche lungo la costa occidentale al confine con la Libia, nelle oasi di Dakhla e Kharga, e a Cinopoli, nel Medio Egitto. Con il passare del tempo la lavorazione del vino e la relativa vendemmia diventò un’occupazione tipica dei sacerdoti. I tempi e le popolazioni sono cambiate, eppure sembra proprio che questa pratica sia destinata a essere esercitata per ancora molti e molti anni.
Fonti: Jean-Robert Pitte, “Il desiderio del vino. Storia di una passione antica”, Bari, Dedalo, 2010
Cesare Beccaria, “Della commedia presso i Greci, i Latini, e gl’Italiani: studii”, Torino, Ermanno Loescher, 1874
Giovanni Caselli, “Gli antichi greci”, Milano, Giunti, 1997
Tim Unwin, M. Baiocchi, “Storia del vino. Geografie, culture e miti dall’antichità ai giorni nostri”, Roma, Donzelli, 1993