84 – La stella indica ai Magi
la Grotta del Presepio
Era il crepuscolo di domenica quando la carovana si arrestò dinanzi allo stesso palazzo dove Maria e Giuseppe si erano fatti registrare.
Vidi tra le altre case, una più grande di tutte, con un cortile chiuso e circondata da un prato e alcuni alberi, al centro del quale vi era un pozzo. Sulla piazza si trovavano alcuni soldati romani posti a guardia del palazzo dov’era l’ufficio delle imposte.
Al giungere della carovana molti curiosi le si affollarono intorno. Frattanto la stella era sparita ed i Santi Re incominciarono ad inquietarsi. Altre persone, uscite dalle loro case, si erano fatte loro incontro festose, agitando dei rami ed offrendo ai Magi pani e bevande; poi cominciarono ad interrogarli, come era l’usanza del tempo alla vista di nobili viaggiatori. Frattanto gli animali si dissetavano alla fontana sotto gli alberi. Pensai che la causa di quel benvenuto era dovuto ai pezzetti d’oro che i Re distribuivano alla folla, mentre a Maria e Giuseppe,
che non avevano potuto distribuirenulla o ben poco, era stata chiusa la porta in faccia.
Dopo l’incontro con Erode, i Magi istintivamente non amavano più attirare la pubblica attenzione e chiesero solo dove porre il campo; venne consigliata loro la valle dei pastori.
alla presenza della Beata Vergine
Commossi dalla gioia, essi si scoprirono il capo attestando l’alta venerazione in cui erano stati compresi; poi, salendo la collina, rinvennero finalmente l’ingresso della grotta. Mensor ne aprì la porta e fu inondato da una luce fulgente; in fondo alla caverna c’era la Vergine seduta col Bambino, proprio nel modo in cui l’aveva vista nelle sue contemplazioni.
Emozionato nel più profondo del cuore, corse dai compagni annunciando loro il portento. Giuseppe ed un vecchio pastore uscirono ad incontrarli; i Santi Re gli dissero che erano venuti con i doni ad adorare il Pargoletto Celeste, Re dei Giudei, condotti da una stella. Giuseppe accolse i Magi con molta cordialità. Essi, però, vollero ritornare subito al campo ad abbigliarsi per l’occasione di ampi mantelli di candido colore, ornati di ricami d’un bel giallo risplendente come la seta grezza. I mantelli erano leggerissimi ed il loro strascico toccava il suolo; i Santi Re li indossavano solo in occasione delle grandi solennità religiose. Portavano alla cintura borse appese con catenelle d’oro; sottobraccio tenevano cofanetti preziosi coperti da manti. Ciascun sovrano aveva un seguito di quattro parenti. Alcuni servi di Mensor portavano un tavolino rotondo, un tappeto con frange ed alcuni preziosi oggetti. Giuseppe li guidò fino all’ingresso, qui ricoprirono la tavoletta col ricco tappeto, la colmarono di astucci, di vasi e di altri oggetti che ciascuno si levava dalla cintola; erano i doni che i Magi offrivano in comunione. Quando tutti si tolsero i sandali, Giuseppe aprì la porta della grotta: allora due servi di Mensor stesero al suolo un tappeto ed egli entrò, seguito da altri due paggetti con i doni. Giunto al cospetto della Santa Vergine, il Re s’inginocchiò e, ricevendo dalle mani dei servi i doni, li pose umilmente su un piccolo sgabello ai piedi di Maria. Poi i servi si ritirarono. I quattro accompagnatori di Mensor, umilmente inginocchiati, stavano presso quest’ultimo, mentre gli altri due Re col loro seguito si erano fermati all’ingresso sotto la tettoia. I Magi furono presi da grande emozione, invasi dal timore e dalla profonda venerazione. Li vidi abbacinati dal vivo e celeste chiarore della caverna, eppure altra luce non v’era che quella della lanterna. Difronte all’ingresso, nel luogo stesso dov’era nato, si trovava un cestello sull’alto piedistallo, su questo giaceva la “Luce del mondo” avvolto in un panno.Quando i Re entrarono timorosi, la Santa Vergine si velò e prese in grembo il bambino Gesù. Mensor, in ginocchio e a capo scoperto, offrì i doni e pronunciò sommesse parole di omaggio. Intanto Maria Santissima, togliendo al Pargoletto la fascia color bianco e rosso che avvolgeva la parte superiore del corpicino, lasciava scorgere l’amabile figura mentre con una mano gli teneva sollevata la testolina e con l’altra gli circondava il corpo.
