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La vita dei 33 minatori a - 700 metri

Creato il 24 agosto 2010 da Sabins
La parola eroe a volte si usa con molta facilità, così è meglio lasciarla riposare, ma è indubbio che i 33 minatori cileni imprigionati da 19 giorni nella miniera San José della regione di Atacama, nel Cile settentrionale, sono tra le persone più ammirevoli dell'anno. Ieri sono stati raggiunti telefonicamente e hanno potuto parlare con i loro soccorritori e cosa ti hanno fatto? Si sono messi a cantare insieme l'inno del Cile, che deve essere una vera e propria mania, dato che nelle occasioni più emotive e più importanti di questi drammatici giorni di attesa anche i familiari, in superficie, cantavano tutti insieme l'inno patrio. E già questo senso patriottico, per chi è nato in un Paese che ne ha uno piuttosto peculiare, colpisce molto.
Ma non solo. I minatori hanno fatto sapere come sono riusciti a sopravvivere alla mancanza di cibo, all'ossigeno scarso, alla paura, senza perdere mai la nozione del tempo e senza perdere la fiducia e il realismo, sapevano che li avrebbero trovati, sanno che ci vorranno mesi per tirarli fuori, senza che nessuno gliene abbia ancora accennato. Sin dal crollo che li ha isolati si sono immediatamente organizzati, con turni di lavoro e turni per la leadership. Hanno razionato il cibo, in modo che durasse il più possibile: ogni 48 ore hanno mangiato un cucchiaio di tonno sott'olio, mezzo bicchiere di latte e mezzo biscotto. Hanno usato le due macchine che avevano con sé per produrre la luce tutte le volte che era necessario e, data la scarsità di ossigeno del rifugio, si sono spostati nel corridoio adiacente, in modo da sopportare meglio l'umidità e il calore. In questo modo si sono tenuti attivi e lucidi, si sono sostenuti e si sono fatti trovare dai soccorritori in buone condizioni di salute, con uno stato d'animo ottimo e addirittura con un'allegria che ha sorpreso chi ha parlato con loro.
Hanno anche cercato di uscire da soli dalla miniera, nelle prime ore di prigionia. E avrebbero potuto pure farcela, se  gestori avessero rispettato le norme che avevano permesso loro la riapertura del giacimento dopo una chiusura dovuta alla mancanza di sicurezza: nel canale dell'aerazione da cui gli stessi soccorritori hanno cercato di scendere per raggiungerli, prima del crollo che lo ha chiuso, doveva esserci una scala. Se ci fosse stata i minatori sarebbero usciti da soli poche ore dopo il primo smottamento, perché avevano raggiunto da soli il livello 235, oltre il quale, in assenza di scala, non sono potuti salire.
Lo hanno rivelato nel primo colloquio telefonico con la superficie e le loro parole hanno indignato il Paese. Anche perché si accompagnano alle dichiarazioni di uno dei gestori, Alejandro Bohn, che assicura di avere la coscienza tranquilla perché la miniera rispettava tutti i parametri di sicurezza richiesti: "La compagnia è tranquilla, nel senso che non ha mai avuto precedenti di una catastrofe di questo tipo i suoi lavoratori erano allenati e avevano i dispositivi di sicurezza perché, con un evento di queste caratteristiche, potessero avere la protezione necessaria". Il Ministro delle Miniere Laurence Golborne, probabilmente l'uomo più popolare del Cile in questo momento, dato l'impegno e la continua presenza all'entrata del giacimento da quando sono iniziati i lavori di riscatto, è stato il primo a reagire, considerando "incredibili" queste dichiarazioni; nel 2008, ha ricordato, l'impianto fu riaperto solo con la promessa che "sarebbe stato realizzato un progetto di ventilazione e sarebbe stata costruita un'uscita d'emergenza" e nessuna delle due cose è stata fatta. La compagnia, inoltre, non ha mai assicurato i minatori, così come impongono le norme, e i suoi gestori rischiano l'impopolarità assoluta da quando hanno dichiarato che molto probabilmente non pagheranno i minatori, che in questi giorni non hanno lavorato, perché non ha i soldi per farlo e perché rischia il fallimento; al pagamento dei minatori ci deve pensare il Governo. L'indignazione dei familiari e dei cileni si può facilmente immaginare. Ieri è arrivato all'accampamento Esperanza, in cui si trovano i familiari, il milionario Leonardo Faksas, proprietario della miniera Santa Fe e molto popolare in Cile anche per il tentativo di partecipare alle scorse elezioni presidenziali; ha consegnato alle famiglie dei minatori un assegno da 5 milioni di pesos, circa 8mila euro, e ha annunciato il via a una campagna di raccolta fondi per i minatori: l'obiettivo è raccogliere almeno un milione di dollari per ognuno di loro, ha detto.
Intanto i lavori di riscatto sono iniziati a pieno ritmo. Le sonde continuano ad arrivare al livello in cui si trovano i minatori, per cui ognuna di loro verrà usata con uno scopo diverso: la prima serve già per rifornirli di cibo e, visto che godono tutti di buona salute e sono lucidissimi, i tempi di idratazione, prima di passare alla somministrazione di cibo vero e proprio, sono stati decisamente rivisti; pare che verranno nutriti con gel vitaminici, come se fossero sulla Stazione Spaziale, e chissà che non arrivino proteste, visto che i 33 hanno le idee molto chiare e quando hanno chiesto loro in un questionario di cosa avessero urgentemente bisogno, hanno chiesto non solo colliri per la polvere negli occhi e oggetti per l'igiene personale, ma anche una birra. Il canale della seconda sonda servirà per le comunicazioni telefoniche, in modo da avere un contatto continuo e diretto e il terzo, appena terminato, sarà usato per migliorare l'aerazione della miniera, una delle principali richieste dei minatori. La sonda della Codelco, che dovrà realizzare il pozzo da cui potranno uscire i minatori è già arrivata e si sta iniziando a montarla: pesa 30 tonnellate e impiegherà dai 100 ai 120 giorni per raggiungere i 33. "Non saranno con noi a festeggiare il Bicentenario, ma sì potranno celebrare a casa Natale o l'Anno Nuovo" ha commentato il presidente Sebastián Piñera. Rispetto a solo un paio di giorni fa, è una grande notizia.

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