La vista da lì

Creato il 27 settembre 2014 da Malvino

Lo schema riprodotto qui sopra è tratto da Elementi per una teoria dei media (1970) di Hans Magnus Enzenberger (insieme ad altri saggi, in: Palaver, Einaudi 1976 – pagg. 79-113), e costringe a un riso amaro: ai tempi in cui internet non c’era, si immaginava che qualcosa come internet avrebbe emancipato le masse. Prima di ogni altra considerazione, però, c’è da chiedersi se questa inferenza sia lecita. È un medium, internet? Mi pare sia impossibile negarlo. Risponde alle caratteristiche descritte nella colonna a destra nello schema? Direi di sì. Bene, ha emancipato le masse? Qui la risposta non può essere altrettanto scontata. In fondo, è solo da vent’anni che internet è alla portata di chi voglia servirsene, dunque potrebbe essere troppo presto per escludere che sia in grado di farlo. Ma si ha qualche indizio che lo stia facendo o che almeno stia preparando il terreno? E poi: emancipare le masse da cosa? Qual è il mancipium dal quale dovrebbe/potrebbe liberarci? C’è da attendersi che possa favorire la democrazia?
A dispetto del fatto che l’avvento di internet sia stato coincidente al progressivo estendersi di quella cui Colin Crouch diede il nome di postdemocrazia, c’è chi ne è convinto, rigettando ogni correlazione d’ordine causale tra i due fenomeni ed anzi suggerendo che il primo sia una reazione al secondo. Può darsi, e tuttavia l’antidoto che internet sarebbe allo svuotamento della forma democratica da ogni sua sostanza, verso derive populistiche, fin qui non ha assunto tratti sostanzialmente analoghi? Dobbiamo credere che la sua azione possa essere efficace per meccanismo di tipo omeopatico? L’emancipazione delle masse è da pensare come vittoria di una demagogia su un’altra? In altri termini: non c’è da sospettare che internet non abbia in sé alcun potenziale liberatorio, ma sia semplicemente un’estensione, una duplicazione, dell’agorà in cui la democrazia – com’è per sua natura – degenera in dispotismo plebiscitario? Se è così, dovremmo rivedere la tesi di Marshall McLuhan per la quale «il medium è il messaggio» o convenire che internet non è niente di nuovo. A me basta questo per chiudere La vista da qui di Massimo Mantellini (minimum fax, 2014) con la netta convinzione che l’ottimismo che parrebbe voler infondere al lettore – ottimismo temperato da un sano realismo, ovviamente, perché l’autore è persona amabilmente posata – sia lo stesso di Hans Magnus Enzenberger. Per star lì, più di quaranta anni dopo, a consigliarci di aver fiducia nell’irresistibile pulsione che la plebe avrebbe a farsi popolo, è da considerare libro più che coraggioso: direi quasi temerario.

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