Il Bambino, quasi in atteggiamento di adorazione, teneva le mani incrociate sul petto. Era spendente di graziosa bellezza. Contemplando i tre Magi mi sentii profondamente commuovere dall’innocenza dei loro cuori. Quanto sono beate e sincere nella preghiera queste pie persone che, partite da levante, sono andate ad adorare Gesù. Mi sembrano veramente dei fanciulli! Io mi sento di essere uno spirito vacante, sospesa nell’aria, altrimenti non li vedrei così; eppure in questo momento esisto sulla terra! Mentre ero assorta in questa contemplazione una voce mi disse: “Che t’importa di ciò che sei? Alzati e loda il Signore che è eterno e tutto comprende”. Allora vidi Mensor estrarre da una borsa che gli pendeva dalla cintola un pugno di bastoncini d’oro scintillanti, lunghi circa un dito. Egli li depose vicino al Fanciullo divino. Maria accettò con semplice affabilità l’oro. Mensor offriva questi bastoncini d’oro puro animato da divino amore e da pie intenzioni, compresi che aveva sempre cercato di raggiungere la verità di tutte le cose. Mensor e le quattro persone che l’accompagnavano si ritirarono, lasciando che avanzasse Sair con i suoi seguaci. Questi pure si inginocchiò e con umili accenti offrì il suo dono, consistente in un’aurea navicella ripiena di piccoli grani verdognoli di resina, che depose sulla tavoletta dinanzi al Bambino. Offriva l’incenso delicato perché, volonteroso e pio, sapeva adattarsi e seguire la Volontà Divina. Prima di ritirarsi rimase genuflesso lungo tempo, assorto in profonda commozione. Avanzò dunque Theodeko, alto e corpulento, non potendo inginocchiarsi si inchinò, presentando sulla tavola un vaso d’oro contenente un’erba fine e di color verde che sembrava portasse ancora le radici. Era questo un alberello dalle foglie increspate e lucide, i cui verdi rami erano diritti e portavano dei bei fiorellini bianchi. Theodeko offriva la mirra quale simbolo della mortificazione e del trionfo sulle passioni, infatti quell’uomo pio aveva combattuto e vinto molte tentazioni mosse dal culto degli idoli, dell’irascibilità e della poligamia.Egli e tutto il suo seguito, stettero per molto tempo genuflessi in grande commozione innanzi a Gesù. Io intanto sentivo compassione per tutti i servi che erano rimasti fuori dalla grotta in attesa di poter adorare per ultimi il bambino Gesù e la Madonna. Immensa fu l’ingenuità e la semplicità delle parole dei Santi Re e dei loro seguaci. Ecco approssimativamente il senso delle loro parole, mentre genuflessi presentavano i doni: “Noi abbiamo veduto la sua stella ed abbiamo saputo che Egli è il Re dei re, perciò veniamo ad adorarlo ed a porgergli l’offerta dei nostri doni”. Poi cantarono inni di lode ed iniziarono a pregare con l’umiltà più profonda; vidi lacrime di gioia scorrere sulle loro guance, riempiendoli di grazia. La Madre Divina aveva accettato umilmente i doni che le erano stati fatti, e sebbene non parlasse, pure il segreto movimento del velo tradiva la commozione da cui era agitata.Il nudo corpicino di Gesù si mostrava raggiante dal velo entro cui era avvolto. Dopo che i Santi Re ebbero presentato i propri omaggi la Madonna, pronunciando alcune umili parole di ringraziamento a ciascuno di essi, ritirò alquanto il velo dalla sua persona. Allora io mi sentii istruita sull’accettazione dei doni del cuore e sull’amore sincero. Ebbi innanzi tutto conoscenza della vera dimensione della bontà di Giuseppe e di Maria; Essi non riterranno quei doni tutti per loro ma li divideranno con i poveri ed i pastori. Prima di ritirarsi, i Re incensarono, con pieno sentimento devozionale, Gesù, Giuseppe, la Madonna e la grotta. Poi con i mantelli leggeri avvolti attorno al loro corpo, vidi i Magi abbandonare la grotta insieme ai nobili del seguito per far ritorno al loro alloggio. Entrarono quindi nella grotta i servi, che nel frattempo avevano alzato le tende, sistemato