“Il fatto che la violenza sia universale non implica che non sia violenza” (Pierre Bourdieu)
Seungyea Park, “Blind Me Not”
La Giornata contro la violenza maschile sulle donne che si celebra il 25 novembre dovrebbe rappresentare un momento di riflessione riguardo al complesso e ampio tema della violenza subita dalla donne. Questa giornata ci dovrebbe dare modo non solo di richiamare l’attenzione sul numero altissimo di donne uccise dall’inizio dell’anno nel nostro paese, ma ci dovrebbe anche far riflettere per estensione su quelle forme di violenza più subdole e nascoste che le strutture istituzionali del nostro paese esercitano nei confronti delle donne.
Il Report delle Nazioni Unite sulla violenza sulle donne, le sue cause e le sue conseguenze redatto da Rashida Manjoo dopo la sua visita in Italia nel gennaio 2012, sottolinea come il femminicidio e la violenza domestica siano un’emergenza nel nostro paese, tuttavia ricorda anche come non siano le uniche forme di violenza che subiscono le donne in Italia.
Rispetto alla “questione femminile”, a livello economico, sociale e culturale, il nostro paese sconta un ritardo vergognoso rispetto a molti altri paesi europei (e non solo), riflesso di un più ampio ritardo in merito all’accesso effettivo all’esercizio dei diritti civili di quelle fasce di popolazione che non sono identificabili con il maschio adulto bianco eterosessuale. Le donne sono la prima (perché più ampia) fetta di popolazione che non gode appieno dei diritti che sulla carta le vengono assegnati. Ovviamente le forme di violenza subite dalle donne divengono maggiori e ancor più schiacciati quando si tratta di soggetti che subiscono altre forme di discriminazione oltre a quella di genere, ovvero le donne immigrate, le donne di etnia Rom e Sinti, le donne disabili e le donne detenute.
Dal punto di vista economico la violenza si riflette sulla maggiore difficoltà di accesso al mondo del lavoro che le donne
Seungyea Park, “Enforce Insight”
scontano a discapito degli uomini, e tale violenza si concretizza in fenomeni come quello delle dimissioni in bianco, della differenza di retribuzione, dei licenziamenti dovuti ad una gravidanza, licenziamenti facili perché permessi da contratti che precarizzano il lavoro. La violenza economica subita dalle donne è legata anche alla mancanza di welfare, di supporto nella maternità e nella cura dei figli.
A livello socio-culturale inoltre, i radicatissimi stereotipi di genere con cui le donne vengono percepite e rappresentate costituiscono un’ulteriore forma di violenza, prova ne è il generalizzato sessismo nei media. L’accesso all’istruzione, inoltre, è ancora limitato per molte donne, o costretto in percorsi considerati “femminili”.
Il World Economic Forum nel Report relativo al Gender Gap ha fatto slittare l’Italia dal 74° all’80° posto della sua classifica, segno evidente del fatto che a livello di politica istituzionale nulla si è fatto per migliorare la situazione. Dai rapporti degli organi internazionali emerge come la violenza e la discriminazione nei confronti delle donne sono considerati un fatto endemico e ben radicato in Italia, di cui il femminicidio e la violenza fisica non sono che gli esiti più terribili ed evidenti. L’aumento di femminicidi e di violenza non può non essere collegato e considerato un effetto sintomatico di una violenza più ampia e diffusa nei confronti delle donne.