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"La Vera Filosofia deve essere Idealista" di Arthur Schopenhauer

Da Risveglioedizioni
Risveglio Edizioni, Libri, Spiritualità, Meditazione, Medicina, Cosmologia, Arte, Filosofia, Ufologia, Federico Bellini, Ambra Guerrucci, Osho, TV “Il mondo è la mia rappresentazione”: ecco un principio che come gli assiomi di Euclide ognuno deve riconoscere come vero non appena lo intende (anche se non ognuno che lo sente lo intende)...
Avere portato a consapevolezza questo principio ed aver collegato ad esso il problema del rapporto tra l’ideale e il reale ossia del mondo della testa con il mondo fuori della testa costituisce insieme con il problema della libertà morale il carattere che distingue la filosofia dei moderni. Fu infatti solo dopo che lungo i millenni s’era proceduto nel filosofare in modo oggettivo soltanto che si scoprì che tra le molte cose che rendono il mondo così misterioso e pensabile la cosa più vicina e prima è questa che la sua esistenza per quanto sia immensa e massiccia dipende tuttavia da un unico sottile filo: e questo è la coscienza temporanea nella quale esso esiste. Questa condizione da cui è irrevocabilmente affetta l’esistenza del mondo le imprime nonostante tutta la realtà empirica lo stampo dell’idealità e quindi del semplice fenomeno essa deve pertanto essere riconosciuta almeno da un lato come affine al sogno ed essere collocata nella stessa classe del sogno. È infatti la stessa funzione del cervello che durante il sonno produce per incanto un mondo perfettamente oggettivo evidente tangibile anzi e che durante la veglia si rappresenta il mondo oggettivo. Entrambi i mondi sono dunque anche se diversi dal punto di vista della loro materia fusi da una sola forma. Questa forma è l’intelletto la funzione del cervello. Verosimilmente fu Cartesio il primo a raggiungere quel grado di riflessione che quella verità fondamentale richiede e a farne anche se solo provvisoriamente in forma di riflessione scettica il punto di partenza della sua filosofia. In verità Cartesio avendo assunto come unicamente certo il cogito ergo sum e avendo posta invece provvisoriamente l’esistenza del mondo come problematica trovò l’unico valido ed essenziale punto di partenza ed insieme il vero punto di appoggio di tutta la filosofia. Questo cioè è in maniera essenziale e indispensabile il soggettivo la propria coscienza. Infatti solo questo è e rimane l’immediato: tutto il resto qualunque esso sia è trasmesso e condizionato da quello ne è dunque dipendente. È allora giusto far cominciare la filosofia dei moderni da Cartesio come da un padre. [...] La vera filosofia deve dunque in ogni caso essere idealista: anzi deve esserlo se vuole semplicemente essere onesta. Perché niente è più certo che nessuno può mai uscire da se stesso per identificarsi immediatamente con le cose distinte da lui: bensì tutto ciò che egli conosce con sicurezza cioè immediatamente si trova dentro la sua coscienza. Fuori di questa pertanto non vi può essere una certezza immediata: i primi principi fondamentali di una scienza però debbono possedere tale certezza immediata. Per il punto di vista empirico delle altre scienze è convenientissimo assumere il mondo oggettivo come semplicemente esistente: non così per quello della filosofia, che come tale deve risalire ai principi e alle origini. Solo la coscienza è data immediatamente perciò il fondamento della filosofia è limitato ai fatti della coscienza: ossia essa è essenzialmente idealistica. Il realismo che trova credito presso l’intelletto incolto perché si dà l’aria di essere aderente ai fatti prende addirittura come punto di partenza un’ipotesi arbitraria ed è perciò un edificio di vento campato in aria perché sorvola o rinnega il primissimo fatto: che cioè tutto ciò che noi conosciamo si trova nella coscienza. Infatti che l’esistenza oggettiva delle cose sia determinata da qualche cosa che le rappresenti e che per conseguenza il mondo oggettivo esista soltanto come rappresentazione non è un’ipotesi e tanto meno una sentenza arbitraria o addirittura un paradosso posto per amore di discussione; ma è la verità più certa e più semplice la cui conoscenza viene resa difficile solo dalla sua troppa semplicità e perché tutti non hanno sufficiente riflessione per risalire ai primi elementi della loro conoscenza delle cose. Non può mai esservi un’esistenza oggettiva assolutamente e in se stessa; anzi una tale esistenza è addirittura impensabile: perché ciò che è oggettivo come tale ha sempre ed essenzialmente la sua esistenza nella coscienza di un soggetto del quale è quindi la rappresentazione determinata per conseguenza dalla coscienza e dalle sue forme rappresentative che come tali appartengono al soggetto non all’oggetto. Fonte: "Il Mondo come Volontà e Rappresentazione"

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