gli animali e preparato il campo, infine avevano atteso umilmente fuori della grotta. Erano circa in trenta e conducevano con loro una schiera di fanciulli, i quali avevano la testa coperta e indossavano solo un semplice mantelletto. Li vidi entrare nella grotta cinque per volta, erano introdotti da un capogruppo. Appena varcavano l’ingresso si genuflettevano innanzi al Bambino e L’adoravano silenziosi. Alla fine entrarono tutti i fanciulli e, inginocchiatisi, innalzarono con fervore innocente e gioioso la loro preghiera al Bambino celeste. I servi non si fermarono a lungo dinanzi al Presepio a causa delle gravose incombenze che li attendevano. Vidi Maria Santissima e Giuseppe commossi fino alle lacrime per questa solenne adorazione tributata al Figliolo Divino. I servi e la Santa Famiglia avevano unito le loro preghiere a quelle dei Magi e fino alle vallate dei dintorni risuonava l’armonico abbraccio della grazia. Con l’omaggio dei tre Santi Re venuti da lontano, quei genitori avevano visto il compimento della grande attesa.
Quando tutti lasciarono la grotta, le stelle riempivano il firmamento celeste della scena notturna. Il seguito dei Magi si era radunato intorno ai fuochi che circondavano l’albero di terebinto presso la grotta di Maraha. Udii allora dal campo dei Santi Re levarsi i canti solenni del rito religioso dedicato alle stelle.
86 – Giuseppe alloggia i tre Re
Mai potrei descrivere quanto fosse commovente udire quel canto nel silenzio della valle. Gli antenati dei Magi avevano pregato ed elevato i loro inni alle stelle per molti secoli finché questa sera ogni attesa era stata ripagata, e gli animi erano stati inondati di gioia e di riconoscenza. Intanto Giuseppe, aiutato da due anziani pastori, aveva
preparato nelle tende dei Magi un pasto frugale. Sopra una bassa tavola disposero dei piatti con pani, frutta, favi di miele ed erbe, oltre a vari fiaschetti di balsamo. Questi cibi erano stati preparati da Giuseppe quando Maria gli aveva annunciato l’arrivo dei Re. Finito il canto notturno, tutti tornarono alle loro tende per desinare, e Giuseppe consumò il pasto frugale assieme ai Magi.
All’inizio si dimostrò timido di fronte ai Re, ma poi entrò sempre più in comunione con costoro. Nell’avere queste visioni mi ricordai di mio padre, un povero contadino, che in occasione della mia vestizione nel chiostro si trovò assiso a tavola in mezzo a molte distinte persone. All’inizio del banchetto l’umiltà e l’ingenuità lo resero timido, in seguito però divenne giulivo e fu il protagonista della festa.
Giuseppe si ritirò nella grotta subito dopo il banchetto, mentre alcuni dei ricchi della carovana si recarono in un albergo di Betlemme; altri invece si stesero sui giacigli che erano stati disposti intorno alla tenda maggiore e si riposarono. Quando Giuseppe fu di ritorno alla grotta, collocò i doni ricevuti dai Magi dietro ad una parete mobile. Né Giuseppe, né l’ancella e tantomeno Maria avevano contemplato i doni con compiacenza mondana; li distribuirono ai poveri. Quando la carovana era giunta a Betlemme, vidi che intorno vi era nato un trambusto e una certa agitazione. Un gruppo di persone aveva seguito la carovana e veduto dove questa si dirigeva. Giunti fino alla valle dei pastori, i curiosi erano ritornati a Betlemme. Alcuni Giudei però erano rimasti nascosti nella campagna e avevano spiato quegli incontri gioiosi, poi erano tornati in città a riferire calunnie su ipotetici riti magici. Piansi amaramente quando ebbi quelle visioni; mi addolora sempre constatare che quando Dio si avvicina a qualche anima, molti vengono spinti dall’invidia e inventano ogni specie di falsità.Che compassione ho per questi ciechi che respingono la grazia e la salvezza! I Magi, invece, hanno sopportato un così lungo cammino per trovare la salvezza.
(continua)
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