La violenza sulle donne aumenta ogni giorno

Creato il 23 novembre 2012 da Giornalismo2012 @Giornalismo2012

- Di Carmen Gueye

Domenica si celebra la “giornata della violenza sulle donne”.

Non ce ne dovrebbe essere bisogno, in teoria.

Noi siamo per un mondo dove ognuno possa farsi valere per le sue capacità, poche o tante che siano, e si condanni la violenza sempre e per tutti, a prescindere dal genere, ma… è un fatto che esiste un’emergenza e sfidiamo chiunque a negarlo.

Restiamo in Italia. La cronaca parla chiaro.
Alcuni omicidi sono stati enfatizzati per le circostanze particolarmente crudeli o la giovane età o l’inspiegabilità assoluta dell’accaduto: ci riferiamo a Melania Rea, Sarah Scazzi, Yara Gambirasio, per esempio: narrazioni molto appetite dai media, su cui alcuni programmi campano per puntate e puntate.

E quando affermiamo che simili vicende sono particolarmente incomprensibili, non diamo certo giudizi di disvalore, né è nostra intenzione stilare classifiche di maggiore o minore colpevolezza. Semplicemente ricordiamo che una volta la violenza maschile era quasi tollerata, per l’obiettiva arretratezza del nostro paese, dove alcune leggi tendevano a “perdonare” il reo ( si pensi al delitto d’onore, abolito solo una quarantina di anni fa); oppure si sviluppavano in un contesto di ignoranza insita dell’ambiente ( un compagno alcolizzato o deviato psichico, l’ambito della prostituzione o della droga), dove la situazione estrema esponeva la donna a una fine prematura per mano assassina.

Oggidì invece i delitti, quasi a cadenza settimanale o peggio, si verificano, e con modalità di un’efferatezza che definiremmo fantasiosa, dove meno te lo aspetteresti: una coppia apparentemente felice, ragazzine spensierate e non necessariamente “disinvolte” né dedite a uso di sostanze, anzi spesso amabili, amanti degli animali e dai semplici sogni, casalinghe già nonne, anziane perfino!

Nel tempo le teorie di origine psicologica, o psicanalitica, si sono sprecate. Noi modestamente abbiamo l’impressione che il maschio italiano soccomba alla sua fragilità, dinanzi alle trasformazioni sociali.

Dal mondo contadino, a quello industriale e post industriale, fino alla società mediatica, dove l’edonismo viene venduto come stile di vita aperto a tutti, mentre tale non è, e dunque la carne in esposizione fa pensare a un “fuori” dove tutti se la spassano, tranne pochi disperati; dove la disoccupazione rende l’uomo non più protagonista della vita familiare e le frequenti separazioni sembrano fomentare l’odio tra ex ( oggi esistono movimenti maschili che accusano la magistratura di favorire troppo le madri nell’affidamento dei figli), insomma, non abbiamo più un’identità maschile di riferimento, se non qualche politico rampante in genere poco affidabile o personaggi dello spettacolo che sembrano tanto più pazzi quanto più lauree hanno in tasca, o ancora ruffiani dei potenti che venderebbero l’anima al diavolo.

Rimpiangere il passato? Non è il caso. Le donne, sempre e solo loro, dovranno cercare il riscatto da questo assalto maschile, che comprende anche l’infanticidio, le molestie in famiglia o lo stupro psicologico, che può sfociare nel probabile delitto. Si pensi all’ultima agghiacciante storia da film noir, in cui madre e figlia sono state ritrovate, ormai scheletri, seppellite nella casa del rispettivo marito e padre: che non è, si badi, un povero emigrato analfabeta, ma un medico, già direttore di un carcere di grandi dimensioni come quello di Poggioreale. E la memoria va altresì alle gemelline Shepp, eliminate da un marito deluso, anch’egli in possesso di solide referenze intellettuali e un retroterra multiculturale nordeuropeo.

Forse, ma è solo una speranza chissà, la donna dovrebbe contare meno sul fascino fisico, d’altronde di breve durata e ricominciare a porsi per quello che è, nella sostanza e non solo nella forma. Non è un atto d’accusa, ci siamo cadute in molte, ma le conseguenze sembrano essere letali. E’ solo un ben piccolo consiglio, di quelli che porta l’età matura. O ancora, limare una certa arroganza femminile, come quella di certe generalesse inebriate da quel poco di potere che i maschi hanno “ammollato” per tacitarle, la quale suscita reazioni che, esecrabili, condannabili senza remore, pur si devono tenere da conto: non si possono ignorare, siamo noi a rischiare.

E, magari, anche, ritrovare , anzi cercare, perché ancora par che manchi, una forma di solidarietà tra donne, almeno quando l’età lo imporrebbe perfino e non scannarsi per il primo bellimbusto che passa, evitare di bamboleggiare in eterno, cercare anche per lui una seconda vita quando una non occupazione o un pensionamento vissuto male ( che tra gli uomini è frequente) porta a ingigantire delle nevrosi, potrebbe giovare.

Un lavoro che, qualcuno potrebbe obiettare, rimane come sempre tutto sulle nostre spalle femminili: ma ricordiamoci che queste spalle hanno portato la legna e l’acqua, i bambini e i covoni di grano e tuttora reggono qualche continente, si pensi all’Africa o alle migranti che mantengono intere famiglie, là da dove sono arrivate senza nulla a corredo che le loro mani. E’ solo nel nostro interesse: conviene tentare?


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