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Da qualche settimana avevo “dentro” un articolo da scrivere. Me ne è mancato il tempo e la rabbia è un po’ sbollita, forse è meglio così.
Mi sono trovata spesso nella situazione di essere criticata per le mie scelte su temi delicati quali il parto in casa, le vaccinazioni pediatriche, l’allattamento… all’inizio le difendevo senza se e senza ma, dedicavo ore e ore, serate e notti intere a rispondere fiumi di parole in blog, forum, gruppi su Facebook… Poi mi sono resa conto che la maggior parte di chi scrive in rete, ma anche di chi trovi in giro per strada e con cui ti fermi a fare due chiacchiere, non ha nessun interesse ad ascoltarti, ad approfondire, a dibattere. Così ho capito che questo tempo non lo stavo “dedicando”, lo stavo sprecando.
Ho smesso, non è stato facile perché abbandonare una conversazione, seppur virtuale ci fa credere di aver abbandonato la “battaglia”. Adesso scrivo la mia, ma poi, se capisco l’aria che tira, lascio. C’è una marea di gente che ha la verità in tasca. Io no.
Ho fatto discussione nella stessa settimana in due luoghi diversi sulle vaccinazioni pediatriche. Su Facebook, un papà che ammiro molto aveva scritto un post velenoso contro chi non vaccina i figli. I commenti erano anche peggiori dell’articolo: tutti quelli che non vaccinano i figli sono ignoranti, incoscienti, folli, mine vaganti per la società. Il papà in questione si è poi scusato, non per la sua idea (e ci mancherebbe) ma per i modi in cui era stata espressa. Dall’altra parte, a pochi giorni di distanza, in un forum, ho letto una interpretazione un po’ troppo fra le righe di un articolo in favore delle vaccinazioni pediatriche per cui chi sostiene le vaccinazioni è sicuramente coinvolto nel grande complotto delle case farmaceutiche.
Beati voi, ho risposto ad entrambi gli schieramenti, beati voi che avete la verità in tasca. Io ho fatto tanti ragionamenti, prima di scegliere di non vaccinare e prima di scegliere di farlo, ho valutato un sacco di cose prima di scegliere di partorire in casa, ho sempre messo in dubbio ogni cosa che facevo, ogni mia scelta, prima e dopo averla fatta. Ho corretto così tante volte il tiro che se penso a come ho fatto la mamma con la mia prima figlia vorrei tornare indietro e rifare tante cose, farle meglio.
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Io la verità non la so, non so nemmeno se esista. Io ho l’esperienza dalla mia. Un’esperienza che mi ha insegnato prima di tutto che quello che è giusto con un figlio può non esserlo con l’altro, che quello che è sbagliato oggi potrebbe funzionare domani. Che se ho commesso un errore posso evitare di ripeterlo all’infinito, ammettere la cosa e cambiare strada.
Il problema di queste guerre, perchè non si può parlare di discussione e/o dibattito quando gli interlocutori si offendono e si snobbano a vicenda, è che manca la sicurezza in ciò che si fa. E allora si attacca… come raccomanda il detto “la miglior difesa è l’attacco”, no? Non ragiono su ciò che faccio, lo faccio perché sì, perché me l’hanno detto gli altri, perché lo fanno tutti. E quindi se qualcuno osa mettermi in discussione l’unico mezzo che ho per rispondere è l’offesa. Io faccio giusto = tu fai sbagliato.
Non sempre mi arrabbio quando incontro queste situazioni, a volte mi intristiscono e basta. Spesso vedo genitori disorientati davanti a scelte educative, combattuti tra il loro istinto e i modelli imposti dalla società. Lascio che mio figlio pianga anche se questo mi spezza il cuore perché “deve” abituarsi a dormire da solo. Vado fuori con il mio compagno e lascio il bimbo di poche settimane con la baby-sitter perché “dobbiamo” riprenderci i nostri spazi. Piango tutta la sera, ma è giusto così. Per chi? Perché? Forse se certe scelte ci fanno stare così male nel profondo è perchè vanno contro il nostro istinto.
Come ho appena scritto io ragiono sulle scelte che faccio e quando mi trovo di fronte a chi le mette in dubbio ho argomentazioni da portare. Sono quelle alle quali sono giunta ponendomi dubbi e domande. Prima e dopo le scelte. E così il confronto mi piace, mi stimola, mi offre altri punti di vista e spunti per migliorare ancora.