Quando ho sentito nominare per la prima volta Haruki Murakami è stato per il libro Norwegian Wood di cui parecchie persone mi avevano raccontato.
Appena ne ho sentito parlare subito mi sono chiesto che cosa poteva scrivere uno scrittore giapponese a proposito dei boschi norvegesi.
Norwegian wood. Tokyo blues in realtà ha ben poco a che fare con la Norvegia, ma sull’omonima canzone dei Beatles ha tanto da dire.
Al tempo in cui “Norwegian Wood” è uscito in Giappone (nel 1987) Murakami divenne così popolare che scelse di lasciare il proprio paese per alcuni anni e vivere in Europa e in America.
Pubblicato nel 1993 da Feltrinelli con il titolo di “Tokyo Blues”, è sicuramente una storia d’amore, ma non è una storia d’amore, tra virgolette, normale.
Toru Watanabe, un uomo di trentasette anni, è in aereo e ascolta la canzone dei Beatles. La musica lo trasporta indietro nel tempo, quand’era studente universitario nella Tokyo tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70.
Innocente e introverso, Toru entra nell’età adulta vivendo appieno la generazione della musica rock e dell’amore libero in Giappone.
Si innamora per la prima volta di Naoko, la fidanzata di Kizuki, il suo unico amico, morto suicida pochi mesi prima.
Toru e Naoko iniziano un rapporto tormentato. Naoko è bella, ma instabile mentalmente e per questo viene ricoverata in un istituto psichiatrico.
Nel frattempo, Toru inizia un rapporto passionale con l’impetuosa Midori, compagna di corso all’università, cercando comunque di trovare più equilibrio possibile nel mondo reale. Cercando magari di pensare che la vita è una scatola di biscotti.
“Hai presente quelle scatole di latta con i biscotti assortiti? Ci sono sempre quelli che ti piacciono e quelli che no. Quando cominci a prendere subito tutti quelli buoni, poi rimangono solo quelli che non ti piacciono. È quello che penso sempre io nei momenti di crisi. Meglio che mi tolgo questi cattivi di mezzo, poi tutto andrà bene. Perciò la vita è una scatola di biscotti.”
Nonostante la trama realistica del romanzo (ci notano anche certe influenze di Salinger, Fitzgerald e Tom Robbins), gli elementi dello stile fantastico dell’autore sono evidenti. Secondo Murakami “scrivere una storia è come far uscire i propri sogni mentre si è svegli”, è manipolare consapevolmente l’inconscio e creare il proprio di sogno.
Ho trovato “Norwegian Wood” un romanzo davvero emotivamente coinvolgente, una storia sottile, affascinante, profonda.
Magazine Cultura
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