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“La vita è un miracolo”

Creato il 10 luglio 2010 da Cinemaleo

2004: Zivot je cudo di Emir Kusturika

“La vita è un miracolo”
 
“La vita è un miracolo”

Un film, ha scritto Gian Luigi Rondi “con molti eccessi… ma geniali”.

L’intreccio vero e proprio (il protagonista, un ingegnere di Belgrado, si innamora di una prigioniera musulmana che gli era stata affidata) arriva dopo un’ora abbondante di caos totale, di sarabanda vorticosa, di caleidoscopico affresco che è tutto uno scoppiettio di musiche travolgenti, colori sgargianti, immagini ipertrofiche e frenetiche, ritmo indiavolato e sovreccitato…: è il tipico mondo del regista serbo-bosniaco -autore di autentici capolavori come Ti ricordi di Dolly Bell? (1981) • Papà è in viaggio d’affari (1985) • Il tempo dei gitani (1988) • Underground (1995) • Gatto nero, gatto bianco (1998)-, ritornato sullo schermo dopo sette anni di assenza. Alberto Crespi, a chi rimprovera Emir Kusturika di ripetersi continuamente, giustamente risponde: “Kusturika è un poeta che, come John Ford, fa sempre lo stesso film e ha trovato nelle colline jugoslave la sua Monument Valley. Perché dovremmo chiedergli di cambiare? Chiedereste al cielo di cambiare colore?”.

La vita è un miracolo (titolo che rende omaggio a Frank Capra) è il suo ottavo lungometraggio e anche qui, come in tutte le sue opere, ritroviamo le peculiarità che lo hanno reso famoso (realismo magico, epopea popolare, favola utopica, poema barocco, folclore rurale…) ma con una doppia novità:è la prima volta -ha sottolineato Kusturika- che racconto la guerra nella ex Jugoslavia ed è anche la prima volta che giro una love story”.

Teso ad evidenziare come sia idiota massacrarsi a vicenda e come l’amore non conosca frontiere geopolitiche, il film (a cui è da rimproverare forse solo una eccessiva lunghezza) è vitale e stravagante, surreale ed ironico, pirotecnico e pittoresco, beffardo e simbolico, bizzarro e rocambolesco, intimista e corale al contempo, smagliante nella sua bellezza visiva e sonora (giustamente il Morandini lo ha giudicatorealistico e onirico, farsesco e drammatico, lirico e grottesco”). Un film (dove asini cavalli pecore cani gatti pulcini anatre piccioni orsi… sono importanti come i magistrali attori) che sicuramente non delude i tanti estimatori di un Maestro che, lui cristiano-ortodosso con genitori di origine musulmana, opportunamente ci invita alla tolleranza e alla fratellanza, a riconoscere le differenze senza però sentirsi diversi: “Vicino a Belgrado -dichiara il regista- vi è una foresta dove convivono tre specie di piante pur incompatibili tra loro… e perché non dovrebbero convivere tre etnie?”.

Particolarmente appropriato il commento di Davide Turrini: “due ore e mezza di beato transfer in una favola dove piovono bombe in continuazione, dove il sangue scorre a fiumi e le pallottole colpiscono a tradimento, ma anche dove un cocciutissimo asinello può farci tornare a credere che l’amore ci farà superare e gettare nel dimenticatoio ogni tipo e genere di guerra”. 

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