Letta: “Rafforzate le grande intese.”
Epifani: “E’ la rivincita delle politiche.”
Non va bene. E questa volta è gravissimo. Esiste una ritualità delle vittorie, dei pareggi e delle sconfitte. Esiste una ritualità nelle democrazie italiane che è quella di “consacrare” i risultati con parole di circostanza, con frasi formali buone per ogni stagione e per ogni risultato. Tutti vincono sempre. Nessuno perde mai.
Non funziona più e non è più credibile un certo “timbro politico di comunicazione” in un mondo in cui la comunicazione non è più mono-indirizzata. Così certe dichiarazioni sembrano ridicole.
Davanti al crollo dei votanti il PD, o meglio il centro sinistra, non ha vinto.
Semplicemente gli altri, tutti gli altri, hanno perso. L’astensione a Roma racconta due storie: la storia di chi ha visto Alemanno distruggere una città ma non avrebbe mai votato a sinistra (e alle politiche vota a destra) e che non è andato a votare. E la storia di chi non fa differenza alcuna tra destra e sinistra e quindi ha trovato inutile scegliere tra Marino ed Alemanno. Non è la vittoria del centro -sinistra (che notoriamente alle amministrative è più forte e credibile) a rafforzare le larghe intese, ma è il numero degli astenuti che dice: se governate insieme, siete tutti uguali e quindi a che serve scegliere tra di voi?
E guardate che la squadra che governerà Roma a partire dai tantissimi presidenti di municipio giovanissimi è una squadra che senza le primarie il PD non avrebbe mai messo in campo e che certamente ha fatto la differenza e ha trascinato quel pezzo ancora appassionato che si è sentito partecipe e non ha mollato fino a questo ballottaggio. Non è indifferente che il PD sia più forte ed efficiente sui territori (sono d’accordo con Cacciari) nella dinamica di questa vittoria. Ed è vero come dice Becchi che il radicamento nel territorio del PDL è al nord la Lega (in grande crisi) e al sud l’UDC e AN che non sono più parte integrante della coalizione di centro destra.
Insomma per una volta, per una sola volta non potremmo dire: grazie agli italiani che fino all’ultimo ci hanno dato fiducia e scusate a tutti gli italiani che non si sono fidati di noi e, adesso, dateci il tempo per farvi tornare, umilmente, la fiducia?
Insomma per una volta si potrebbe percepire una vicinanza reale tra le dichiarazioni pubbliche e la realtà dei numeri e della vita della gente? Ma davvero pensiamo che se diciamo “abbiamo vinto” questo abbia qualche effetto diverso da fare incazzare anche una % di chi ci ha votato, ma ha votato Ignazio Marino o gli altri sindaci perché erano loro contro gli altri candidati e non perché avevano un’etichetta? Per una volta non potremmo restare con le orecchie a terra ad ascoltare il galoppo della fuga dalla partecipazione e provare a recuperare quella fuga senza superbia?
Non ha vinto nessuno se non fosse che un vincitore ci doveva essere perché la democrazia funziona così. Ai sindaci il compito di governare delle città in crisi finanziaria e alle prese con il Patto di Stabilità. Al PD quello di non illudersi. Non si costruisce sulle macerie, si costruisce su un terreno sgombro e su uno scavo di fondamento equilibrato con il palazzo che si vuole tirare su. E si ricomincia creando le condizioni per un congresso aperto e vero (come sono le primarie dei sindaci, tanto per dirla tutta). E se me lo chiedete continuo a desiderare una forma partito leggera e permeabile dove il segretario è candidato premier e riesca a dare voce alle parti sane del Paese che siano dentro o fuori dal partito, senza supremazie antropologiche dell’una o dell’altra parte.
p.s. certo che sono contenta, anzi felice, che Roma sia libera. E lo sono anche per Treviso dove ho vissuto due anni. Sono felice per questa meravigliosa occasione, ma non posso non guardare questa ciambella democratica dove il buco è sempre più grande.