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La vita carnale di Gabriele D’Annunzio

Creato il 21 marzo 2013 da Dismappa

Posted on mar 21, 2013

La settimana dannunziana per il 150mo anniversario del poeta è iniziata con la presentazione, al Teatro Nuovo di Verona, del libro di Giordano Bruno Guerri La mia vita carnale. Amori e passioni di Gabriele D’Annunzio, con letture di Giulia Cailotto e Paolo Valerio e accompagnamento al pianoforte di Sabrina Reale.

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  • Gianfranco de Bosio, Giordano Bruno Guerri, Sabrina Reale, Giulia Cailotto e Paolo Valerio

Video e testi delle letture:

LA MIA VITA CARNALE. AMORI E PASSIONI DI GABRIELE D’ANNUNZIO

Premessa pag 3

Nessuno mi conosce per quel che sono,
tutti credono che il mio libertinaggio mi sminuisca,
mentre esso mi serve ad avere ancora più  sete della mia arte.

Gabriele d’Annunzio a Aélis Mazoyer, il 24 giugno 1929


AELIS

Pag 7/8

“Come, vi siete messa una blusa bianca?”
Poi, avvicinatosi, mi attirò d’improvviso a sé per baciarmi. Rimasi così confusa che subito gli chiesi se mi avrebbe licenziato.
“Ma no, sarà proprio il contrario.”
Scese a parlare con il suo segretario, ordinandomi:
“Dopo venite ad aiutarmi a vestirmi, devo montare a cavallo.”
Quanto attesero i cavalli, quel pomeriggio! Comunque, non mi concessi a lui, sperando di poterlo evitare anche in séguito. Quando partì a cavallo ero alla finestra della stessa camera in cui avevo appena trascorso momenti dolcissimi. Mi sorrise e mi fece capire che avremmo ricominciato: l’amica era andata a passare due giorni a Parigi, accompagnata dal suo levriere favorito.
La sera, quando tutti furono a letto, mi regalò una bella vestaglia, dei guanti per massaggi, dei profumi. Tentai invano di fargli capire che volevo assolutamente evitare di essere sua. Mi disse:
“Non sapete che io sono un dio, e che tutti debbono ubbidirmi? Non mi obbligate a salire per cercarvi.”
Dopo una toilette forse meno accurata di quella che avrei imparato a farmi in séguito, non essendo abituata a tante raffinatezze, scesi da lui e dovetti cedere a ciò che non mi piace e non mi è mai piaciuto. Mi stupì la bellezza del suo corpo, bianco e delicato come quello di una donna.

Pag 11/12

“Niente affatto. Preferirei una donna nuova.”
“Ecco la sola cosa in cui vi capisco e sono della vostra stessa opinione”, gli ho detto. “Il cambiamento ha qualcosa di meglio: il primo bacio, i primi toccamenti… In questo genere di cose, oso dirvelo molto francamente, se non fossi un cerotto e fossi più giovane cambierei in continuazione.”
Ho visto la sua espressione mutare. Mai si sarebbe aspettato tanta franchezza poiché pretendeva di piacere soltanto lui e che solo le sue carezze valessero qualcosa (forse era la verità). Non parlava mai degli altri maschi, considerandoli noiosi. Mai sarebbe riuscito a concepire l’esistenza di un’altra virilità. Era restato certamente sbalordito di sentirmi parlare in quel modo. Ho visto in effetti il suo viso cambiare espressione; mi ha detto:
“Sì, ma bisogna sapere con chi si ha a che fare. Potreste incappare in un cafone invece che in un Principe fascinoso.”
“È quello che succede a voi”, ho ribattuto. “Non subìte spesso le più amare disillusioni? Eppure sostenete il cambiamento, perché quello che desiderate è la tensione che la cosa nuova vi procura.”
Mi sono resa conto che era restato ancora più male e gli ho augurato la buona notte.

LA SANTA FABBRICA

Pag 59

“Il lago ha qualcosa di pudico. S’avvolge in un velo argentino, e lascia vedere qualcuna delle sua grazie rosee. (…) Le nuvole vi si specchiano. A Desenzano l’acqua è zaffiro schietto. La penisola di Sirmione è come una calza di seta bruna ove una donna passa un braccio per rovesciarla mettendo la mano fino al pedule; e la pelle rosea traspare attraverso il tessuto fine. (…) Il lago è d’una bellezza improvvisa, indicibile.”

IL RIFIUTO DI TAMARA

Pag 130

Appena tornata in albergo, mi sono dovuta sdraiare sul letto, perché  le forze mi abbandonavano – ma che cosa speravo? Un colpo di telefono? Lei, forse? (…) Non lo sapevo neppure io. Ma il mio solo desiderio era di rivederla.
Il giorno dopo le ho telefonato. La risposta fu breve e secca! Non ce la facevo più, tra le quattro mura di quella misera stanza d’albergo, la febbre e l’angoscia mi consumavano: soffocavo!
L’aria, mi mancava l’aria. Mi alzai e presi a correre come una pazza davanti a me, senza meta. La mia corsa durava da non so quanto tempo, quando finalmente ritrovai tutto il mio sangue freddo e mi accorsi che ero sulla strada di Gardone. Era già buio. Fu allora che incontrai la sua automobile guidata da Franco. Come fui contenta! Ero così felice, così felice! Che caro, che buono, quel dottor Duse che mi portava sue notizie! E non mi importava che fossero buone o cattive: avevo tra le mani la sua busta con la calligrafia “imperiale”.
E io, che non sono mai stata sua – il mio peccato di tradimento non è mai stato così grande!
(…)
Una mattina lei mi ha detto: “Ho passato una notte di tristezza. Grazie”. Oggi tocca a me dirle: “Ho conosciuto ore di sofferenza. Grazie”.


Pag 217/218

La cultura italiana è abituata a chiudersi – nostalgica e moralista, elitaria e conformista – nel rimpianto del passato e nella nostalgia del defunto. D’Annunzio ci ha fornito un lascito in controtendenza: la bellezza e la necessità della sfida, della competizione con il tempo, con il presente e con il futuro. L’agonismo del suo temperamento, la curiosità di interpretare (non rifiutare aprioristicamente) le nuove religioni secolarizzate della società, lo hanno spinto a cimentarsi con le trasformazioni: spesso ispirandole, suggerendole, anticipandole, grazie a quella particolare simbiosi con l’anima collettiva del popolo che è un altro segno della sua eccezionalità.
Piuttosto che aspirare alla purezza, all’integrità, al sogno tipico di una certa tradizione umanistica di attraversare il tempo e il mondo senza esserne contagiati o modificati, Gabriele ha voluto contaminare la propria esistenza, quella pubblica e quella privata, fondendo in una mistura originale letteratura e realtà. Che lo abbia fatto con gioia di vivere, conoscere e sperimentare, eludendo la consueta tentazione romantica dell’infelicità, è un altro motivo che ce lo fa sentire vicino,  contemporaneo.
A tutto ciò va aggiunta un’altra considerazione. La modernità  ha imposto il criterio quotidiano dell’utile, ma proprio Gabriele sa rivelarci una diversa supremazia dei valori umani, un superamento dell’artificio, uno spingersi oltre la semplice scala dei miti di consumo. Il Regno della Bellezza rappresenta anche un rifugio dove cercare scampo da un’epoca dominata dalle leggi economiche: vinte, anche quelle, da Gabriele d’Annunzio.

 


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